Dall’inizio dell’anno sono entrate nel CIE (Centro di Identificazione e di Espulsione) di Bologna 484 persone (297 uomini, 187 donne) di 43 nazionalità diverse, la permanenza media si attesta sui 41 giorni, ma solo 252 persone sono state effettivamente accompagnate forzosamente nel proprio Paese: “I dati non mostrano significativi cambiamenti con gli anni precedenti e l’esperienza del CIE – commenta Desi Bruno – a fronte di rilevanti costi umani ed economici, deve essere oggetto di un effettivo ripensamento”.

Da maggio, prosegue l’attività di informazione legale presso il CIE di Bologna. Questo servizio – già realizzato nel periodo 2008-10 – è stato riattivato grazie alla collaborazione fra la Garante regionale per le persone private della libertà personale, Desi Bruno, il Difensore civico, Daniele Lugli, la Prefettura di Bologna e la Confraternita della Misericordia, che proprio in questi giorni lascerà la struttura per essere sostituita dal nuovo ente gestore, con la quale si intende proseguire l’attività.

Appaiono, comunque, essenziali il ripristino del servizio di informazione legale, e l’attività di ascolto di ogni nuova persona che entra nella struttura, ad opera dei mediatori dello sportello sociale, coordinati dal dott. Franco Pilati. Anzi, le motivazioni a queste attività risultano rafforzate dall’aumentato tetto del periodo di trattenimento – fino a diciotto mesi – e dalla progressiva diminuzione delle risorse dedicate alla gestione dei CIE. “Sono elementi – afferma Desi Bruno – che rendono ancora più paradossale la permanenza nel Centro per persone che le quali si dovrebbero pensare altri interventi “.

Due casi, tra gli altri: un cittadino proveniente dal Maghreb risulta ancora trattenuto nonostante abbia fatto domanda di asilo politico e debba presentarsi in una Questura fuori regione per regolare la sua posizione; una donna nata e cresciuta in Italia nel 1977 è ristretta nel CIE in attesa di essere espulsa. “È evidente quanto possa apparire nel primo caso non semplice accettare che non si liberi il trattenuto, nel secondo caso che il Legislatore non abbia ancora trovato una soluzione per coloro che pur nati e cresciuti nel nostro paese, debbano esserne comunque allontanati”.

Dall’ultima visita effettuata, Desi Bruno ricava la certezza della presenza all’interno del CIE di Bologna di persone sieropositive: “Persone che avrebbero anche già tenuto comportamenti aggressivi che, come è facile immaginare, possono mettere a rischio la loro salute , nonché quella degli altri e delle altre trattenute”. La situazione desta comprensibile allarme, e la Garante intende segnalarla alle Autorità sanitarie e alla Prefettura, chiedendo anche un accertamento con ispezione igienico sanitaria della sufficienza delle condizioni di vivibilità del CIE con riferimento alle condizioni delle strutture igieniche molto carenti.

Alla data del 25 settembre, il numero delle presenze è di 9 uomini e 21 donne. Un dato che non va interpretato positivamente, “poiché determinato solo da alcuni lavori necessari al raggiungimento di migliori condizioni di sicurezza in caso di rivolte”.