Desidererei che il dibattito sugli esercizi commerciali ex Despar collocati al quartiere Orologio e in via Conforti a Rivalta, che hanno cessato l’attività, fosse governato da dati oggettivi e non dalle suggestioni o dalle strumentalizzazioni politiche: né nell’uno né nell’altro caso l’atteggiamento giova a inquadrare la questione e a trovare risposte.
Quanto all’ex Despar dell’Orologio, poi passato alla gestione Sigma, cessata nel luglio scorso, già mesi prima avevo personalmente colto dei segnali di dismissione, frequentandolo talvolta come avventore in quanto residente in zona; si trattava inoltre di una dinamica simile a quella che si stava verificando a Rivalta, in via Conforti.
Ben sapendo che un’attività commerciale ha un valore anche sociale, in quanto non solo dà un servizio essenziale, ma costituisce presidio del territorio, anche sulla spinta delle Circoscrizioni di rispettiva pertinenza, mi sono rivolta alla presidente di Confcommercio per capire se i cambiamenti fossero il prologo di una dismissione; sia per Rivalta che per l’Orologio ho ricevuto come risposta la motivazione economica dell’inadeguatezza del fatturato dell’esercizio per poterne giustificare le spese vive, in particolare quelle derivanti dal personale.
A una mia, seppur cortese, insistenza rispetto alla strategicità di mantenere entrambi i punti vendita, ho ricevuto la risposta che in tempi di crisi economica, dove i margini si riducono anche per i punti vendita più significativi, non si può pensare di ammortizzare le perdite all’interno del sistema. Era una risposta legittima.
Per garantire comunque una agevolazione per quegli anziani, che fossero stati in grado di recarsi in autobus a fare spesa in centro a Rivalta, ma non di trasportare il peso della merce, mi è stato proposto di istituire la consegna a domicilio; cosa che si è verificata.
Quello che accadrà nel futuro in zona Parco Ottavi, quindi, non ha nulla a che fare con la decisione presa circa un anno fa, di chiudere l’Orologio.
E a Rivalta, peraltro legittimamente, la gestione Sigma ha puntato sull’esercizio più centrale, lungo la Statale e chiuso quello a servizio del quartiere di via Conforti: qui non mi pare che ci fosse un “Parco Ottavi” incombente! Così come è scelta imprenditoriale del tutto autonoma, apprezzabile in particolare per gli anziani residenti nel quartiere, quella annunciata da Coop consumatori Nord-Est di aggiornare la struttura commerciale di via Vivaldi, nella zona di Regina Pacis.
Anche nel caso di chiusure, si tratta dunque di legittime, anche se dolorose, scelte commerciali che impattano sui quartieri, in particolare sulla popolazione anziana a ridotta mobilità.
I residenti nelle zone Orologio, Bell’albero, fino a via Clelia Fano, sono 2.895 di cui 595 ultra settantenni (di questi sono 239 gli uomini e 356 le donne), sono dunque circa il 22% del totale.
Naturalmente occorrerebbe sapere quanti di questi abbaino una ridotta mobilità.
Non mi consta però che alcune facilitazioni attivate in passato dal Conad Le querce, abbiamo avuto successo. Ho interpellato il direttore, signor Rondanini, il quale mi ha ricordato che la gestione del supermercato di via Bizet originariamente era Conad e che nel ‘99, a fronte dell’apertura delle Querce, per un anno e mezzo venne organizzato un servizio navetta per i residenti, in particolare anziani, cessato nel 2001 perché totalmente inutilizzato.
Oggi Conad è disponibile a consegnare la spesa a domicilio per un costo che oscilla tra i 3 e i 5 euro a consegna, ma il servizio è assai scarsamente utilizzato. Tuttavia si è reso disponibile a incontrarmi per valutare iniziative a favore della cittadinanza.
Quanto all’istituzione di mercati rionali, che è prospettiva in corso di valutazione, è chiaro che non è la soluzione integrale del problema. Rientra però nei poteri che su questi temi ha un’Amministrazione comunale, la quale non può sostituirsi al mondo dell’impresa né può agire forzosamente, ma solo attraverso una “moral suasion” che è stata abbondantemente percorsa, in particolare attraverso il protagonismo delle Circoscrizioni.
In merito poi alle politiche dell’Amministrazione sulla proliferazione dei centri commerciali che sarebbero vera causa di queste cessazioni, vorrei ricordare: che è dal 2001 che non viene rilasciata una autorizzazione per una medio-grande struttura alimentare (infatti l’ultima è stata quella relativa all’Esselunga, preceduta nel 1998 dall’autorizzazione al Conad Le querce); che il Ptcp provinciale prevede, nel periodo 2010-2013, 3.500 metri quadrati di alimentare per il distretto di Reggio Emilia, che quindi andrà negoziato tra Reggio Emilia, Albinea, Bagnolo, Cadelbosco sotto e sopra, Quattro Castella e Vezzano; e che in questi anni hanno cessato medio-piccole attività alimentari anche e soprattutto perché, piaccia o no, abbiamo assistito in quest’ultimo decennio in Italia , come nel sud dell’Europa, a grandi cambiamenti della distribuzione commerciale, arrivati in ritardo di 10 anni rispetto a ciò che accadeva nelle altre nazioni del centro/nord Europa.
Il fenomeno più evidente è stato quello della moltiplicazione dei luoghi del commercio che non sono ormai riconducibili principalmente ai centri urbani, ma distribuiti sul territorio anche in virtù della propensione dei consumatori a spostarsi per i propri acquisti percorrendo distanze significative.
Reggio Emilia, con la sua provincia – come si evince da una ricerca effettuata dal Politecnico di Torino e da quello di Milano, commissionata dalle Regioni Lombardia, Piemonte ed Emilia-Romagna – è l’unica in regione che non ha polarità commerciali di rilevanza interregionale.
Ciò detto, la disponibilità dell’Amministrazione a favorire soluzioni che siano di servizio per i residenti e di garanzia per il presidio del territorio continua a essere operativa. Amministrare con serietà significa lavorare senza fare pubblici proclami: capisco che sia spiazzante, perché il governo nazionale fa l’esatto contrario, ossia vive di proclami senza mai agire.
(Natalia Maramotti, Assessora alla Cura della comunità con delega al Commercio)

