“Oggi il sistema cooperativo italiano del passato è superato ed è necessario progettare il futuro della rappresentanza del mondo cooperativo, attraverso l’Alleanza delle cooperative, costruendo un pensiero nuovo, che non sia il semplice affiancamento delle diverse visioni precedenti”.

Lo ha detto Giuliano Poletti, copresidente nazionale dell’Alleanza delle cooperative italiane (nella quale circa un anno e mezzo fa sono confluite l’ Associazione generale cooperative italiane, Confcooperative e Legacoop), intervenendo nella seduta straordinaria del Consiglio comunale di Modena di oggi, giovedì 22 novembre, volta a celebrare il 2012 come Anno internazionale delle cooperative proclamato dall’Onu. “Bisogna immaginare una relazione nuova tra la dimensione economica e quella sociale, senza la quale non si supera la crisi – ha aggiunto ancora Poletti – il cittadino deve essere messo nelle condizioni di sviluppare la sua volontà di protagonismo”.

La seduta è stata introdotta dalla presidente del Consiglio Caterina Liotti, ha parlato di “modello imprenditoriale buono che nasce da lontano nella storia dei nostri territori e che oggi va guardato con rinnovato interesse. Grazie ai valori su cui si fonda – ha proseguito Liotti – è un tassello fondamentale per uscire non solo dalla crisi economica, ma anche dalla crisi sociale, morale ed etica che attraversa il Paese. Occorre che questi valori possano essere sempre ben visibili nella cooperazione; attenzione quindi al pluralismo, al benessere delle lavoratrici e dei lavoratori, alla qualità delle cose che si producono e all’ambiente in cui si opera”.

Il sindaco di Modena Giorgio Pighi, nel suo intervento, ha sottolineato che nella situazione di crisi che il Paese sta vivendo “servono strategie nuove per trovare risposte: imprese, cooperative, parti sociali, soggetti economici e finanziari, e istituzioni devono dare vita a un tavolo di confronto pressoché permanente, per condividere le priorità, le scelte strategiche per il territorio, le linee di sviluppo che ne prefigurano l’assetto nei prossimi anni. Dobbiamo ridefinire insieme gli obiettivi – ha proseguito – con percorsi di confronto e analisi, e rafforzando la collaborazione tra cooperazione e Pubblica amministrazione, per promuovere ulteriormente un sistema che rappresenta un modello, a livello nazionale ed internazionale, per la sintesi tra progresso economico, equità, coesione sociale, responsabilità verso la collettività, solidarietà tra generazioni e innovazione”.

Il presidente della Provincia Emilio Sabattini ha evidenziato come l’Onu riproponga la centralità della cooperazione “costringendoci a superare una fase in cui il sistema cooperativo era rappresentato come un peso, un soggetto assistito dalla società. C’è più di un modo di fare attività imprenditoriale – ha proseguito Sabattini – e le imprese cooperative sia piccole che grandi presentano elementi di forte diversità rispetto ad altre, quali democrazia, autoresponsabilità, solidarietà ed etica. Lo sviluppo perché sia tale e duraturo, deve avere al centro l’uomo, la sua intelligenza e capacità; una società senza radici profonde incentrate sull’etica non ha futuro”.

Nel modenese le imprese cooperative sono alcune centinaia, circa 500 quelle aderenti alle tre centrali, impegnate nei diversi settori della produzione e del lavoro: dall’agroalimentare al welfare sociale e sociosanitario, dalle costruzioni al consumo, fino ai servizi, al turismo, allo sport, alla cultura. Tutte insieme “pesano” per circa il 12 per cento del valore aggiunto dell’economia modenese (a livello nazionale la quota della cooperazione è intorno al 6 per cento) con un giro d’affari complessivo intorno ai sette miliardi di euro e con oltre 20 mila occupati e 330 mila soci.

APPROVATA MOZIONE DELLA MAGGIORANZA

Contraria Modena futura, il Pdl si è avvalso del non voto. Al centro il dialogo intergenerazionale e l’auspicio di norme che non aggravino i servizi di welfare

Il Consiglio comunale di Modena auspica che “l’insostituibile patrimonio economico e sociale” rappresentato dalle cooperative sul territorio possa continuare a generarsi attraverso un dialogo tra generazioni di cooperatori ed esprime soddisfazione per il rientrato allarme, almeno per il 2013, relativo all’aumento della tassazione delle attività di servizio della cooperazione sociale inizialmente previsto tra i provvedimenti governativi. E lo fa attraverso l’ordine del giorno della maggioranza approvato in Aula nella seduta di oggi, giovedì 22 novembre, con il voto favorevole di Pd e Sinistra per Modena, contrario di Modena futura e con il non voto del Pdl.

Nella mozione, illustrata dal consigliere Stefano Prampolini del Pd, si esprime inoltre l’auspicio “che anche in futuro non si intervenga con norme che, aggravando i servizi di welfare, rischiano di rendere inaccessibile alle classi più deboli della popolazione servizi fondamentali per la persona”.

LA LEZIONE DI STEFANO ZAMAGNI

“Pluralismo economico, distribuzione delle ricchezze e una società che si fa carico dei cittadini sono le ragioni per cui oggi abbiamo bisogno del modello cooperativo”

La certezza che la democrazia per esistere ha bisogno di pluralismo economico; l’aumento scandaloso delle diseguaglianze e la necessità di transitare da un modello di welfare state a uno di welfare society, dove la società nella sua interezza si fa carico dei cittadini. Su questi tre pilastri si reggono oggi le ragioni della cooperazione. Lo ha detto chiaramente il professor Stefano Zamagni, docente di Economia politica dell’Università di Bologna nella seduta straordinaria del Consiglio comunale di Modena di oggi, giovedì 22 novembre, dedicata a celebrare il 2012 Anno internazionale delle cooperative proclamato dall’Onu.

E il primato di Modena nel dedicare la seduta a questo argomento è stato innanzitutto riconosciuto dal professore bolognese che per il suo intervento è partito da un interrogativo cruciale: “Che senso ha nelle economie di oggi affermare le ragioni della cooperazione?” Una prima risposta arriva dalla Corea, tra i dieci paesi più sviluppati del mondo, che sta oggi cercando di diffondere e sostenere la cooperazione. “La Corea, in cui 12 imprese producono l’80 per cento del Pil nazionale è preoccupata – ha affermato Zamagni – si sono resi conto che la coesione sociale sta venendo meno e stanno imitando il modello italiano”. E ha aggiunto: “Si pensava che la forma cooperativa nata per contrastare la forma d’impresa capitalistica fosse destinata a sparire: è un’idea falsa, abbiamo più bisogno di cooperazione oggi che allora”.

Più in particolare Zamagni ha spiegato che la democrazia non può essere declinata solo nella sfera politica: una democrazia non può reggersi se il potere economico è concentrato nelle mani di pochi, cioè senza un solido sostrato di democrazia economica, che vuol dire pluralismo fatto di imprese capitalistiche e cooperative. Inoltre, l’aumento delle disuguaglianze nel nostro Paese non ha a che vedere con l’aumento della povertà assoluta (cioè il disporre di meno di due dollari al giorno), ma con l’aumento delle povertà relative che minaccia la pace. Il coefficiente che misura le disuguaglianze è può andare da 0 a 1, in Italia è dello 0,36; nei Paesi dell’Europa del Nord si aggira sullo 0,22, eppure l’Italia spende in stato sociale, in proporzione, quanto la Svezia. Ecco perché abbiamo bisogno di più cooperazione, perché l’impresa cooperativa distribuisce il reddito che produce. Non è pensabile aumentare ulteriormente la tassazione, già molto alta, quindi occorre usare altri metodi per ridistribuire la ricchezza. In Emilia-Romagna il maggiore pluralismo d’impresa rispetto al Piemonte o alla Lombardia garantisce una migliore distribuzione della ricchezza e quindi un indice di disuguaglianza più basso rispetto a quelle regioni.

Infine, sta oggi entrando in crisi il modello di ‘welfare state’ che soppiantò il ‘welfare capitalism’ statunitense. Per il ‘welfare state’ lo Stato deve farsi carico dei cittadini dalla culla alla bara, ma il modello, nato per garantire l’universalismo del sistema sociale, oggi non regge più e si inizia a parlare di ‘welfare society’, perché se è vero che mancano le risorse pubbliche, non è però vero che mancano quelle private (la Banca d’Italia ha dimostrato che in Italia 10 persone hanno un patrimonio pari a 10 milioni di cittadini), bisogna quindi trovare il modo di smobilizzare queste risorse. A doversi fare carico del welfare è l’intera società: Stato, imprese e società civile, tre sfere che devono interagire sistematicamente in ogni fase. Se ben impostato il welfare societario è un fattore di sviluppo, perché crea coesione sociale che è anche il primo presupposto per aumentare la produttività. La coesione sociale prevede l’applicazione del principio di fraternità, poiché la solidarietà non basta, e la cooperazione ha interpretato la fraternità come mutualità.

Il professor Zamagni ha quindi concluso il suo intervento ricordando quanto disse Ambrogio, vescovo di Milano nel V secolo, dopo la caduta dell’Impero romano: “Felice il crollo se la ricostruzione farà più bello l’edificio” e ha aggiunto: “Felice questa crisi se farà rinsavire la nostra società”.