La Provincia di Reggio Emilia ha ottenuto dal Fondo europeo per l’integrazione di cittadini di Paesi terzi un considerevole finanziamento di 128.000 euro grazie al progetto “Insieme nella cura” rivolto alle donne migranti che nel Reggiano svolgono un lavoro di cura, in particolare le cosiddette assistenti familiari o badanti.

Il progetto, redatto dalla dirigenza della Provincia in collaborazione con l’associazione “Anziani e Non Solo”, è stato presentato in questi giorni alla Commissione provinciale Sicurezza sociale dagli assessori Ilenia Malavasi e Marco Fantini, dalla dirigente Loredana Dolci e da Francesca Correggi.

Grande soddisfazione per il risultato raggiunto, ma soprattutto per le azioni del progetto, è stata espressa da tutti i membri della Commissione consiliare ed in particolare dalla presidente Angela Zini, che ha sottolineato come “ancora una volta la nostra Provincia sia attenta alla qualità della vita dei suoi cittadini, al benessere di chi viene nel nostro Paese per lavorare accanto a chi vive nella sofferenza, ma soprattutto alla cura delle persone più fragili, quelle non autosufficienti”. Il progetto, infatti, si pone l’obiettivo di migliorare i livelli di gestione ed erogazione dei servizi pubblici ed aministrativi rivolti a donne migranti che assistono persone non autosufficienti e vede come partner della Provincia – che svolge la funzione di coordinamento e di governance istituzionale – l’Ausl di Reggio Emilia e le associazioni “Anziani e non solo” e “NonDaSola”. Il percorso – sostenuto anche dai Comuni reggiani, da Rete Terza Età, da Cgil e Cisl – si snoda attraverso la ricerca delle buone pratiche svolte a livello locale e la formazione degli operatori dei servizi pubblici del territorio, mirata a conoscere le problematiche principali del delicato lavoro di cui sono protagoniste le donne immigrate che svolgono il lavoro di badanti. Si tratta, nella sola provincia di Reggio Emilia, di circa 12 mila persone – su un totale di circa 65.000 immigrati – di cui, alla fine del 2010, 5.850 risultavano regolarmente assunte. Alle badanti si aggiungono poi circa 3.500 lavoratrici e lavoratori immigrati avviati al lavoro nell’area sociosanitaria pubblica o del privato sociale.

Il lavoro assistenziale e di cura rappresenta dunque, nel nostro territorio, un’attività ad alta valenza strategica per l’assorbimento di lavoro femminile per lo più immigrato, per il rilievo nella costruzione di coesione sociale e di politiche di conciliazione. Non mancano, ovviamente, alcune criticità che il progetto intende risolvere, come il superamento del lavoro irregolare, della scarsa formazione professionale,il rischio di abuso e l’isolamento sociale in cui le badanti spesso vivono.

Le principali attività che verranno realizzate nell’ambito del progetto, da ottobre al prossimo giugno 2012, sono interviste a rappresentanti sociosanitari dei vari territori per conoscere le problematiche, le esigenze e le criticità del settore; la messa a punto di un piano formativo per gli operatori pubblici e del terzo settore direttamente a contatto con le badanti; l’attivazione di interventi a sostegno dell’inclusione e qualificazione del lavoro di cura; la definizione di una carta etica per il rispetto delle diversità e dei diritti della persona assistente ed assistita nella relazione di cura.

“Molto interessante – commenta la presidente della Commissione consiliare, Angela Zini – è anche la conclusione del percorso perché, dopo un apposito convegno che illustrerà al pubblico i risultati raggiunti e sarà occasione di confronto, sulla base degli esiti del lavoro il Comitato di pilotaggio formulerà una proposta di Patto provinciale d’azione per la qualificazione del lavoro di cura da sottoporre alla Conferenza territoriale sociale e sanitaria, alle parti sociali e al terzo settore. L’auspicio è che venga realizzato appieno quel welfare di comunità e di rete che i tempi attuali esigono per diffondere buone prassi sociali ed ottimizzare le risorse, purtroppo così limitate in questi tempi crisi”.