Col diffondersi della coscienza dei limiti dello sviluppo e della tutela dell’ambiente, non c’è piano urbanistico comunale che non preveda come prioritario il recupero edilizio per evitare l’ulteriore consumo di territorio. Malgrado ciò mai come negli ultimi anni si sono ridotti gli interventi di restauro e di riqualificazione strutturale degli edifici degradati.
Le statistiche indicano infatti che il recupero edilizio si sta riducendo e che gli interventi attuali sono quasi esclusivamente quelli di costruzione di nuovi edifici o, al più, di manutenzione straordinaria. Pochissimi quelli di recupero.
Se si chiede ai progettisti e alle imprese la ragione di questa situazione ci si sente rispondere che, oltre alla crisi economica, la causa risiede nei costi proibitivi che sono necessari per recuperare e risanare un immobile, costi saliti alle stelle anche a causa della nuova legge antisismica.
Proprio così, mentre da una parte tutti gli addetti ai lavori sanno che è prioritario recuperare l’enorme patrimonio immobiliare delle nostre città, dall’altra si sono approvate leggi talmente rigide da rendere assolutamente non conveniente intervenire sugli edifici esistenti.
Legge antisismica: una norma necessaria ma troppo rigida
Sia chiaro, la legge per la tutela delle nostre case dagli eventi sismici, così disastrosi in alcune parti del paese, è una norma importante e necessaria (Legge Regionale 19/2008 che ha semplicemente dato attuazione al Decreto Ministeriale 14.09.2005). Ciò che appare inaccettabile è che le prescrizioni tecniche e procedurali di questa legge siano talmente rigide da scoraggiare chiunque dall’intraprendere interventi di ristrutturazione globale o recupero strutturale degli edifici.
Ciò non solo perché con le nuove norme i tempi per ottenere le autorizzazioni ai lavori si sono dilatati ben oltre ogni ragionevole limite, ma soprattutto perché l’adeguamento sismico comporta costi talmente alti da rendere assolutamente non convenienti anche modesti interventi di recupero.
Inoltre, a causa di questa legge, la situazione in tanti piccoli cantieri è diventata così assurda da avere alimentato il lavoro nero. Ciò si verifica nel caso di piccolissimi interventi su parti portanti dell’edificio, come l’apertura di una porta o per lavori poco più significativi che spesso, stando all’attuale normativa, necessiterebbero dell’autorizzazione sismica o dell’adeguamento statico dell’intero edificio. In queste situazioni, sempre più spesso, i proprietari degli immobili dopo avere verificato l’altissimo costo dell’intervento per ottemperare alle norme, realizzano abusivamente i piccoli lavori, frequentemente ingaggiando squadrette di lavoratori non in regola…
Sia chiaro noi siamo favorevoli alla messa in sicurezza sismica degli immobili ma questa necessità non può essere attuata con norme tanto rigide da precludere la fattibilità dell’intervento a causa dei costi proibitivi. Occorre contemperare le diverse esigenze. Anche perché, con norme tanto rigide, c’è il rischio di ottenere l’effetto contrario ad una maggiore sicurezza.
Infatti, constatati gli altissimi costi degli interventi di ristrutturazione, soprattutto per la nuova normativa sismica, spesso il proprietario dell’immobile rinuncia ad investire nel recupero di quegli edifici che invece necessiterebbe di interventi di ripristino e risanamento fisico. Si ottiene così il risultato opposto al consolidamento strutturale per resistere meglio ai sismi.
Le gravi conseguenze del blocco del recupero degli immobili
Se l’attuale situazione si protraesse per anni le conseguenze del mancato recupero edilizio potrebbero rivelarsi devastanti per le nostre città.
Infatti, a causa del progressivo, crescente degrado, rischierebbero di venire abbandonati dai residenti non solo gli edifici dei centri storici, sui quali tanto si è investito per il recupero, ma anche quell’enorme patrimonio di casette e condomini degli anni 60-70 che rappresentano la maggior parte della espansione delle nostra città fuori le mura. Edifici questi ultimi che, obsoleti tecnologicamente, comportano alti costi di manutenzione e che, se non recuperati e risanati radicalmente, sono destinati a cadere in un sempre più grave degrado fisico a cui normalmente consegue il degrado sociale.
È evidente, infatti, che se non cambierà la situazione normativa, malgrado gli amministratori e gli urbanisti più accorti puntino sul recupero urbano per dare risposte alle esigenze abitative, saranno sempre più numerosi gli edifici che rischiano di essere abbandonati dai residenti che preferiranno edifici nuovi o, comunque, meno degradati.
Tutto ciò, determinerà maggior consumo di territorio e nuovo vuoto urbano. Inoltre gli edifici degradati tenderanno a svuotarsi perdendo progressivamente gran parte del loro valore. A quel punto, come sappiamo, vi si concentreranno gli strati più disagiati della popolazione col pericolo della creazione di palazzi e poi quartieri ghetto.
L’esatto contrario quindi dell’integrazione sociale e culturale alla base del vivere civile e della coesione di una comunità
Non si sta paventando nulla di strano ma una situazione che, se non controllata, rischia davvero di degenerare e di produrre, in pochi anni (la normativa sulla legge sismica è entrata totalmente in vigore solo lo scorso anno) anche situazioni di insicurezza in ampie zone degradate del tessuto urbano.
La proposta dei Socialisti
Occorrere ripensare e rivedere le normative sismiche come chiedono da tempo anche gli ordini professionali. Quelle vigenti, pur essendo dettate da condivisibili esigenze, risultano troppo severe e vincolistiche tanto che, come descritto, possono determinare effetti del tutto contrari alle finalità per le quali erano nate.
Inoltre i costi proibitivi dovuti al consolidamento sismico inficiano ogni possibilità anche per i Comuni di attuare i Piani di Recupero strutturale e sociale degli edifici fatiscenti. Quei Piani di Recupero che, a Modena, hanno permesso il risanamento di interi quartieri urbani e dove gli interventi comunali hanno rappresentato il volano che ha innescato l’investimento anche da parte dei privati.
Emblematico per la nostra città è l’esempio del piano di recupero fisico, commerciale e funzionale della zona Pomposa, faticosamente strappata dal Comune ad un destino di ghettizzazione. In anni precedenti altri successi nel risanamento di interi isolati furono attuati in via Tre Re-San Paolo e via Stella. Oggi, tali interventi necessiterebbero di risorse inimmaginabili, ben maggiori di quelle utilizzate solo pochi anni fa e ciò soprattutto a causa di queste nuove normative sismiche.
Ridurre i costi dell’adeguamento sismico e i tempi dei procedimenti autorizzativi
Chiediamo quindi che le nuove norme per l’adeguamento sismico degli edifici siano riviste al fine di non precludere la fattibilità del recupero edilizio. Tale rivisitazione normativa, insieme alla semplificazione delle norme per dare agli operatori del settore la certezza dei tempi degli investimenti, risulta particolarmente urgente anche in considerazione della crisi economica che sta falcidiando gli interventi in edilizia.
Occorre intervenire subito per evitare che il blocco degli interventi di risanamento possa innescare quei pericolosi meccanismi di degrado e ghettizzazione che risulterebbero poi difficilmente recuperabili con conseguenze molto gravi per la vivibilità e la sicurezza di interi quartieri della città.
(Federazione PSI Modena)

