La sede sarà a Mirandola. Avrà un’area dedicata a neolaureati, dottorandi e ricercatori dedicata allo sviluppo di progetti di innovazione, laboratori, un incubatore per le nuove idee e le start up. Le strutture saranno minime: funzionerà, infatti, mettendo in rete i laboratori esistenti e agendo in network di ricerca eccellenti. E con una serie di servizi renderà questo patrimonio più accessibile alle imprese di uno dei distretti più orientati all’innovazione. Sarà questo, in estrema sintesi, il Centro di competenze per il biomedicale, così come viene delineato dallo studio di fattibilità realizzato da Democenter-Sipe. Lo studio è stato presentato nella mattinata di lunedì 5 dicembre nel convegno “Biomedicale: innovazione e sviluppo” svoltosi a Mirandola e promosso dalla Provincia di Modena, dall’Unione dei Comuni modenesi dell’Area Nord e dal Quality center network.

Nell’aprire i lavori il presidente della Provincia di Modena Emilio Sabattini ha spiegato che «il centro di competenze può rappresentare in questa fase un salto di qualità per il settore. Ma serve che tutti i soggetti, compresi i privati e l’Università, facciano la propria parte anche dal punto di vista finanziario», e Giancarlo Muzzarelli, assessore alle Attività produttive della Regione Emilia Romagna, ha ribadito che «investire su innovazione e ricerca è una scelta strategica per sostenere il settore e andare oltre la crisi».

Al convegno sono intervenuti inoltre Francesco Baruffi (Democenter Sipe), che ha illustrato lo studio, il del sindaco di Mirandola Maino Benatti, il presidente della Fondazione Cassa di risparmio di Mirandola Edmondo Trionfini, e il rettore dell’Università di Modena e Reggio Emilia Aldo Tomasi. Nelle conclusioni, rispondendo alla sollecitazione di Stefano Rimini, presidente di Assobiomedica, sui costi del lavoro e della ricerca l’assessore regionale alle Politiche della salute Carlo Lusenti ha sottolineato l’impegno a «integrare maggiormente il settore biomedicale e la sanità della regione che rappresenta il servizio di riferimento, un autentico partner strutturale per la ricerca, l’innovazione e la produzione».

Lo studio di fattibilità è stato realizzato, grazie a un finanziamento della Fondazione Cassa di risparmio di Mirandola, fotografando dapprima la situazione del distretto e raccogliendo, attraverso interviste e focus group, le necessità delle imprese, coinvolgendo anche le associazioni di categoria. Si sono poi analizzati centri analoghi in Italia e in Europa, per comprendere punti di forza e di debolezza dei vari modelli di funzionamento. Infine, basandosi sulle risorse e le opportunità presenti in Emilia-Romagna e in provincia di Modena, è stata stesa un’ipotesi progettuale.

RETI DI COOPERAZIONE E TECNOLOGIE D’AVANGUARDIA

L’Area nord della provincia di Modena è cresciuta fino al 2008 a un ritmo superiore rispetto al resto della provincia e dall’inizio della crisi ha contenuto la flessione: nel 2009 il fatturato è sceso solo del 3 per cento, contro una caduta media del 14 per cento. Il merito va alla presenza delle imprese biomedicali: sono 98 quelle insediate nel distretto di Mirandola (su 147 presenti in provincia di Modena), con un fatturato di 1.070 milioni e 4.757 addetti (dato K-Finance 2010). Un settore che nella provincia ha messo a segno nel 2010 una crescita del 3,2 per cento per la produzione e del 6 per cento per il fatturato, grazie soprattutto a una quota export superiore al 50 per cento.

In questo contesto, Democenter-Sipe ha rilevato fabbisogni e aspettative delle imprese attraverso focus group e interviste. Tredici i bisogni prevalenti mappati, tra cui spiccano i servizi per intercettare tecnologie e idee innovative, servizi per l’accesso a sperimentazioni cliniche, maggiori opportunità di collaborazione tra grandi gruppi e piccole aziende, servizi per il fundraising, ricerche brevettuali e di mercato. Il principale punto di debolezza, evidenziato sia dalle imprese che dalle associazioni di categoria, consiste nella difficoltà a costruire partenariati tra imprese per progetti di collaborazione, nonostante i forti legami e l’interscambio che esistono tra le aziende operanti all’interno dell’Area nord. Tra i punti di forza rilevati, viceversa, spiccano la presenza a Modena di un Centro per la medicina rigenerativa all’avanguardia a livello internazionale e il Quality Center Network, soprattutto come strumento per avviare un superamento della criticità prima rilevata.

In base ai risultati emersi dall’analisi, lo studio di fattibilità individua cinque obiettivi specifici cui il Centro di competenze dovrà dare risposta: costruire reti di cooperazione tra imprese su progetti di ricerca; costruire reti nazionali e internazionali per il trasferimento di conoscenze e tecnologie d’avanguardia; assicurare forte capitalizzazione dei progetti; attrarre e valorizzare competenze elevate e dinamiche; costruire relazioni stabili con enti che definiscono le norme per consentire a un prodotto di diventare commercializzabile.

Il Centro avrà sede a Mirandola e si baserà su un modello a rete che valorizzerà e metterà a disposizione delle imprese le risorse già presenti sul territorio come il Tecnopolo di Modena, la Rete Alta Tecnologia, l’Università di Modena e Reggio Emilia, il Sistema sanitario provinciale, il sistema bibliotecario di ateneo. Potrà contare su un incubatore sia per lo scouting e lo sviluppo di idee innovative sia per le imprese hi-tech, fornendo loro spazi allestiti, servizi consulenziali e laboratori a supporto. Garantirà inoltre alle imprese servizi formativi, ricerca di partner tecnologici e commerciali, tutela e valorizzazione della proprietà intellettuale. Le imprese potranno scegliere se usufruire semplicemente dei servizi del Centro o divenirne sostenitrici, versando una quota annuale. In quest’ultimo caso potranno godere di un pacchetto di servizi esclusivi. Non saranno realizzate infrastrutture murarie ma saranno attivati laboratori multidisciplinari a supporto dei progetti di ricerca, senza distogliere da essi risorse (esempio: banda larga, database, laboratori di altissimo profilo…).

LA FOTOGRAFIA DELLE 162 IMPRESE DEL DISTRETTO

Quasi il 90 per cento delle imprese del settore medicale in provincia di Modena ha una struttura interna per ricerca e sviluppo, il 57 per cento collabora anche con Università e laboratori, il 70 per cento brevetta le innovazioni. Sono alcuni dei dati emersi dall’indagine di Democenter-Sipe che ha interessato 162 imprese (147 del settore biomedicale, 8 del farmaceutico e 7 del biotecnologico) raggiunte da un questionario cui ha risposto il 34 per cento del campione. Un’indagine provinciale, ma fortemente significativa per l’Area nord, visto che qui ha sede oltre l’80 per cento delle imprese del campione.

Il primo dato che emerge con evidenza è la propensione del distretto all’innovazione: il 63 per cento delle imprese che ha risposto al questionario dichiara di aver sviluppato nuovi prodotti o implementato nuovi processi produttivi. Tra chi lo ha fatto, in particolare, quasi il 92 per cento ha realizzato nuovi prodotti, il 62 per cento modifiche innovative ai prodotti esistenti e il quasi il 42 per cento nuove tecnologie di processo.

Oltre l’87 per cento delle imprese del campione è dotato di una struttura interna dedicata alla ricerca e sviluppo. Poco più della metà (57,8 per cento) collabora inoltre con soggetti terzi per portare avanti l’innovazione: il 77 per cento con laboratori e centri privati, quasi il 73 per centocon centri di ricerca e Università, oltre il 63 per cento con fornitori, ma solo il 13 per cento con i clienti. Il 29 per cento delle imprese svolge sperimentazioni cliniche, di cui l’80 per cento in Centri clinici italiani e il 40 in strutture regionali.

Il 71 per cento delle imprese tutela i propri prodotti con brevetti. Solo un’impresa su quattro non certifica il proprio sistema di gestione della qualità. Tra le altre il 45 per cento ha entrambe le certificazioni, il 47 per cento ha la ISO 9001 e il 68 per cento la ISO 13485.