È strano notare come – col passar degli anni e l’aumentare dell’esperienza – divenga sempre più facile, immediato e addirittura necessario mettere in relazione tra loro cose ed eventi della nostra esistenza singola e collettiva: ricordi, pensieri, stati d’animo…
Il presepe allestito nella chiesa di Castelvetro di Modena rappresenta quest’anno il viaggio dei Magi: in ciascuno dei tre settori della teca è raffigurato un re, circondato dall’ambiente che caratterizza e identifica la sua terra di provenienza. E, come sempre, i volontari che hanno realizzato il presepe hanno provveduto ad associare a ciascuna ambientazione un effetto (pioggia, neve, tempesta di sabbia) che non manca di stupire e che, soprattutto, contribuisce a donare alla rappresentazione un tocco di ulteriore e raffinata autenticità.
Ma ancora una volta il presepe – questo presepe – ci stimola a riflettere su contenuti, idee e valori che ciascun visitatore è in realtà libero di articolare in modo differente e personale… Per quanto mi riguarda, non posso fare a meno di ricordare uno dei numerosi resoconti che Marco Polo fa al grande imperatore dei Tartari, Kublai Kan… Una volta – di ritorno da un viaggio attraverso le terre dell’impero – il giovane ambasciatore veneziano racconta della provincia di Persia, e della città di Saba dalla quale si dice partissero molti anni prima tre re – Beltasar, Gaspar e Melquior – per andare a rendere onore a un profeta appena venuto al mondo; e di come i tre – dopo avergli lasciato in dono oro, incenso e mirra – si rimettessero sulla strada del ritorno, portando ciò che egli aveva donato loro: un bossolo chiuso. E ancora narrava di come – fermandosi lungo il cammino per vedere cosa contenesse il bossolo, e trovando che conteneva solo una pietra – essi comprendessero che quella pietra era un invito a rimanere fermi e saldi nella fede appena abbracciata; e tuttavia – delusi per la miseria di quel dono – gettassero la pietra in un pozzo… e immediatamente un gran fuoco scendesse giù dal cielo infilandosi nel pozzo medesimo! Di come, infine, i tre re pentiti raccogliessero quel fuoco e lo portassero nella città d’origine per adorarlo come segno vivente della forza e della potenza di Dio.
Ora, è pur vero che il resoconto di Marco Polo sembra in qualche tratto differire dalla versione più classica e conosciuta del viaggio dei re Magi: ma forse il vero punto non è questo, bensì… il fatto che a raccontare questa storia sia – tra i tanti – anche Marco Polo! Quel Marco Polo che è divenuto – da sette secoli a questa parte – l’emblema di una modalità di viaggio e di spostamento improntata alla scoperta continua, alla registrazione dei fatti minimi e degli aspetti apparentemente meno rilevanti dell’esistenza quotidiana delle persone, dei popoli, della natura… Se Cristoforo Colombo – altro grande viaggiatore – è costretto a ridurre lo spazio a tempo di percorrenza, perché è stato incaricato di scoprire una terra… Marco Polo, al contrario, una volta ottenuta la fiducia del Gran Kan ha tutta la libertà e la facoltà di guardarsi attorno, di affinare la propria sensibilità, di aumentare la propria conoscenza, di interrogarsi e di capire.
E non è forse questa l’idea che i re Magi – col proprio viaggio lungo e a tratti colmo di disagi – vogliono far arrivare a ciascuno di noi? L’idea che solo in un modo si può far proprio qualcosa di grande – e non importa che si tratti di una fede, un amore, un ideale: attraverso un percorso, una trasformazione, una crescita individuale e collettiva… Quasi a dire che la vera testimonianza non trova la propria più autentica e definitiva incarnazione nel momento in cui l’individuo – il fedele, l’innamorato, colui il quale è in cerca di risposte – giunge a destinazione… ma piuttosto in quel percorso articolato, mai lineare, sempre irto di pericoli e ingannevole che l’individuo intraprende, solo o accompagnato, verso una luce di cui ha percepito l’intensità, la forza e il calore.
(Simone Maretti, attore e scrittore)

