La decisione di Coop Estense, 5.700 dipendenti sul territorio nazionale di cui 4.000 in Emilia Romagna, di disdettare tutti i contratti collettivi aziendali integrativi e di procedere con un regolamento interno che deroga le norme vigenti, è inaccettabile e degna dei più beceri atteggiamenti di un padronato stile anni 50 che mira a ricostruire margini di guadagno sulla pelle dei lavoratori.

Alla base di questa grave decisione, che ha provocato un’immediata reazione della categoria con la proclamazione di un primo pacchetto di 8 ore di sciopero, c’è la volontà della Cooperativa di ridurre la retribuzione per i nuovi assunti e liberalizzare gli orari di lavoro.

Oggi, nel 2012, con una disoccupazione giovanile al 36%, con le retribuzioni tra le più basse d’Europa, con il perseverare di scelte finanziarie che definire azzardate è un eufemismo, anche la cooperazione si fa carico del “modello Marchionne” e scarica sui lavoratori i costi della crisi e di scelte sbagliate, mandando a quel paese decenni di relazioni sindacali che hanno contribuito allo sviluppo di queste realtà.

In una regione come l’Emilia Romagna, dove solo 5 mesi fa è stato siglato il “Patto per uscire dalla crisi e per una crescita sostenibile” da tutte le parti sociali, compresa la cooperazione, la decisione di Coop Estense non solo è grave ma deve essere osteggiata da tutti i soggetti, pubblici e privati, che hanno sottoscritto quel patto.

E’ indiscutibile che dopo le dichiarazioni di Calzolari sull’art.18 e le scelte di Coop Estense si apre un problema nelle relazioni sul territorio con la cooperazione i cui effetti non sono prevedibili.

Non siamo disposti a sacrificare la dignità dei lavoratori sull’altare della crisi e della finanza, un altro modello economico è possibile ed anche per queste ragioni siamo a fianco dei lavoratori del commercio per la tutela dei propri diritti.

(Antonio Mattioli, Responsabile Politiche Contrattuali – Segreteria Cgil Emilia Romagna)