Il Duomo addobbato di festoni e tessuti preziosi, sia all’esterno che all’interno, un mercato della durata di sette giorni, e addirittura un palio di cavalli berberi che si correva il 30 aprile. Così la città di Modena festeggiava il proprio patrono fino all’inizio del 1800. A San Geminiano, la cui ricorrenza cadrà martedì 31 gennaio, è dedicata la conferenza “La Comunità e il Santo”, che l’Archivio storico del Comune di Modena promuove giovedì 26 gennaio, nella sede di via Vittorio Veneto 5, dalle 17.15 alle 18.15. L’incontro prevede anche la proiezione di un filmato e si concluderà con una degustazione di amaretti di San Geminiano offerti dalla pasticceria San Biagio. Ci sarà anche una piccola mostra documentaria allestita negli spazi dell’archivio, mentre alcune copie di documenti e codici antichi saranno in mostra sotto i portici del Palazzo comunale.

Geminiano nacque a Cognento intorno al 313, in un momento in cui Modena, da “fiorentissima colonia Romana”, stava decadendo. Divenne chierico e poi, da vescovo, insistette sulle radici profonde del legame tra l’elemento civile e quello religioso, in sintonia con un altro grande vescovo di quel periodo, Sant’Ambrogio.

Verso la fine dell’Undicesimo secolo i modenesi, riuniti in assemblea plenaria, decisero di rinnovare il tempio del santo patrono. La devozione a San Geminiano è, dunque, all’origine del Duomo, costruito come «domus clari Geminiani” casa dell’insigne Geminiano, e dedicato alla Madre di Dio Incoronata. Il 30 aprile 1106, a lavori avanzati, avvenne la traslazione solenne del corpo del santo nella cripta della nuova cattedrale. Il 7 e 8 ottobre del medesimo anno, alla presenza della contessa Matilde di Canossa, di cardinali, vescovi, ecclesiastici e di una grande folla esultante, il papa Pasquale II compì la ricognizione dei resti di San Geminiano e consacrò l’altare.

Nei testi alto-medioevali, la più importante benemerenza ascritta al vescovo nei confronti della sua comunità è la difesa contro le minacce esterne. Così, il vescovo Geminiano è rappresentato ripetutamente nell’atto di proteggere la città dalle sventure che la minacciano, ponendola sotto la protezione della Beata Vergine, con il potere di intercessione della sua preghiera. Si racconta che salvò Modena dalle scorrerie degli Ungari, degli Unni e dalle intemperie. Si narra che tra il 17 e il 18 febbraio 1518 Carlo d’Amboise, alla testa dei francesi, marciasse verso Modena per sorprenderla e metterla a ferro e fuoco, ma giunto in prossimità di S. Leonardo, poco prima dell’odierna Madonnina, desistesse dal suo intento. Un mese dopo, sul letto di morte, confidò al suo confessore il motivo del gesto: era stato San Geminiano, apparsogli, a intimargli di non toccare Modena. Altro fatto prodigioso, anch’esso ricordato nella liturgia, è quello di un fanciullo caduto dalla Ghirlandina senza riportare danni. Accadde anche nel 1569 che un bambino caduto da una altezza di 108 braccia si ritrovasse sano e salvo e solo con qualche livido sulla testa: si vuole infatti che il Santo lo abbia salvato afferrandolo per i capelli.

Le sculture frontali dell’architrave del Duomo danno spicco alla figura del Santo vescovo che, come successore degli Apostoli, proclama il Vangelo amministra il battesimo, affranca l’uomo dalla schiavitù e dal peccato. I bassorilievi della Porta dei Principi rievocano il suo viaggio in Oriente per liberare dal demonio la figlia dell’imperatore Gioviano, il miracolo che lo rese più famoso nel mondo cristiano. Nell’ombra della loggia della Porta regia una statua del Santo in rame guarda la città dall’alto. L’opera collocata nel 1376 per istanza di Cecchino Ravasio è di Geminiano Paruolo.

Il 31 gennaio si festeggia la ricorrenza della morte del Santo; in passato, i preparativi per la festa iniziavano nei primi giorni di gennaio, con la pulizia della cattedrale e della piazza. Secondo l’uso del tempo, sancito anche dal cerimoniale dei vescovi, il Duomo addobbato anche all’esterno di tessuti preziosi, era ornato all’interno con festoni, mentre la piazza si predisponeva per il mercato che durava 7 giorni. La vigilia della festa, cioè il 30 gennaio, arrivavano a Modena tutte le rappresentanze delle ville e dei comuni del contado, coi loro vessilli. Per lungo tempo il Santo fu festeggiato anche il 30 aprile, con un palio di cavalli berberi. Nel 1786 Tiburzio Cortese, forse suggestionato dalle meditazioni di Ludovico Antonio Muratori sulla riduzione delle feste, stabilì che i festeggiamenti del patrono si limitassero al 31 gennaio.