Davanti al Sindaco di Mirandola Maino Benatti ed a una numerosa platea di autorità civili e militari, rettori di altri Atenei ed esponenti del mondo dell’economia, ma soprattutto a decine di studenti degli Istituti superiori della città dei Pico, che nelle settimane scorse avevano avuto modo di frequentare attività didattiche proposte loro quando le loro scuole erano ancora indisponibili, il Rettore prof. Aldo Tomasi ha ufficialmente inaugurato i corsi di laurea dell’837° Anno Accademico dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia.

La scelta di tenere la celebrazione in uno dei comuni del cratere sismico ha detto il Rettore è “un atto di omaggio, considerazione e rispetto che la comunità accademica ha voluto portare a chi in maniera esemplare ha saputo reagire a disastri ben più assillanti della crisi economico-finanziaria che da anni affligge il paese. Ma, a cinque mesi esatti da quel 29 maggio, che resterà a lungo impresso nella nostra memoria, la giornata di oggi è anche una testimonianza di ammirazione che vogliamo esprimere a tutte le comunità dell’Area Nord modenese e reggiana!”.

Il tema della ricostruzione è stato anche al centro del commovente intervento pronunciato da Irene Bruschi, una studentessa di origini mirandolesi delegata dalla Conferenza degli Studenti “Ciò che spero – ha detto la Bruschi – è che la ricostruzione non venga vissuta come un ripristino delle condizioni precedenti al sisma, ma come un’opportunità per ripensare questi territori, dalle attività produttive all’urbanistica. Vorrei che il dolore che abbiamo vissuto si possa trasformare ora in coraggio per fare scelte ambiziose per le nostre città, al passo con i tempi, investendo su tecnologia, ricerca, energie rinnovabili; investendo sui giovani, come noi studenti universitari. Auspico che la forza e la rinascita della Bassa possano essere un esempio e un traino per l’intero Paese. È arrivato il momento di cambiare rotta, nonostante la crisi, nonostante le ristrettezze economiche; bisogna comprendere e credere che il Paese possa ripartire dall’investimento nell’istruzione pubblica, diventando un Paese per universitari, di pari opportunità, ridando quindi un futuro ai giovani”.

L’evento, tenutosi nella Tensostruttura di Emilia Romagna Teatro, ha consentito al Rettore, giunto al suo ultimo anno di mandato, di lanciare un allarme sulla situazione in cui versa l’università italiana “L’inaugurazione di questo anno accademico si svolge in un contesto di vivissima preoccupazione di tutto il sistema universitario – ha detto Tomasi – per gli ulteriori tagli ai quali il sistema stesso è stato sottoposto anche nel 2012. Ai tagli essenzialmente lineari eseguiti a partire dal 2008, si aggiunge un’ulteriore riduzione di circa il 5%”. Per l’Ateneo di Modena e Reggio Emilia si è passai da 93,7 milioni di euro di Fondo di Finanziamento Ordinario nel 2008 a 89,8 nel 2012 di questo passo “In assenza di reali cambiamenti nel trend delineato dal governo, tra pochissimi anni – è stato il grido d’allarme del Rettore – assisteremo ad una crisi difficilmente descrivibile, in termini di chiusura di corsi. A questo si aggiunge la prossima entrata in vigore del D.M. 160/2010 che prevede non solo un ulteriore irrigidimento nell’apertura di nuovi corsi, ma anche ulteriori restrizioni nel numero dei docenti necessari per mantenere attivi i corsi offerti, i cosiddetti requisiti minimi. Tenendo conto che in 3 anni, stiamo affrontando la seconda importante modifica delle regole, il tutto accompagnato dalla legge 240, UNIMORE sta facendo reali sacrifici per mantenere stabile la propria offerta formativa, ma ripeto, presto si arriverà a dovere diminuire i nostri corsi”.

E su questo aspetto da Tomasi arriva l’invito ad accelerare la collaborazione con altri atenei per far fronte alla diminuzione generalizzata dei docenti. “Questa attività, comunque, cercheremo di evidenziarla al Ministero, che aveva messo da parte fondi specifici per favorire la federazione tra Atenei, ma tali fondi non sono mai stati elargiti. Sono anche convinto che la Regione Emilia-Romagna dovrebbe prendere una posizione pro-attiva nel definire, assieme agli atenei presenti in regione, una politica di attenzione. Le indubbie eccellenze raggiunte dagli Atenei regionali possono presto disperdersi se non scomparire”.

In un quinquennio, anche in conseguenza del blocco delle assunzioni e dei concorsi il personale docente è passato da 882 unità a 795, cui si aggiungono 40 ricercatori a tempo determinato, mentre il personale non docente è sceso da 759 unità a 682.

Ciò nonostante l’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia ha la soddisfazione, in un contesto di generale contrazione delle immatricolazioni, continuamente ridottesi a partire a dal 2005, di avere archiviato risultati sempre in controtendenza. E anche quest’anno con 3.743 neo-iscritti per prima volta al sistema universitario italiano (ovvero 2.597 sulla sede di Modena e 1.146 su quella Reggio Emilia) ha registrato sull’anno scorso un incremento del + 9,24%.

Ma l’Ateneo modenese-reggiano, può anche vantare di essersi già pienamente calato nella nuova realtà universitaria prevista dalla legge Gelmini “Abbiamo – ha ricordato Aldo Tomasi – un nuovo Statuto d’Ateneo. Il percorso di approvazione e di realizzazione dei dettati di legge è giunto dunque a compimento. Sono stati creati i nuovi dipartimenti: siamo passati da 32 (dei quali 11 medici) dipartimenti e 12 Facoltà, a 14 dipartimenti, dei quali 4 di area medica, raccolti in quella che continuerà a chiamarsi Facoltà di Medicina e Chirurgia. Il nuovo Senato si è insediato in settembre, ed il nuovo CdA si insedierà il 7 novembre, e di esso faranno parte 3 esterni ad UNIMORE”.

A questi due fondamentali organi si aggiungono: un rinnovato sistema di valutazione, che prevede un organo a maggioranza esterna all’Università (Nucleo di Valutazione) ed un presidio interno di valutazione; il Comitato dei Sostenitori, al momento formato da rappresentanti dei comuni, province (sic), regione e camere di commercio. Inoltre, è già attivo il un nuovo Comitato di disciplina e per le pari opportunità (CUG) (non ha ancora nominato il Presidente). “Col completamento del CdA – ha sottolineato il Rettore – il complesso processo di cambiamento è terminato e tutti i nuovi organi sono funzionanti e pronti a governare UNIMORE”.

Ma le espressioni più forti di preoccupazione il Rettore Tomasi le ha avute per la situazione del Policlinico di Modena e per il futuro della Facoltà di Medicina e Chirurgia. “Reitero, quanto da tempo UNIMORE e la Facoltà medica vanno ripetendo. Esiste l’esigenza forte – ha scandito Aldo Tomasi – di potere utilizzare, a fini didattici, altri stabilimenti ospedalieri oltre al Policlinico. Questo era già vero prima del terremoto, ora l’evidenza sta di fronte a tutti. Non nascondo che a questa esigenza ho trovato risposte trovato vaghe. Permane forte un atteggiamento di principio che non vede con favore la presenza della Facoltà, in specie la visione che vede la Facoltà medica come una forza di occupazione di posti (a scapito ovviamente di altri), mentre da anni ormai, oltre che ad assistere ad una continua e rilevante diminuzione del numero di docenti medici, siamo assertori della riduzione nel numero di primariati, proponendo l’unificazione di servizi, se non l’unificazione delle Aziende… La facoltà medica richiede con insistenza e determinazione, strutture dove i nostri studenti, infermieri, tecnici e specializzandi possano essere preparati. A tal fine ha dimostrato anche come professionisti non universitari possano essere coinvolti in progetti di formazione, attraverso l’utilizzo di incarichi di insegnamento per arrivare, nei casi di chiara preparazione scientifica e didattica, al conferimento di posizioni di professore straordinario (al momento sono 3 i professori straordinari nominati, 2 a Modena ed uno a Reggio Emilia)…. Una politica sanitaria – ha concluso su questo punto il Rettore – che tende a mantenere separate le strutture, e gestionalmente e amministrativamente, e tra ospedali e struttura sanitaria territoriale, non potrà ottenere la piena collaborazione tra le varie componenti, ma continuerà a sviluppare la tendenza a replicare, a mantenere in funzione tutte le strutture ospedaliere esistenti anche se, per mancanza di fondi, non potranno raggiungere parametri di specializzazione e sicurezza per i pazienti”.

E sulla delicata questione di un’unica Facoltà di Medicina e Chirurgia per tutta la Regione parole chiare e tranquillizzanti circa la politica perseguita sono venute dall’Assessore regionale Patrizio Bianchi “La molteplicità della tradizione accademica presente in regione è ancora – ha affermato Bianchi, intervenuto in rappresentanza del Presidente Vasco Errani – oggi un elemento inalienabile e non riducibile e di forte caratterizzazione del nostro sistema universitario. In particolare credo sia opportuno ricordare a tutti noi la ricchezza data dalla presenza delle quattro Facoltà di Medicina da cui oggi sorgono le nuove Scuole volute dalla riforma. La Regione Emilia-Romagna non solo rispetta ma sostiene l’autonomia degli atenei nell’organizzazione dell’attività didattica e di ricerca”.

Sul fronte della ricerca l’Università egli studi di Modena e Reggio Emilia ha portato a termine la definizione di linee di ricerca strategiche per l’ateneo, che verranno “premiate” con fondi per ricercatori tenure track , utilizzando il “Fondo di sviluppo della ricerca di ateneo. Inoltre, l’ateneo partecipa in modo importante ai tecnopoli regionali, con numerosi progetti in via di attuazione (Modena – Reggio Emilia) e in questi ultimi mesi ha contribuito a definire i progetti “cluster” nazionali, diventando capofila per il progetto EDU, un progetto che avrà sede a Mirandola, ed è entrata con rilevanti partecipazioni anche in vari altri cluster nazionali. “Tutto questo – ha ricordato Aldo Tomasi – è finalizzato a trovarci preparati per i “call” del megaprogetto europeo di sostegno alla ricerca, denominato H2020. Abbiamo partecipato, in coordinamento con numerose imprese ai progetti di distretto, anche questi finanziati dalla Regione”.

“I problemi da affrontare – ha detto concludendo il suo intervento il Rettore Tomasi – vanno dal diritto allo studio, alla discussione e decisione sugli indirizzi di sviluppo delle sedi. In questi momenti di estrema difficoltà per il paese, i fondi per la scuola, per la formazione, per il diritto allo studio subiscono pesanti tagli, mettendo a repentaglio la sopravvivenza stessa del sistema. Gli effetti sono già evidenti nel cospicuo calo di studenti universitari che si osserva da ormai quasi un decennio nel nostro paese. Di fronte a questo impoverimento che mette in pericolo il futuro dell’Italia, continuiamo ad assistere alla incapacità del nostro sistema politico di porsi un freno alla proprie spese, ovvero ridimensionare in modo rilevante i cosiddetti costi della “politica”. Penso – ha concluso – che questa situazione debba fare pensare seriamente tutti. Occorre re-introdurre scale valoriali che sappiano indirizzare la residua capacità di spesa di questo paese verso scopi primari, pena il declino economico e sociale”.