Una sequenza di azioni contro le donne: violenze familiari, e uomini che non accettano un no come risposta. Sono notizie sulle quali riflettere attentamente, anche in considerazione della nazionalità straniera dei molti protagonisti. Se è vero infatti che la violenza esiste anche nelle famiglie italiane, purtroppo in rapporto alla percentuale di stranieri sulla popolazione totale, questi accadimenti sono più frequenti fra chi non è Italiano. Negarlo vuol dire negare che ci sia un’operazione culturale seria da fare. Tutte le violenze vanno trattate come tali: sono azioni infami tanto più quanto avvengono fra le mura domestiche, dove al contrario dovrebbe esserci fiducia e collaborazione.

Ma la differenza purtroppo è che per alcune culture la violenza sulle donne o sui figli non è tanto grave quanto lo è per la nostra cultura. C’è dunque un elemento in più da affrontare: chi amministra o governa un territorio non può e non deve minimizzare che questo dato esiste, altrimenti rischia di abbassare la guardia verso chi è più a rischio di disagio. E questo accade più spesso tanto più le comunità sono chiuse al loro interno: coinvolgendo anche un problema di integrazione, intesa apertura come verso la comunità ospitante, e le leggi che la regolano.

Non è razzismo, non è xenofobia, e la presa di coscienza che esistono aree di maggior rischio, e che sostenere che le violenze avvengono anche fra gli italiani, riducendo tutto a una patologia diffusa, è sottovalutare un rischio che è maggiore, per sottomettersi ad un sentimento egualitario un po’ peloso.

(Avv. Luca Ghelfi, Consigliere Provinciale – PDL)