“Conversioni forzate all’islam e reclutamento di terroristi, che dimensioni hanno questi fenomeni tra i detenuti della nostra Regione?” A chiederlo con un’interrogazione è Andrea Pollastri (PdL).

“Dopo quattro anni di indagini – scrive il Consigliere – l’Istituto superiore di studi penitenziari ha pubblicato un fascicolo di 136 pagine relativo alla diffusione del terrorismo islamico all’interno delle carceri italiane, da cui risulterebbe che, come avevano segnalato i Servizi Segreti, sarebbe in corso “un’insidiosa opera di indottrinamento e reclutamento svolta da “veterani”, condannati per appartenenza a reti terroristiche, nei confronti di connazionali detenuti per spaccio di droga o reati minori”, attraverso lo sfruttamento del particolare stato psicologico di coloro che entrano nel sistema carcerario”.

Nelle prigioni, infatti, i reclutatori hanno costruito una poderosa rete di controllo e manipolazione che si basa, in Italia, come nel resto dell’Occidente, su una vera e propria rete che coinvolge alcune tra le principali sigle terroristiche, tra cui Gruppo Salafita per la predicazione ed il combattimento (Algeria), Gruppo islamico combattente marocchino, Ansar al-Islam (Medio Oriente), Hamas (Palestina) e Al Qaeda.

Il proselitismo, finalizzato alla ricerca di nuovi mujaheddin da impiegare nelle cellule europee e sui fronti caldi della “guerra santa”, soprattutto in Medio e Vicino Oriente, avviene tramite soggetti che hanno incarichi specifici: ci sono i “detenuti leader”, figure carismatiche e fanatiche che arrivano a proclamarsi “veri e propri imam”, i “promotori”, apparentemente moderati, incaricati di dialogare con le direzioni degli Istituti di pena allo scopo di ottenere spazi comuni “per incontri tra detenuti di fede islamica” ed i cosiddetti “detenuti partecipanti”, assidui frequentatori degli incontri.

Altri elementi determinanti che caratterizzano l’attività di reclutamento sono i flussi di corrispondenza epistolare, colloqui visivi e telefonici e le somme di denaro in entrata e in uscita, soprattutto dirette a persone indigenti.

I numeri dicono che su oltre 10mila reclusi musulmani, di cui 76 classificati come “terroristi internazionali”, sono stati individuati “57 detenuti nei confronti dei quali è iniziata nell’aprile 2008 una raccolta dati, ancora in corso”.

“All’estero il problema sta assumendo dimensioni preoccupanti – spiega Pollastri: in Gran Bretagna e Stati Uniti sono numerosissime ed in costante aumento le conversioni forzate all’islam nelle carceri, in Francia il gran numero di terroristi detenuti ha imposto l’introduzione di un codice di allarme a quattro livelli dove, nei casi più gravi, sono segnalate aggressioni, sommosse e distruzione dei locali ad opera dei fondamentalisti, in Spagna, invece, dalle carceri venivano passati informazioni ed ordini agli estremisti all’esterno dei penitenziari.

In Italia, come segnalato dal Dipartimento per l’Amministrazione Penitenziaria, il problema è ancor più grave poiché vi è l’ulteriore rischio di alleanze tra il terrorismo di matrice islamista, con quello più “tradizionale” di natura anarchica e brigatista”.

“Di fronte al dilagare del fenomeno – prosegue l’azzurro – chiedo se esso sia presente, e in che misura, anche nelle carceri emiliano-romagnole, se vi sia stata segnala la presenza di terroristi islamici o attività di tipo terroristico, anche di matrice diversa”.

“Non si può permettere – chiosa Pollastri – che le nostre case circondariali, già afflitte da mille problemi, diventino la fucina di coloro che vogliono distruggere la nostra società ed utilizzino chi è in stato di necessità per far prevalere la logica della violenza e del sopruso: intendo sollecitare la Regione per conoscere cosa intenda fare per prevenire e contrastare i fenomeni di conversione forzata e reclutamento terroristico”.