La Provincia di Reggio Emilia scende in campo per chiedere al Governo un cambio di rotta in merito ai tagli agli incentivi sulle energie rinnovabili, recentemente decisi con un decreto del ministro allo Sviluppo Romani. Durante l’incontro organizzato ieri pomeriggio nella Sala del Consiglio provinciale a sul tema dello sviluppo energetico locale e mercato delle fonti rinnovabili, l’assessore all’Ambiente Mirko Tutino ha espresso la volontà di un confronto con gli operatori interessati sugli effetti del decreto del Governo e su un piano energetico provinciale: “Mentre L’Europa cerca di ridurre il proprio fabbisogno dal petrolio investendo sulle fonti rinnovabili, l’Italia invece è ferma e priva di strategie – ha detto – La Provincia, assieme agli enti locali reggiani, promuoverà un Piano per ridurre i consumi e sfruttare appieno le fonti energetiche pulite che il nostro territorio mette a disposizione. Oggi abbiamo trovato negli operatori economici e nelle parti sociali un valido interlocutore per iniziare un confronto sul Piano energetico provinciale. Promuovere una politica forte su questi temi è un dovere che abbiamo nei confronti delle future generazioni”.

“Il decreto Romani ha rotto le certezze che si avevano in merito di rinnovabili e gli effetti si sono fatti sentire nelle piccole media imprese reggiane”, ha affermato Sauro Benassi, direttore di Koinos Cna. Un aspetto messo in risalto anche dall’assessore Tutino: “Molti esponenti del Governo hanno dichiarato che il taglio agli incentivi colpisce solamente grandi lobby ed è finalizzato a ridurre le bollette dei cittadini, ma conoscendo il nostro territorio possiamo dire che i primi danneggiati di questo provvedimento sono i cittadini e le piccole e medie imprese del nostro territorio che stavano uscendo dalla crisi aprendo nuove attività o riconvertendo altre produzioni alle rinnovabili”.

“Nel settore del fotovoltaico – ha aggiunto il direttore di Koinos – dallo scorso anno gli ordinativi sono cresciuti finché, all’uscita del decreto, lo scorso mese sono scesi a zero, con casi di disdette e, quindi, perdite ed investimenti saltati. Inoltre, quello delle rinnovabili è stato uno dei pochi settori a Reggio dove si assumeva, da questo mese invece le aziende sono in cassa di integrazione”. Benassi cita a proposito il caso di un’azienda che si occupa di fotovoltaico di Carpineti, dove Koinos ha degli uffici di produzione: “ Lo scorso anno era attiva, vi lavoravano 12 persone. Ora la produzione è ferma, con lo stabilimento pieno pile di pannelli a causa di ordini inevasi”.

Per questi motivi la posizione della Provincia di Reggio Emilia sulle fonti rinnovabili è chiara: “Dal 2006 ad oggi, solo nel campo del fotovoltaico, sono più di 2.000 le richieste di allacciamento elettrico per produrre energia e sono prevalentemente impianti a tetto di piccole dimensioni – ha affermato l’assessore Tutino – A Reggio sono a rischio 56 milioni di euro di investimenti, 46 dei quali realizzati dalla Provincia e dagli altri enti locali del territorio per ricoprire di pannelli le scuole, le palestre e tantissimi altri edifici pubblici. Questi investimenti che rischiano di saltare nel campo del fotovoltaico avrebbero prodotto energia pulita per circa 15 mila famiglie reggiane”.

“A livello nazionale gli incentivi pesano su ogni famiglia per circa 24 euro l’anno, molto meno di quanto si paga sommando lo smantellamento delle centrali nucleari dismesse nel 1986, i contributi per il noto Cip 6, le agevolazioni alle Ferrovie dello stato ed ai ‘certificati verdi’ destinati ai produttori di energia fossile. Il 72% degli impianti è di piccole dimensioni. Chi investe su questo settore deve avere garanzie precise: i capitali necessari, spesso attivati con finanziamenti bancari, non possono essere soggetti agli umori del Governo in carica. Anche nei paesi dove gli incentivi sono stati meno elevati perché gli impianti più diffusi, dello Stato ci si può fidare e sia i cittadini che le imprese possono calcolare i tempi di ritorno dei loro investimenti senza temere sorprese. Nel lungo periodo il settore deve vivere senza incentivi, ma a questo risultato ci si deve arrivare come in Germania, con incentivazioni definite nel tempo e senza norme retroattive che compromettano investimenti già avviati”.

All’incontro ha partecipato anche l’assessore alle risorse del Comune di Reggio Emilia Ugo Ferrari: “Il settore è bloccato a causa del decreto, ma la città vuole giocare la scommessa con l’integrazione di efficienza, risparmio ed energie rinnovabili: gli strumenti di pianificazione che abbiamo ci permettono di orientare la città in questa direzione”.

Hanno risposto all’invito della Provincia anche Arturo Tornaboni di Iren Rinnovabili e Giuseppe Mastropiero, responsabile area fonti rinnovabili per Nomisma Energia. Per Tornaboni “il decreto Romani crea incertezza e dimostra che non vi è un progetto chiaro in materia di rinnovabili. Tra l’altro, è opportuno specificare che vi è diversità tra le fonti rinnovabili. Oltre al fotovoltaico, ci sono anche le biomasse, una delle fonti di energia più produttive: la nostra regione, per esempio, si trova su un giacimento di nitrato, che offre ingenti quantità di biomassa da sfruttare”.

“Sullo stop agli incentivi sul fotovoltaico, dobbiamo chiederci a cosa sono serviti questi soldi se poi li si toglie – ha detto Mastropiero – Quale strategia c’è stata sulle rinnovabili? Se si continuasse con incentivi al fotovoltaico come si è fatto, in due anni si dissiperebbe la possibilità di investire su altre energie rinnovabili: ci sono stati troppi incentivi sul fotovoltaico rispetto alla reale dinamica del mercato, ma la soluzione non può essere quella di tagliarli così all’improvviso”.

Sullo sviluppo energetico e le fonti rinnovabili, la riflessione dell’assessore provinciale all’Ambiente Tutino si ampia a livello europeo. “Se l’Europa deve ridurre il proprio fabbisogno dal petrolio, questo problema, come dimostra la Francia, non si risolve con un costoso e pericoloso piano per tornare al nucleare. La Germania investe sulle rinnovabili 12 volte l’Italia ed il settore in quel paese conta già quasi 300 mila addetti. Bastano questi dati per comprendere l’utilità di politiche pubbliche a sostegno delle rinnovabili: il ritardo si recupera solamente correndo più degli altri”.