La Direzione del Pd modenese ha varato un documento comune su uno dei temi più caldi del momento: le liberalizzazioni. Un fenomeno di cui il Pd rivendica la primogenitura con le “lenzuolate” Bersani-Prodi: è questa la strada giusta da percorrere per aprire nuovi spazi d’impresa, creare più concorrenza, ma anche nuove opportunità di lavoro e di tutela dei consumatori. Sul fronte del commercio è, poi, indispensabile il confronto con i sindacati: il cambiamento deve portare nuovo lavoro e buona occupazione. Ecco un sunto del documento:

Siamo il partito delle liberalizzazioni: le abbiamo introdotte noi, alla fine degli anni ’90 e poi con le famose “lenzuolate” del secondo Governo Prodi. In entrambe le stagioni il ministro delle riforme fu Pier Luigi Bersani, l’attuale segretario del Pd.

Abbiamo salutato positivamente il decreto Monti sulle liberalizzazioni e abbiamo chiesto di fare meglio e di più: dopo una riforma durissima delle pensioni il Governo non può dimostrarsi timido con i poteri forti e le categorie protette. Per questo abbiamo avanzato proposte concrete su banche, assicurazioni, energia, farmacie, professioni: norme ad effetto immediato per aprire nuovi spazi d’impresa e creare più concorrenza, offrire più opportunità di lavoro ai giovani e tutelare i consumatori. Abbiamo sfidato il Governo al coraggio e alla coerenza e il centrodestra a venire allo scoperto, per dimostrare ai cittadini chi sta dalla parte dei giovani e dei consumatori e chi è invece ostaggio di lobby e corporazioni.

Anche in materia di commercio non prendiamo lezioni da nessuno: la riforma del 1998 che ha liberalizzato il settore e tolto le licenze porta il nome di Bersani. E’ possibile e giusto fare un passo avanti, alla luce dei cambiamenti dei consumi, dei tempi e degli stili di vita delle persone. E’ un fatto positivo se i servizi e i negozi possono riorganizzare le loro aperture in modo più flessibile. Non ha più senso che sia una legge dello Stato a dire quando alzare o abbassare una serranda e spetta ai consumatori, non alla politica, stabilire di quanti e quali negozi ci sia bisogno. Su quest’ultimo criterio abbiamo anche costruito la recente programmazione provinciale del commercio.

Proponiamo viceversa due correzioni significative alla normativa introdotta, coerenti con questi principi ma utili non solo a prevenire storture, ma a meglio accompagnare il cambiamento. Anzitutto va ripristinata la prerogativa costituzionale che affida alle Regioni la regolazione della materia commerciale: una programmazione regionale del commercio è necessaria per governare le grandi scelte e l’impatto che ne deriva sulla vita dei territori e delle città. In secondo luogo riteniamo utile ribadire che spetta ai Comuni organizzare i tempi e gli orari della città, in una chiave di grande apertura e flessibilità ma nel confronto con le rappresentanze sociali e in coerenza con l’offerta degli altri servizi. Non possiamo dimenticare infatti che in ogni esercizio commerciale ci sono lavoratori e lavoratrici, dipendenti o autonomi, che debbono poter organizzare in modo dignitoso la propria vita e quella della propria famiglia.

Siamo il partito delle liberalizzazioni ma, prima ancora, siamo il partito del lavoro: ogni cambiamento può essere considerato un passo in avanti nella misura in cui crea sviluppo, nuovo lavoro e buona occupazione. In questo senso è indispensabile un più forte confronto tra categorie, e tra associazioni e sindacati, al fine di cogliere tutte le opportunità di occupazione e di reddito che una nuova disciplina può offrire, salvaguardando i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici.