“Diventa importante individuare le priorità su cui far convergere progettualità e risorse salvaguardando l’identità economica e sociale del nostro territorio, cercando al contempo di individuare gli assi portanti del cambiamento. È un messaggio forte quello che esce dall’incontro che Confesercenti Modena ha organizzato in collaborazione con la facoltà di Economia Marco Biagi dell’Università di Modena e Reggio Emilia, in cui mondo imprenditoriale e Universitario si sono trovati insieme. Di fronte ad un pubblico di imprenditori attento si è cercato di analizzare le ripercussioni di una crisi economica iniziata circa due anni fa che, nonostante i timidi segnali di risalita continua a suscitare molte preoccupazioni. Soprattutto si è cercato di riflettere su quali potrebbero essere le basi da cui ripartire in ambito locale; e tra le proposte, quella di una struttura a metà tra il politecnico e una business school capace di mettere in rete i saperi, “Rappresenterebbe una sicura spinta verso l’innovazione”.

“Nell’ultimo anno a guidare la ripresa sono stati l’accumulo di scorte e lo stimolo fiscale – ha posto subito in rilievo Maria Cecilia Guerra di Scienza delle Finanze alla Facoltà di Economia ‘Marco Biagi’ – Aspetti che lentamente si stanno esaurendo. La ripresa si sta rivelando nel complesso fragile con una forbice nettamente divaricata tra le economie avanzate su cui influisce la disoccupazione e quelle emergenti. Incide sull’Unione Europea la svalutazione del dollaro che rafforza l’euro incrementando le difficoltà in molti paesi europei. In Italia, la ripresa è inferiore rispetto alla media Ue: la produzione industriale è bassa mentre solo nel 2013 l’economia italiana dovrebbe tornare ai livelli del 2005. Ad incidere pesantemente, l’elevato debito pubblico, l’ampia capacità produttiva inutilizzata in edilizia, l’indebitamento delle imprese ristrutturatesi prima della crisi, la rivalutazione dell’euro con effetti negativi su esportazioni e investimenti e una politica fiscale restrittiva. Tengono i consumi per ora solo grazie alla situazione finanziaria delle famiglie: ma la spesa sarà condizionata fortemente della debolezza del mercato del lavoro. Il tasso di disoccupazione nel secondo trimestre del 2010 è aumentato: all’8,5%, odierno se aggiungiamo la CIG si va oltre l’11%; numeri che triplicano guardando ai giovani di età compresa tra i 15 e i 24 anni. Sarà quindi opportuno puntare su prospettive di medio e lungo periodo: dalla Green economy, all’innovazione, dai nuovi inserimenti nel mercato del lavoro alla ridistribuzione dei costi della crisi; occorrerà guardare ai mercati emergenti e investire sui servizi alla persona; puntare su infrastrutture funzionali allo sviluppo, sull’attrattività dei territori su una pubblica amministrazione più efficiente e sulla formazione”.

Ed è proprio dalla formazione che Giovanni Solinas docente di Economia Politica, presso la Facoltà di Economia Marco Biagi, muove con riferimento a Modena: “L’università deve assumere un ruolo molto più connotato rispetto a quello attuale; con le imprese dovrebbe porsi come punto di riferimento per lo sviluppo locale rivolto ad una crescita ecocompatibile e all’individuazione e ad un innesco di nuove traiettorie tecnologiche. Oggi infatti ci sono tutte le precondizioni perché possa essere finalmente creato in una dimensione regionale, un Politecnico che possa competere con quello di Milano. Una struttura capace di mettere in rete i saperi e connettere strettamente il mondo della ricerca a quello dell’impresa compreso il terziario; meglio ancora un qualcosa che sta in mezzo tra una buona Business school e un politecnico. Le resistenze da superare potrebbero essere enormi, ma semplificare la struttura dell’offerta formativa alta e pensarla non su scala strettamente locale ma regionale, consentirebbe da subito di liberare almeno una parte delle risorse necessarie”. Per Solinas inoltre è importante anche arrestare la deriva dell’istruzione tecnica e professionale: “Vengono sempre più a meno le professionalità specializzate intermedie e investire in questo tipo di formazione assume una valenza strategica. Priorità delle amministrazioni locali dovrebbe essere quella di invertire questa tendenza, perché le professionalità intermedie costituiscono la metà dei posti di lavoro che un’economia come quella modenese, è in grado di generare”. “Un settore che può invece sviluppare la domanda interna – ha poi aggiunto Solinas – è quello dei lavori localmente fissi, tra cui appunto il piccolo commercio. Città non dissimili da Modena hanno già fatto questa scelta con effetti positivi e forse i benefici di un’inversione di tendenza di questo genere rispetto al recente passato sono superiori ai costi. Aggiungo inoltre che il rilancio della domanda interna passa anche attraverso settori come i servizi alla persona: forse è uno degli aspetti più importanti del ridisegno del welfare; di sicuro si tratta di lavori fissi non delocalizzabili che possono avere livelli di qualificazione anche molto differenziati”.

Massimo Baldini, professore Associato in Scienza delle Finanze alla Facoltà di Economia Marco Biagi, ha poi concentrato l’attenzione sulla dinamica distributiva dei redditi in provincia di Modena prima e durante la crisi economica. “Si nota purtroppo un aumento degli indicatori di diseguaglianza e povertà, che risale già al periodo pre-crisi, mentre l’altra principale tendenza di lungo termine riguarda la scarsa crescita del reddito disponibile, comune all’intero territorio nazionale. Questi problemi non dipendono solo dalla recessione degli ultimi 2-3 anni, perché erano già in atto. La crisi ha solo accentuato tendenze di lungo termine di bassa dinamica economica e crescita della polarizzazione nella distribuzione del reddito, rendendole più evidenti. La provincia di Modena resta un’area caratterizzata da tassi di diseguaglianza e povertà inferiori alla media nazionale, ma vi sono motivi per ritenere che la distanza rispetto al resto del paese si stia riducendo. Gli effetti della crisi sembrano essere legati principalmente all’estensione della CIG; il tasso di occupazione è infatti diminuito, almeno finora, calato in misura più ridotta. Ciò nonostante, le variazioni dell’occupazione non sono omogenee fra i diversi gruppi e di conseguenza si osserva un aumento della disuguaglianza. Il tasso di occupazione femminile è sceso in misura inferiore ed è cresciuto in alcune classi di età. Variazione che nasconde l’aumento che il medesimo aveva avuto tra 2000 e 2006. Il tasso di occupazione sembra essere sostenuto dalla crescita dell’occupazione nella fascia di età 55-64 anni, probabilmente dovuto alle riforme pensionistiche. Anche nella provincia di Modena i gruppi sociali più penalizzati dalle recenti dinamiche reddituali sono gli stessi che in Italia sembrano perdere, nell’ultimo decennio, posizioni relative: i giovani e le persone con istruzione medio-alta. La crisi però non ha modificato queste tendenze di fondo”.

“La crisi ha colpito duramente il settore commerciale che adesso si ritrova in un periodo di forti trasformazioni – ha evidenziato Elisa Martinelli ricercatrice presso la Facoltà di Economia Marco Biagi – La domanda è in continua evoluzione, si cerca l’affare di qualità a basso prezzo; c’è una polarizzazione dei consumi – low cost e lusso, mentre la fascia media è in seria difficoltà – si è sempre meno fedeli ad un formato e ad un singolo esercente; il consumatore di oggi è molto informato – i nuovi media interattivi consentono il contatto tra i consumatori come mai prima – e quindi la competenza dell’operatore deve accrescersi proporzionalmente. Credo quindi che i dati strutturali dovranno essere complementati da informazioni più «ricche» e tempestive, capaci di monitorare il polso del mercato in chi lo vive tutti i giorni: operatori e acquirenti consumatori. Emerge pertanto l’esigenza di un approccio più strutturato, di una visione del futuro del commercio e dell’evoluzione della domanda fondata su una conoscenza organizzata e tempestiva. Se formazione e conoscenza della domanda e dell’ambiente di riferimento sono i fattori chiave per permanere con successo sul mercato oggi e soprattutto domani, allora non si possono lasciare i piccoli operatori da soli. È invece necessario che associazioni di categoria e istituzioni economiche, con il sostegno della ricerca universitaria, si coordinino tra loro per attivare meccanismi di monitoraggio a cadenza fissa e continuativa dell’evoluzione quantitativa e qualitativa della domanda di consumi a livello locale; monitoraggio finalizzato a generare conoscenza di mercato per indirizzare le scelte di posizionamento delle piccole e medie imprese commerciali e di servizio modenesi. Le capacità e competenze a livello locale ci possono essere. Bisogna però metterle a sistema e coordinarle”.

“Da questo incontro usciamo con qualche strumento di analisi in più oltre che spunti di riflessione concreti per meglio comprendere quello che sta accadendo. Gli imprenditori che noi rappresentiamo – ha dichiarato Tamara Bertoni, Direttore Generale di Confesercenti Modena – operano ancora oggi nonostante qualche segnale positivo in situazioni di estrema difficoltà e incertezza. La timida risalita che si avverte non si riflette sul rilancio dell’occupazione e incide ancora molto marginalmente sulla dinamica dei consumi. C’è la necessità di ripensare il nostro territorio nelle strategie di sviluppo in cui i principali protagonisti, istituzioni, forze economiche e sociali, sedi della formazione, il mondo della scuola, della ricerca e ovviamente gli imprenditori sappiano individuare una gerarchia di priorità su cui fare convergere progettualità, saperi e risorse. Salvaguardando da un lato la forte identità economica e sociale che caratterizza il nostro territorio, individuando al contempo gli assi portanti del cambiamento: dallo sviluppo delle reti infrastrutturali materiali e immateriali, al ripensamento di un assetto produttivo sempre più orientato ai beni e ai prodotti a valore aggiunto per restare nella competizione globale, all’intero sistema della formazione – formazione professionale-media e universitaria – Infine il nostro territorio deve partecipare al cambiamento anche diversificando la sua vocazione mettendo in campo ogni possibile fattore di sviluppo: l’identità forte supportata da un economia manifatturiera è fondamentale, ma occorre saper individuare nuove opportunità di sviluppo delle nostre risorse, dal terziario ai servizi, alla valorizzazione della vocazione turistica del territorio anche alla luce di importanti realizzazioni in corso. Tutto ciò può rappresentare un ampliamento del ventaglio delle nostre possibilità”, ha concluso il Direttore di Confesercenti Modena.