Sbagliare è umano, perseverare è semplicemente diabolico. Basterebbe questo per replicare alle notizie apparse oggi sugli organi di stampa relative alle dichiarazioni dei vertici di Apmi Modena sulla fase economico-produttiva che sta attraversando il nostro territorio. Non solo si continua, a commento della vicenda Firem, a sostenere che l’errore è solo nel metodo, ma non nel merito, anzi si sostiene che “le aziende devono delocalizzare”.

Se il buon giorno si vede dal mattino le posizioni che Apmi Modena sta sostenendo non promettono nulla di buono per avviare un percorso di relazioni sindacali come concordato nell’accordo interconfederale siglato a Roma il 1° agosto 2013 tra Confimi-Apmi e Cgil Cisl Uil.

La Cgil di Modena non entra nel merito delle ragioni che portano APMI – Modena a condurre una battaglia (dopo aver vinto quella con Confapi a Modena) per guadagnare spazio di rappresentanza tra gli imprenditori modenesi. Ma condurla con argomenti come quelli riportai dalla stampa – sì alle delocalizzazioni, costo del lavoro come principale fattore competitivo, no alla bilateralità – non aiuta, anzi, allontana quel percorso di confronto che in altre sedi si invoca.

Come si può avvalorare l’idea che, a prescindere dalle scelte e dalle capacità imprenditoriali, chiudere un’azienda in pieno agosto, dopo aver rassicurato i lavoratori sulla ripresa post-feriale, la si trasferisce in Polonia, sbattendo sulla strada 40 famiglie, sia una scelta giustificabile? Lo troviamo semplicemente vergognoso!

Come si fa a continuare a sostenere che il costo del lavoro è più alto in Italia che negli altri Paesi UE, quando gli ultimi dati di Eurostat documentano che in Italia il costo del lavoro medio è stato di 27.4 euro/ora nel 2012, contro i 34,2 della Francia, i 30,4 della Germania, i 38,1 della Danimarca, i 37,2 del Belgio, i 32,2 dell’Olanda?

Se a questo aggiungiamo che negli ultimi 4 anni l’incremento delle retribuzioni in Italia è stato del 8,7%, contro il 9,5% della Francia, il 9,1% della Germania, deve diventare chiaro che non è il costo del lavoro il fattore predominane nel gap competitivo con gli altri Paesi.

Altro è invocare – come la Cgil da anni sta facendo – la necessità di una riduzione del carico fiscale sulle busta paga dei lavoratori !

Sul tema della bilateralità, mentre Apmi-Modena propone la soppressione, va ricordato che, nel citato Accordo interconfederale del 1° agosto sottoscritto da Apmi-Confimi nazionale si dice semplicemente che la bilateralità non deve “moltiplicarsi” e non si parla mai di soppressione. Allo stesso tempo, sempre a livello nazionale, si decide di aderire al Fapi che è il fondo paritetico per la formazione.

La Cgil di Modena non si sottrae al confronto per rendere più competitivo, più attraente il nostro territorio, ma questo non può e non deve avvenire a scapito dei lavoratori e delle corrette relazioni sindacali che in questo territorio hanno sempre rappresentato un elemento di crescita e di sviluppo del tessuto socio-economico. Relazioni che in questi ultimi anni hanno evitato che i danni e le ripercussioni della crisi, fossero maggiori di quanto non siano già stati.

Le basi devono essere quindi, per la CGIL di Modena, quelle della serietà con cui si individuano i problemi da risolvere, rifuggendo da facili e demagogiche scorciatoie, e stabilendo delle priorità che per noi sono la ricerca, l’innovazione, la valorizzazione delle professionalità, la ricapitalizzazione, la dimensione delle imprese, elementi tutti che necessitano di investimenti nell’attività manifatturiera per creare ricchezza e occupazione, e non invece, come troppo spesso è accaduto, nella speculazione finanziaria.

 

 

 

Segreteria Cgil Modena