“Per limitare gli eccessi della deregolamentazione introdotta dal Governo Monti col Decreto Salva Italia e tutelare il diritto a un giorno da dedicare al riposo e alla famiglia, di lavoratori e imprenditori, è opportuno ripristinare quanto stabilito dalla normativa precedente: perfetto punto di equilibrio tra bisogni dei consumatori, tutela dei lavoratori ed esigenze degli operatori commerciali”. Questo il grido d’allarme che arriva dai commercianti, compresi quelli modenesi, e che Confesercenti ha fatto proprio. Promuovendo, ‘Libera la Domenica’ (www.liberaladomenica.it): una raccolta di firme sostenuta da Federstrade e dalla CEI (Conferenza Episcopale Italiana), col fine di presentare una proposta di legge di iniziativa popolare per riportare in capo alle Regioni la facoltà di decisione su orari e aperture domenicali e cambiare una normativa che penalizza principalmente le PMI del commercio.

“Le liberalizzazioni delle aperture contenute nel decreto Salva Italia – commenta il Presidente di Confesercenti Modena Massimo Silingardi – non hanno dato nessuno dei risultati sperati: il ‘sempre aperto’ non ha mutato la situazione di consumi e occupazione, letteralmente fermi al palo. A crescere sono stati solo i costi di gestione e l’impegno di piccoli e medi imprenditori e lavoratori. Senza una legge in grado di regolamentare la situazione createsi, nei prossimi 5 anni è prevista la chiusura sul suolo nazionale di circa 80.000 negozi (con la conseguente scomparsa di circa 240mila posti di lavoro). E la realtà modenese non fa di certo eccezione. Col risultato che le nostre città saranno sempre più vuote e meno sicure”.

Oltre 100mila le imprese secondo le stime di Confesercenti che in Italia hanno abbassato la serranda per sempre dal 2008. E nessuna inversione di tendenza si è registrata dalla liberalizzazione di orari e aperture domenicali. “Normativa lo riordiamo, presente solo nel nostro paese tra i principali dell’Unione Europea – tiene a precisare Fulgenzio Brevini Coordinatore Sindacale provinciale di Confesercenti Modena, rendendo noto che in Germania le domeniche di apertura nell’anno sono 10, così come in Francia, mentre in Olanda e in Spagna si arriva ad un massimo di 12 – che al momento non ha fatto registrare alcun incremento di consumi, occupazione e miglioramento del servizio. Anzi rischia, condizione per altro nemmeno tanto latente, di tradursi in un peggioramento del servizio medesimo, in particolare quello di vicinato, maggiori difficoltà per gli anziani, con ripercussioni negative anche sulla sicurezza. In altre parole – aggiunge Brevini – un regalo alla Grande Distribuzione, con trasferimento di quote di mercato dai negozi piccoli e medi ai grandi. Con la scusa di assicurare maggiore concorrenza, il Governo si è appropriato di competenze regionali, negando nei fatti ogni garanzia di concorrenza. Così, però, rischia di sparire il tessuto della distribuzione commerciale di prossimità”.

E sono i dati ad essere impietosi: La crisi nel 2012 continua a produrre effetti molto pesanti: consumi delle famiglie -2,2% (ma beni durevoli -8,1%, beni non durevoli -2,6%); vendite del commercio al dettaglio piccole superfici gennaio-agosto -2,7% (al netto inflazione -4,6%); Nati/mortalità imprese commercio nei primi nove mesi 2012: -3.068;

Nati/mortalità imprese commercio al dettaglio dal 2008: -85.000 imprese. Quanto al territorio modenese, il fatturato delle imprese locali ha fatto registrare nei primi nove mesi dell’anno un vero e proprio crollo: -5,6% rispetto al medesimo periodo del 2011. Il picco maggiore si è evidenziato tra le rivendite di generi alimentari, -9,7%, e nel settore extralimentare, – 5,3%. Nel terzo trimestre dell’anno (luglio-settembre 2012) inoltre il rapporto tra imprese nate e cessate sempre nel settore del commercio si conferma negativo: sono 100 quelle che hanno smesso l’attività contro 56 nuove sorte. Guardando ai dati relativi alle imprese attive al 30 di settembre 2012, in provincia rispetto all’anno passato, nel commercio il calo che emerge è dello 0,7%. Con l’attuale normativa, gli effetti della crisi e il mancato ricambio generazionale nei prossimi 5 anni ci saranno 81 mila esercizi commerciali in meno in Italia, con la conseguente perdita di 202 mila posti di lavoro. In particolare il saldo negativo brucerà quasi 16 mila negozi di abbigliamento, più di 5000 negozi di calzature, quasi 7000 negozi di mobili ed elettrodomestici, circa 1500 panetterie, oltre 2000 negozi di fiori etc.

Confesercenti ha fatto appello ai presidenti delle Regioni affinché si opponessero e sollevassero la questione dell’illegittimità del provvedimento. Diverse delle quali, tra le più importanti, Emilia Romagna, Veneto, Toscana e Piemonte lo hanno già fatto. “Dal canto nostro – aggiunge poi Brevini – ci eravamo impegnati con le nostre imprese ad organizzare tutte le iniziative necessarie per tutelare il loro diritto ad operare in un regime che garantisse il migliore equilibrio concorrenziale. Oggi agiamo di conseguenza, con una raccolta di firme per una proposta di legge di iniziativa popolare (che non decade a fine legislatura, ma viene automaticamente ripresentata nella nuova). L’obiettivo non è quello di vietare aperture festive e domenicali, ma di renderle compatibili con le effettive esigenze di imprenditori e consumatori, ripristinando le competenze in materia di orari e aperture alle Regioni. Percorso in cui ci accompagnano anche Federstrade e la CEI. Il mezzo della proposta di legge di iniziativa popolare è stato scelto perché è importante che imprenditori e cittadini svolgano un ruolo decisivo e diretto; a maggior ragione per la lunga crisi – le previsioni di PIL, spesa, reddito, investimenti, vendite hanno tutti segni meno il prossimo anno; crescono solamente disoccupazione, fallimenti, e le imprese che chiudono – che sta falciando le PMI e i redditi delle famiglie. Per noi è prioritario far crescere il Paese e il territorio in maniera più armonica e più incisiva, per assicurare benessere e occupazione e far sì che l’apertura domenicale dei negozi non sia deregolamentata”, conclude Brevini.

Cittadini e commercianti modenesi potranno firmare a sostegno della proposta di legge di iniziativa popolare a partire da lunedì 26 novembre 2012. Recandosi, muniti di documento di identità, presso le sedi di Confesercenti nei Comuni in cui hanno la residenza, dal lunedì al venerdì dalle ore 8,30 alle ore 12,30 e il lunedì, il martedì e il giovedì dalle ore 14,30 alle ore 17,30.

La  diocesi di Modena aderisce all’iniziativa  di Cei e Confesercenti “Liberiamo la domenica” sul lavoro domenicale.

La Chiesa ha sempre sostenuto il valore della festa, della domenica, come momento dedicato ai rapporti familiari, alla solidarietà, al riposo e, per i credenti, a Dio. La festa è segno della centralità della persona. La Lettera pastorale di mons. Lanfranchi per il biennio 2011/2013 “Sei giorni lavorerai … ma il settimo giorno è in onore del Signore tuo  Dio (Es 20, 9-10) – Educare al lavoro  e alla festa per una vita buona” è solo l’ultimo esempio di un magistero attento a questi temi.

Ai nostri governanti e a chi ha responsabilità economiche chiediamo che lo sviluppo e la crescita non siano cercati a tutti i costi, non siano contro gli uomini e le donne. In questo senso dobbiamo domandarci se è giusto ampliare le già tante occasioni di lavoro domenicale legate a servizi indispensabili.

E’ una domanda rivolta prima di tutto a ciascuno di noi: cosa è veramente indispensabile? Questi beni e servizi che riteniamo così indispensabili, non rischiano di essere ottenuti a scapito della libertà, del benessere, dei diritti degli altri? Alla fine è poi così indispensabile fare la spesa alla domenica?

In primo luogo potremmo cominciare a riflettere all’interno delle comunità e delle famiglie su cosa è veramente essenziale. La decisione di non fare la spesa alla domenica, proposta come stile di vita nuovo, sarebbe conseguente. Se poi riuscissimo ad aiutare quelli che effettivamente sono in difficoltà in questa astensione dalla spesa domenicale, faremmo un ulteriore passo verso lo stile di condivisione auspicato nella Lettera alla città. I centri commerciali aprono alla domenica perché la legge lo consente, ma anche perché la gente ci va, magari aiutata da qualche promozione più o meno imperdibile.