Nel corso della notte, con un’operazione condotta in Emilia Romagna, Lombardia, Calabria e Lazio, oltre 300 Carabinieri dei Comandi Provinciali di Modena, Parma e Reggio Emilia e del Raggruppamento Operativo Speciale, supportati da elicotteri ed unità cinofile, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare – emessa dal GIP dott. Alberto Ziroldi del Tribunale di Bologna su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia – nei confronti di 9 soggetti, ritenuti appartenenti o “fiancheggiatori” della ‘ndrangheta emiliana, attiva segnatamente nelle province di Reggio Emilia, Parma, Piacenza e Modena ed operante anche in quelle di Verona, Mantova e Cremona.

Imponente il volume dei sequestri patrimoniali eseguiti, che – come hanno fatto emergere gli accertamenti del R.O.S. – supera i 330 milioni di euro. Diverse decine le perquisizioni effettuate, anche a carico di liberi professionisti.

I provvedimenti scaturiscono da un’articolata attività investigativa, coordinata dal Procuratore Capo Roberto Alfonso e dai Sostituti Marco Mescolini e Beatrice Ronchi, sviluppata in prosecuzione dell’indagine “ÆMILIA” che aveva consentito di individuare e disarticolare l’organizzazione criminale di stampo ‘ndranghetista con epicentro a Reggio Emilia, collegata alla cosca “GRANDE ARACRI” di Cutro (KR), evidenziandone – tra l’altro – la capacità d’infiltrazione in vari settori dell’economia locale (come è noto, infatti, il 28 gennaio scorso l’operazione aveva portato all’arresto di 117 persone su 224 indagati).

L’attuale sviluppo investigativo ha aggiornato il quadro delle illecite strategie imprenditoriali del gruppo, dimostrando che l’articolazione ‘ndranghetista emiliana – strutturalmente autonoma rispetto alla cosca cutrese di cui costituisce derivazione storica – aveva costituito società fittiziamente intestate a terzi, nelle quali conferire ingenti somme di denaro e altre utilità derivanti dai reati fine del sodalizio mafioso, nonché provviste illecite direttamente riconducibili al noto G.A.N. (già detenuto e destinatario di una nuova misura cautelare).

Il provvedimento odierno conseguentemente colpisce alcuni sodali al centro dell’attività di reimpiego, le aziende infiltrate e i relativi prestanome.

Le misure personali previste dall’ordinanza:

– custodia cautelare in carcere per G.A.N., 56 anni, nato a Cutro; D.A., 48 anni, nato a Cutro; B.M., 48 anni, nato a Locri (RC) e V.G. 60enne nato a Reggio Emilia;

– arresti domiciliari per B.D.,24enne nato a Locri; D.J., 25enne nata a Parma; S.F., 25enne nato a Guastalla (RE), P.P.60enne nata Montecchio Emilia (RE) e A.I.A., 65enne nato ad Alessandria d’Egitto.

Tutti indagati, a vario titolo e in concorso tra loro, per il reato di cui all’art.12 quinquies L. 356/92 (trasferimento fraudolento di valori), con l’aggravante di cui all’art.7 L.203/91 per aver agito al fine di agevolare l’attività dell’associazione mafiosa.

Agli indagati D.A., V.G. e P.P. è altresì contestato l’art.648 ter c.p. (impiego di denaro, beni o utilità di illecita provenienza), con l’aggravante di cui all’art.7 L.203/91 per aver agito al fine di agevolare l’attività dell’associazione mafiosa.

La misura cautelare ha inoltre disposto il sequestro preventivo delle seguenti società di capitale e di tutti gli elementi patrimoniali connessi (quote societarie, beni strumentali, conti correnti ed autorizzazioni all’esercizio dell’attività concesse dalle Autorità competenti, ecc.): un consorzio con sede in Brescello (RE); due Srl con sede in Montecchio Emilia (RE); una con sede in Roma; un’azienda con sede a Birzebbuga (Malta); tre immobiliari con sedi rispettivamente a Reggio Emilia, Parma e Modena e una ditta di costruzioni con in Brescello, tutte riconducibili a D.A., nonché di una discoteca sita in Parma, riconducibile a B.M..

L’interesse diretto di G.A.N. è emerso in relazione alle S.r.l. con sede a Montecchio, a quella romana e all’azienda con sede a Birzebbuga.

In sintesi, dalle indagini sono emersi ulteriori significativi elementi circa la posizione apicale rivestita, tra gli altri, da D.A., collettore di risorse economiche provenienti anche dalla cosca calabrese che faceva confluire in diverse società operative nel settore degli appalti, non solo privati.

Tra le società oggetto del sequestro spiccano le tre S.r.l. soggette al potere di direzione gestionale e di impulso economico-finanziario di D.A., il cui consenso era indispensabile  per le decisioni di rilievo sostanziale adottate dagli organismi societari. Nel caso dell’azienda con sede a Malta, D.A. risulta addirittura formalmente coinvolto nell’attività di gestione, probabilmente convinto di potersi sottrarre all’eventuale aggressione patrimoniale da parte degli organi di giustizia italiani.

I collegamenti tra le società e la loro riferibilità ad un unico soggetto economico sono oltremodo avvalorati da significativi flussi finanziari, flussi gestiti con la complice cointeressenza dei prestanome  V.G. e P.P., pienamente a conoscenza della riferibilità delle società a D.A. e anche, per il suo tramite, a G.A.N.

Le attività di p.g. hanno riguardato anche la posizione di B.M., inserito ai vertici nella medesima compagine criminale, anch’egli emerso come referente di attività economiche di derivazione illecita. Pure rileva, dopo il suo arresto, la persistente gestione delle sue attività da parte di terzi come A.I.A..

Le condotte dei prestanome B.D., A.I.A., D.J. e S.F. sono state connotate da attualità ed univocamente protese alla prosecuzione delle attività imprenditoriali.
Nel contesto delle indagini erano già stati registrati chiari segnali di preoccupazione da parte di D.A. che temeva di subire un sequestro patrimoniale, segnatamente in concomitanza con il sequestro dei beni di G.A.F., fratello di G.A.N., eseguito nel novembre 2013 e qualche giorno fa giunto a confisca.

Nel contesto dell’operazione è stata anche eseguita una misura di prevenzione patrimoniale a carico di V.P., anch’egli arrestato in gennaio nell’operazione “ÆMILIA” per associazione di tipo mafioso, fittizia intestazione di beni, riciclaggio ed altri reati dalla finalità mafiosa. Il provvedimento, che integra un precedente sequestro beni per 9 milioni di euro eseguito dal R.O.S. il 24 febbraio 2015, ha colpito ulteriori 2 aziende (una impresa edile operante nel territorio di Reggio Emilia e Crotone, e un’altra S.r.l., collegata agli stessi operatori economici), 54 beni immobili, 12 autoveicoli e 20 tra rapporti bancari e finanziari. L’indagine patrimoniale, anche in questo caso, ha accertato l’illecito accumulo di ricchezze e i tentativi del V.P. di dissimulare le disponibilità economiche per eludere l’applicazione delle misure di prevenzione di carattere patrimoniale previste dalla normativa antimafia.