agricoltura_2I dati sul calo dei prezzi al consumo dei prodotti alimentari che, in un anno, hanno ceduto lo 0,3%, con i prodotti “freschi” a guidare le decrescita, si devono moltiplicare se si guarda a monte della filiera. Nello stesso intervallo temporale, cioè a marzo, il processo di deflazione dei vegetali freschi (-10,6%) certificato dall’Istat, aumenta notevolmente se si guarda alla fase agricola. Così l’Ufficio Studi della Cia-Agricoltori italiani sulla situazione dei prezzi agricoli.

La flessione al consumo del 10,6% infatti -spiega la Cia- si deve moltiplicare per tre se si considerano i prezzi all’origine dei pomodori; per cinque nel caso delle zucchine e per più di sei nelle melanzane. Per ogni euro in meno del carrello della spesa ortofrutticola, i produttori di arance ne hanno persi oltre quattro, senza trascurare gli altri cali della frutta (in primis fragole e kiwi) e dei prezzi del latte, mai così bassi negli ultimi anni. Questo, si traduce evidentemente anche in situazioni inverse rispetto a quelle citate, ovvero variazioni di prezzo, di segno positivo, lungo la catena del valore.

“Il quadro che emerge -commenta il presidente nazionale della Cia, Dino Scanavino- certifica la sofferenza delle imprese agricole che, con i prezzi di vendita dei loro prodotti, sempre più raramente riescono a coprire le spese di produzione. È urgente che il divario di prezzo nei vari passaggi della filiera venga colmato”.

Un obiettivo, osserva Scanavino, “che passa necessariamente attraverso il riconoscimento del ruolo centrale dell’agricoltura all’interno delle dinamiche settoriali e di filiera. Nella convinzione che quanto prima ciò si realizzerà, tanto prima l’intero sistema agroalimentare Made in Italy ne trarrà beneficio in termini di crescita competitiva e di maggior protagonismo nel mondo”.