CIE-Bologna_ph_MediciXDirittiUmaniLa Regione Emilia Romagna, la Provincia e il Comune di Bologna, Cgil-Cisl-Uil regionali Emilia Romagna e di Bologna hanno tenuto, nei giorni scorsi, un incontro a Palazzo D’Accursio, allo scopo di approfondire la situazione del CIE di Bologna, le problematiche relative ai rimpatri di stranieri in condizioni di irregolarità, il funzionamento del sistema di prima accoglienza dei migranti, con l’obiettivo di concertare un’iniziativa, nel contesto regionale e nella realtà bolognese, finalizzata a condividere tra i Soggetti istituzionali e le Parti sociali alcuni orientamenti su queste importanti e socialmente rilevanti materie.

All’incontro erano presenti il sindaco di Bologna Virginio Merola, la presidente della Provincia Beatrice Draghetti, l’assessore regionale Teresa Marzocchi, in rappresentanza di CGIL Mirto Bassoli, Domenico D’Anna, Anna Maria Margutti, Annarosa Rossi, in rappresentanza di CISL Ciro Donnarumma, Stefano Franceschinelli, in rappresentanza della UIL Giuseppina Morelli, Luciano Roncadelli. E’ stata inoltre ascoltata la posizione del garante regionale dei detenuti Desi Bruno.

“Premesso che:- Il CIE di Bologna è temporaneamente chiuso, mentre sul secondo CIE presente in regione, quello di Modena, è intervenuta recentemente la decisione di cessazione definitiva dell’attività da parte del Ministero Dell’Interno. In entrambi i casi le condizioni di degrado delle strutture, di violazione dei diritti umani, di non osservanza degli standard sanitari, oltre al mancato rispetto dei diritti contrattuali dei lavoratori occupati in quei CIE sono alla base di tali decisioni.- Nel CIE di Bologna sono in fase di esecuzione, e non ultimati, lavori parziali di ristrutturazione che tuttavia non modificano sostanzialmente la valutazione in ordine alla fatiscenza e alla inadeguatezza della struttura di via Mattei.- Un tavolo specifico di confronto relativo alla tutela occupazionale dei lavoratori che erano alle dipendenze del Consorzio L’Oasi è stato costituito con la Provincia, il Comune capoluogo e la Prefettura di Bologna, successivamente proseguito con quest’ultima. E’ stata inoltre chiesto dalle Organizzazioni Sindacali un tavolo con la Regione Emilia Romagna allo scopo di verificare l’attivazione degli ammortizzatori

sociali. Considerate le recenti prese di posizione/risoluzioni del Comune di Bologna, della Provincia di Bologna, della Regione Emilia Romagna in merito a questa materia, tutte rimarcanti la necessità di non procedere alla riapertura del CIE di Bologna. La materia relativa ai Centri di Identificazione ed Espulsione e, più in generale, il quadro legislativo sull’immigrazione sono state recentemente oggetto di pronunciamenti del Parlamento e innovazioni legislative, che hanno rilievo rispetto alla materia qui affrontata.

Si richiamano in particolare:

– La Mozione approvata dalla Camera dei Deputati il 9 dicembre 2013, che “impegna il Governo a ripensare gli attuali strumenti di gestione dell’immigrazione clandestina, che risultano inefficaci (per quanto attiene all’effettività dei provvedimenti di espulsione) e costosi…”, nel quadro di una ridefinizione dell’insieme degli strumenti normativi in materia di immigrazione.

– La Risoluzione della Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani, del Senato, che con atto del 5 marzo 2014 “impegna il Governo a chiudere definitivamente i centri attualmente svuotati e non agibili per ristrutturazione…”.

– Con il provvedimento legislativo cosiddetto “svuota carceri” è stata prevista la velocizzazione, già dall’ingresso in carcere, delle procedure di identificazione dei detenuti stranieri, per rendere effettiva l’esecuzione dell’espulsione, allo scopo di evitare il successivo transito dai CIE. Con successivo voto del Parlamento è stata prevista la delega al Governo per l’abrogazione del “reato di immigrazione clandestina”, con riflessi positivi per quanto attiene l’alleggerimento dell’azione della Magistratura e per quanto riguarda il “trattenimento amministrativo”, dando in questo modo anche una chiara indicazione sulla necessità di riforma complessiva della legislazione in materia di immigrazione.

La Regione Emilia Romagna, la Provincia e il Comune di Bologna, Cgil-Cisl-Uil regionali Emilia Romagna e di Bologna ritengono che il nuovo quadro venutosi a delineare consenta l’assunzione di decisioni, anche in chiave sperimentale, finalizzate alla non riapertura del CIE di Bologna e alla possibilità di adottare modalità alternative per la identificazione e rimpatrio dei migranti privi di titolo di soggiorno regolare, sulla quale avviare un confronto tra le Istituzioni di questa regione, il Ministero competente e il Governo, sulla base delle seguenti linee:

1 – In analogia e in rafforzamento del sistema nazionale SPRAR (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati), la creazione di una o più strutture di “prima accoglienza”, basate sul ruolo e il protagonismo diretto degli Enti Locali, finalizzate a dare risposte sia ai migranti potenziali “richiedenti asilo”, sia ai migranti neo arrivati, sia a coloro che, in attesa del rimpatrio, necessitano di soluzioni alloggiative temporanee. In tale contesto si valuteranno le opportunità di rioccupazione dei lavoratori ex-dipendenti del Consorzio Oasi, che aveva in gestione i due CIE di Bologna e Modena.

2 – L’accelerazione della messa a regime delle procedure previste dai provvedimenti legislativi, relativamente alla identificazione in carcere degli stranieri, mediante verifica con i competenti Ministeri delle condizioni di applicazione nelle strutture di detenzione di questa regione.

3 – Attuazione, anche attraverso azioni specifiche e la definizione di Protocolli interistituzionali, delle misure previste dalla Direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante “norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare”, allo scopo incentivare ed agevolare la modalità del rimpatrio volontario e/o assistito come strumento prioritario prima di procedere a qualunque forma di allontanamento coatto, a mettere in atto programmi di assistenza al rimpatrio volontario e di reintegrazione nei paesi d’origine, con l’obiettivo di superare l’esigenza del trattenimento amministrativo”.