Microfono aperto al Forum provinciale Cultura del Pd che ieri sera al teatro Piccolo Orologio di via Massenent ha raccolto un centinaio di partecipanti attorno allo slogan Con la cultura non si mangia ma si cresce. Un confronto che il partito reggiano ha tenuto in vista degli Stati generali della Cultura che il Pd ha convocato a Roma il 2 e 3 dicembre prossimi. A partire dal documento nazionale illustrato da Maurizio Roi, vice presidente Agis e presidente Ater, si sono alternati gli interventi per sottolineare l’importanza della cultura nell’attuale quadro economico nazionale. “Un paese che non punta su cultura, conoscenza, sapere e creatività è un paese che rinuncia al proprio futuro”, questa la tesi di fondo e la base per ogni possibile costruzione politica in questo settore.

La responsabile Cultura Pd Lucia Sprefico ha introdotto il dibattito sottolineando come le scelte compiute nel nostro paese siano in decisa controtendenza rispetto all’Europa dove ha detto Spreafico “in diversi paesi, l’industria culturale produce anche il doppio di quella automobilistica”. Dopo aver fatto riferimento ai tanti lavoratori precari che operano in questo settore, la responsabile ha continuato “La cultura è anche lavoro oltre che un pezzo del Welfare, e quindi si ai finanziamenti pubblici ma anche a quelli che arrivano da strutture private. L’ente pubblico deve quindi far coesistere le diverse realtà presenti sul territorio valorizzando le eccellenze”. Il punto di partenza per le oltre 70 conferenze che si stanno tenendo su tutto il territorio nazionale è sancito da un documento che Maurzio Roi ha illustrato nei suoi punti chiave: “occorre prendere atto – ha spiegato – che è entrato in crisi il modello proposto dal centro destra e che oggi, con il nuovo governo, c’è spazio per elaborare una proposta che tenga in considerazione nuove tesi. E’ dall’articolo 9 della nostra Costituzione che occorre ripartire se vogliamo rilanciare la cultura. Le attività culturali sono messe in ginocchio dalla mancanza di investimenti che riducono le produzioni e rischiano di trasformare il nostro paese da grande centro di creatività e innovazione culturale a semplice luogo di circuitazione. I tagli al FUS sono la dimostrazione più evidente della volontà di operare un drastico ridimensionamento della rete di eccellenze artistiche che arricchisce i nostri territori e che rende l’Italia celebre nel mondo. Il nostro paese sta perdendo ogni competitività. Non solo. In questi due anni l’agenda politica del Governo in questo settore è stata orientata, persino nella propaganda, esclusivamente a una declinazione del tutto peculiare. Le tutele minime di welfare riconosciute alla generalità dei lavoratori non sono ancora state affermate nella nostra legislazione sul lavoro dello spettacolo, perpetrando così un’evidente disparità di trattamento sul piano del diritto e dell’equità dei rapporti sociali”.

Andrea Bonacini della Direzione Regionale del Pd detto: “Dobbiamo, in sintesi, smettere di parlare solo a noi stessi. Occorre un atteggiamento diverso. Il coraggio di un atteggiamento diverso. Per questo vogliamo spostare l’attenzione da una semplice riflessione quantitativa sull’impegno pubblico sulla cultura ad uno qualitativo ponendoci per prima la domanda del perché una collettività debba spendere o investire risorse e, di seguito il come, in attività di natura culturale.

Non è il tempo delle lamentazioni sui tagli. É il tempo di ripensare all’assetto delle attività e dei beni culturali. Per questo occorre capire la società e i diversi contesti economici e politici che la crisi che stiamo vivendo ci impongono. Non è un passaggio semplice. Qui sta la vera scommessa: aumentare il ruolo delle imprese culturali per le politiche di sviluppo delle economie locali. L’impegno deve essere quello di riuscire a far identificare i luoghi con le persone che li abitano, realizzando progettualità non solo di tipo promozionale, autentici spazi collettivi riconoscibili, vivibili, originali, ricchi di segni, significati e contenuti.

Non bisogna pensare a rilanciare il ruolo del pubblico, ma piuttosto saper leggere il territorio. Significa contrastare i monopoli, le cattive pratiche che si sono create negli ultimi decenni nelle istituzioni.

Beppe Pagani, presidente regionale della commissione Cultura ha illustrato i dati relativi agli investimenti e ai progetti che la Regione Emilia Romagna ha messo in campo. “C’è una importante dimensione urbanistica legata alla Cultura che accompagna la crescita delle città”, ha detto Pagani, sottolineando poi come i numeri del turismo culturale in Emilia Romangna siano in crescita. E questo costante aumento deve far ragionare sulle potezialità che l’intero settore può rivestire come motore per uscire dalla crisi economico-finanziaria nella quale stiamo versando.

Federico Amico, presidente dell’Arci di Reggio Emilia e membro della direzione nazionale dell’associazione ha detto: “Dal neopresidente Monti non ho ancora sentito pronunciare la parola cultura. E riferendosi al documento nazionale ha spiegato: “Non esistono solo i livelli istituzionali e le fondazioni liriche non rappresentano l’unico volano per la cultura del nostro paese”. Se la cultura è un pezzo dello stato sociale, ha detto Amico: “allora bisogna anche immaginare meccanismi che agevolino le famiglie nell’avvicinarsi alla fruizione”. Mettendo il dito nella piaga Amico ha puntato il dito su Siae ed Enpals, “due strutture monopolistiche persino vessatorie nei confronti del pubblico. Si al diritto d’autore purchè sia un diritto trasparente”.

Giovanni Catellani, assessore alla cultura del comune di Reggio: “La crisi colpisce tutti. Non c’è nessun accanimento nei confronti del mondo della cultura. Piuttosto essite una possibilità politica che la cultura offre, è quella del ripartire dalle parole e dalla loro importanza”. E sull’assistenzialimo della cultura Catellani ha portato l’esempio del gruppo punk inglese Sex Pistols: “Sid Vicius – ha detto – non ha mai avuto bisogno di finanziamenti pubblici”.

Mirco Tutino, assessore provinciale alla Cultura nel corso del suo intervento e portanto l’esempio del cinema Rosebud ha sottolineato come “la cultura sia una parte fondante delle città e rivesta una funzione trasversale delle amminstrazioni. Il nostro obiettivo è la creazione di reti culturali da valorizzare che possano far emergere la ricchezza del territorio”.