domenica_aperto“La domenica sempre aperto? Ma anche no!”. Uno slogan ad effetto che è stato in grado di sensibilizzare la gente su una questione importante: la liberalizzazione di orari e aperture domenicali e festive voluta dal Governo Monti. E che ha portato in 5 mesi alla raccolta di 4000 firme solo sul territorio modenese e ad oltre 150 mila su quello nazionale. Tutte a sostegno di una proposta di legge di iniziativa popolare, promossa da Confesercenti e sostenuta dalla CEI (Conferenza Episcopale Italiana), per frenare l’eccesso di aperture domenicali e festive delle attività commerciali. Ma anche per restituire dignità ed equilibrio ad imprenditori e lavoratori del settore.

“Sono state depositate ieri in Parlamento le oltre 150 mila firme raccolte – commenta Confesercenti Modena facendo notare il ‘ritmo’ di oltre 1000 firme raccolte al giorno e ringraziando anche quanti dai sindacati, al C.A.L.S. (Comitato antiliberliazzazioni selvagge) ai consiglieri comunali agli esponenti di partito al mondo cattolico, in provincia si sono prodigati per la raccolta delle firme – L’auspicio adesso e che si proceda al cambiamento della normativa sulle liberalizzazioni, così da riportare nell’ambito delle competenze delle Regioni le decisioni sulle aperture degli esercizi commerciali”.

La deregulation di orari e giorni di apertura contenuta nel Decreto ‘Salva Italia’ e introdotta dal Governo Monti, avrebbe dovuto rilanciare i consumi nel Paese. Quando invece l’aggravio di lavoro e costi ha pesato in modo molto negativo sulle MPMI. Contribuendo, per il settore del commercio, ad un crollo dei consumi a livello nazionale senza precedenti nel 2012, del 4,3%, circa 40 miliardi in meno; mentre per il 2013 è prevista un’ulteriore perdita di 13 miliardi con una flessione dei consumi del 1,6%. “La crisi interminabile ha aumentato le difficoltà tra le MPMI di commercio, servizi e turismo – evidenzia Confesercenti – ha bruciato redditi e lavoro. Nel caso modenese poi la sua portata si è ulteriormente ampliata per lo sconvolgimento a livello economico provocato dal sisma sul territorio lo scorso anno. Un mix micidiale i cui esiti drammatici si mostrano sul versante delle chiusure delle attività e soprattutto a livello occupazionale”.

Una situazione già grave, sia in ambito locale che nazionale su cui si aggiunge l’infausta prospettiva dell’ulteriore incremento dell’IVA al 22% che arriverebbe mentre il livello della pressione fiscale effettiva è intorno al 54%. “L’effetto decisamente negativo sarebbe scontato e colpirebbe tutti – conclude Confesercenti – deprimerebbe il PIL che già nel primo trimestre di quest’anno è diminuito dello 0,5,%, rispetto a quello precedente e del 2,3% se confrontato con quello del primo trimestre del 2012. Senza contare infine che l’aumento dell’IVA si risolverebbe con esito opposto a quello sperato anche riguardo al gettito fiscale: invece dei quasi 3 miliardi in più ipotizzati il rischio che si paventa è quello di un’ulteriore perdita – circa 300 milioni rispetto alle entrate attuali – causa un nuovo crollo dei consumi”.