«I fatti di Parigi ci hanno imposto una riflessione sui limiti della libertà di espressione e di irrisione. In essa, non è incluso il diritto di dissacrare la religione e le credenze altrui. Fa male pensare che tutto questo viene proprio da chi, da sempre, lotta contro la discriminazione, da chi l’ha provata, storicamente, sulla propria pelle, da chi, giustamente, chiede rispetto ma poi, per primo, non lo concede. Peraltro, ciò avviene alla luce delle aperture di Papa Francesco e della Chiesa che, sappiamo, giudica il peccato, mai il peccatore. Ormai si assiste sempre più spesso ad una forma di discriminazione al contrario. Persino gli stilisti Dolce e Gabbana, omosessuali dichiarati, ma contrari al matrimonio e all’adozione per le coppie dello stesso sesso, sono stati fatti oggetto di pesanti critiche e richieste di boicottaggio, come avvenne per l’industriale Barilla, a proposito del rispetto delle opinioni altrui tanto predicato. Ormai è la famiglia fondata sul matrimonio e aperta naturalmente alla vita il vero oggetto di discriminazione. Persino dal punto di vista fiscale! Da un paio di anni, ormai, si sta discutendo del decreto Scalfarotto, che punisce severamente manifestazioni ed affermazioni omofobiche e transfobiche. Anche definire la famiglia “naturale” o “tradizionale” potrebbe costare severe punizioni. E le manifestazioni cattofobiche? Chi le tutelerà? La libertà del singolo finisce laddove reca danno ad un altro: è un principio basilare della vita in società, quello che stabilisce la differenza fra lo stato di natura e lo stato civile. Questa volta si è davvero superato il limite. Se fosse stata una Associazione cattolica ad irridere l’omosessualità, cosa sarebbe successo? È ora di finirla con l’idea del cattolico che deve tacere e porgere l’altra guancia. Non si può più ignorare questa deriva. Inoltre, riportando il discorso su un piano molto meno spirituale, non si applica, in questo caso, il principio del circolo privato, in cui i soci possono fare ciò che vogliono “a casa loro”: anche questo tipo di autonomia termina laddove vengono utilizzati soldi pubblici per finanziare simili attività. Soldi che vengono sottratti agli anziani, ai disabili, ai poveri, alle famiglie, ai veri emarginati di una città come Bologna, che è sempre stata la prima, in Italia, a portare avanti in modo molto concreto le battaglie per i diritti delle persone omosessuali. Ci auguriamo, di fronte alle vere emergenze del nostro tempo, ovvero le nuove povertà, i padri di famiglia che hanno perso il lavoro, i giovani disoccupati e che non riescono ad inserirsi nel mercato del lavoro, i piccoli imprenditori schiacciati dalla crisi, gli anziani sempre più poveri e soli, che le risorse messe a disposizione per simili manifestazioni di non-cultura possano essere finalmente impiegate per una società più giusta e per restituire dignità a chi l’ha persa».

Così il Presidente provinciale delle Acli di Bologna, Filippo Diaco, riguardo la vicenda delle foto blasfeme scattate durante la serata denominata “Venerdì credici” nel Circolo “Il Cassero”.