S’intravede un orizzonte cupo per le famiglie e le imprese carpigiane. Il significativo aumento della pressione fiscale che va a delinearsi, causa l’applicazione anticipata dell’IMU (in sostituzione della vecchia ICI), e per effetto dell’aumento delle aliquote unitamente alla rivalutazione delle rendite catastali, comporterà un incremento di imposta, in certi casi superiore al 100 % rispetto allo scorso anno. Le previsioni indicano chiaramente un’aliquota del 9 per mille per tutti gli immobili destinati ad attività commerciali e produttive, e addirittura del 10,6 per mille (aliquota massima), per gli altri immobili a disposizione. “E’ quanto l’Amministrazione comunale ci ha comunicato – fanno sapere– in occasione dell’incontro riguardo al bilancio comunale 2012 che sarà approvato entro il mese di marzo. Questo aumento dell’imposizione fiscale, unito agli effetti recessivi della Manovra Monti, rischia di mettere a repentaglio la sopravvivenza di un elevato numero di piccole e piccolissime imprese del commercio e dei servizi”. E numeri alla mano avremo attività artigianali e commerciali costrette a versare una sorta di affitto supplementare”.

Nel ricordare che una parte consistente del gettito dovuto all’IMU sarà incamerata dall’Erario dello Stato, le associazioni imprenditoriali tengono a sottolineare che ai municipi è lasciato un certo margine di manovra. “Ragione – aggiungono – che ci ha indotto a richiedere l’applicazione di misure che consentano di mitigare alcuni effetti distortivi della nuova imposta, per renderla più equilibrata. In particolare reputiamo eccessiva l’aliquota dell’8,6 per mille applicata agli immobili di proprietà delle imprese artigiane e commerciali utilizzati direttamente per lo svolgimento di attività imprenditoriali; nonché l’aliquota massima del 10,6 per mille applicata ai fabbricati realizzati per la vendita e non venduti a causa della crisi stagnante del mattone”.

Confesercenti, Ascom-Confcommercio, Licom-Lapam e CNA.Com oltre a ricordare le difficoltà del momento, non mancano di evidenziare le prospettive di recessione per l’immediato futuro. “Un aumento della pressione fiscale insieme ai costi di energia, acqua, e rifiuti diventerebbe oggettivamente insostenibile. E’ auspicabile che le amministrazioni comunali si allontanino dalla logica che va dalla diminuzione del livello dei servizi, all’incremento delle tasse. C’è necessità di una via d’uscita: l’aggravio sulla collettività non giova a nessuno. Ragioni di equità impongono che anche a livello locale il rigore finanziario non sia solo nella direzione delle entrate e dell’aumento della pressione fiscale. Occorre anche procedere e sarebbe importante farlo in quella del taglio dei costi, a cominciare dalla razionalizzazione della macchina comunale, intervenendo sulle modalità di gestione delle funzioni e dei servizi, e degli aspetti organizzativi degli uffici, valutando l’accentramento di altre funzioni in capo all’Unione con l’obiettivo di un progressivo alleggerimento delle strutture amministrative”.

Secondo le Associazioni sarebbe in tal senso opportuno, prendere in esame tutto ciò che non è riconducibile alle funzioni fondamentali ed essenziali dei comuni. “Per i servizi essenziali invece – dichiarano – occorrerà razionalizzare e ridurre la spesa corrente, promuovendo con maggiore incisività logiche gestionali all’insegna dell’esternalizzazione e della sussidiarietà. Si tratta in altri termini di ripensare al modello del welfare locale, un modello che pur trattenendo in capo ai comuni le funzioni di programmazione e controllo coinvolga in modo più diffuso i privati nella gestione dei servizi, l’accesso ai quali deve essere ridefinito sulla base del reddito di chi ne usufruisce abbandonando la tentazione di ricorrere sempre e comunque alla leva fiscale. L’aumento della pressione fiscale locale – concludono Confesercenti, Ascom-Confcommercio, Licom-Lapam e CNA.Com – consente solamente di tamponare la situazione, ma non di risolvere alcuni dei nodi strutturali che i comuni si troveranno ad affrontare nei prossimi anni”.