“Chiediamo lo stato di calamità naturale perché condizioni del genere non si verificano da anni. I campi sono inzuppati di acqua e il terreno è imbibito in modo tale da impedire ogni tipo di operazione colturale, oltre che a non essere in grado di assorbire più acqua”. Lo segnala il  presidente della Cia di Modena, Cristiano Fini, che riferisce anche di decine di smottamenti in collina e montagna in campi inerbiti,  “con conseguenti costi per ripristinare vaste aree destinate alla coltivazioni ed ai foraggi”. Fini punta il dito anche sullo ‘scarso senso civico’ di coloro che lasciano o lanciano rifiuti  nei canali e a ridosso dei terreni agricoli, depositando materiali che vanno ad occludere i fossi stessi rallentando il deflusso delle acque “e impedendo – sottolinea Fini – lo scolo delle acque dai campi, anche se ben manutenuti” .
La Cia, sostiene ancora Fini, ha più volte segnalato situazioni in cui aziende in prossimità di arterie viarie vengano trattate come discariche, imbrattando il terreno con materiali plastici ed altri rifiuti.
“Provare  ad entrare nei campi con i terreni inzuppati di pioggia è veramente difficile, se non impossibile, specialmente in alcune aree della Bassa modenese – prosegue Fini – e molte semine slitteranno in avanti mentre ci saranno agricoltori che dovranno decidere colture alternative”.  Una situazione veramente straordinaria, quella delle ultime settimane, che oltre ad impedire le operazioni colturali limita gli interventi fitosanitari delle piante. “ Praticamente non è stato possibile seminare  le barbabietole – spiega ancora Fini – ma sono bloccati anche i trapianti di ortive come meloni  e cocomeri. I trattori rischiano di impantanarsi entrando nei campi per cui anche il diserbo e la concimazione del frumento in molti casi non è stata possibile”.Un agricoltore  di Castelfranco Emilia, Fiorenzo Mongiorgi, è da settimane in attesa di seminare le cipolle, circa 12 ettari, ma non riesce al entrare nel campo.
Se i terreni allagati rendono impossibile i lavori con i mezzi agricoli,  cambiano i tempi di maturazione delle colture, cresce il pericolo di arrivare alla raccolta con una pianta più debole e, quindi, una resa produttiva più bassa. “C’è il rischio concreto di un calo generalizzato della Plv agricola – conclude Fini – che potrà essere superiore al 10 per cento”.