Ci risiamo, come avviene puntualmente ogni anno l’adeguamento sulle quote fisse per il servizio di vendita e per il servizio di rete del gas hanno avuto anche quest’anno un impennato ben oltre il tasso di inflazione: +9,6% sulla quota fissa del servizio di vendita e +2,3% sulla quota fissa del servizio di rete.

Aumenti camuffati in bolletta (per farli passare in modo indolore?) con importi bimestrali riportanti addirittura 8 numeri decimali dopo la virgola.

Resta il fatto che in attesa del consiglio di amministrazione di Iren, previsto per il 29 di questo mese, dove si approverà il bilancio e l’agognato dividendo per gli azionisti, con questa operazione la nostra ex municipalizzata incasserà un milione di euro diluito tra i circa 450.000 utenti reggiani i quali dovranno pagare complessivamente 1.200.000 euro considerando anche il 21% d’iva sull’aumento.

Negli anni passati la quota fissa era racchiusa in un solo importo, poi la somma venne suddivisa tra chi era proprietario della rete e chi era il fornitore del gas (utilizzando calcoli di bacino complicatissimi che hanno penalizzato fortemente gli utenti della vecchia Enia di allora, a vantaggio di altre aree). Ora l’importo totale si aggira a poco più di 42 euro l’anno (iva compresa); un vero e proprio canone di 42 euro che va pagato per il solo fatto di avere un contatore gas attivo.

Tutte le colpe, però, non vanno attribuite solo a Iren ma lo zampino annuale arriva proprio dall’Agenzia per l’energia elettrica e il gas. Non è arrivato forse il momento di dire basta ed adeguare le tariffe solo al tasso d’inflazione su questo balzello in quota fissa? Se poi questo governo Monti pensasse anche a ripristinare gli aumenti in base all’inflazione degli stipendi degli italiani sarebbe cosa, buona e giusta.

Donato Vena (Comunisti Itlaini – FdS)