mostra-ospedaleSono passati trent’anni dalla notte del 26 aprile 1986 quando il reattore della centrale nucleare di Chernobyl esplose. L’umanità e la natura nell’arco di oltre 50 chilometri sono stati feriti in modo indelebile. Quel paesaggio spettrale di città abbandonate, strade deserte e campi incolti è testimonianza, ancora oggi, di un’apocalisse che si dilata nel tempo e nello spazio e ricorda al mondo intero che l’incidente è un capitolo tutt’altro che chiuso. Anche nel presente, infatti, Chernobyl continua a creare sofferenza, morte, paura. A partire dai problemi di sicurezza del “sarcofago” che chiude il reattore fino a quelli sociali e sanitari che coinvolgono drammaticamente milioni di persone.

In occasione di questa data simbolica l’Ospedale di Sassuolo ospita una mostra interamente dedicata a Chernobyl, portando all’attenzione del pubblico 12 fotografie del reporter Erik Messori. Immagini crude e senza filtri, quelle di “Chernobyl presente”, che immortalano gli effetti del disastro su persone e cose. La mostra, che sarà visitabile fino al 31 luglio, è stata organizzata anche per promuovere l’attività dell’associazione “Chernobyl” di Maranello, Fiorano, Formigine impegnata dal 1996 a ospitare i bambini provenienti dai luoghi contaminati. Per tutto il periodo della mostra, infatti, sarà allestito un punto informativo dell’associazione nella hall dell’ospedale.

“Con questo evento – spiega Bruno Zanaroli, Direttore Generale dell’Ospedale di Sassuolo Spa – vogliamo proseguire il percorso intrapreso da alcuni anni grazie all’impegno di VolontariArte che porta in ospedale l’arte e l’attualità, dando voce e spazio alle energie migliori nate sul nostro territorio. Con particolare attenzione al mondo del volontariato, partner prezioso anche per la sanità, fuori e dentro i luoghi di cura. Dopo la mostra “Niet problem” di Luigi Ottani, che ricordava il ventennale del disastro nucleare, le opere di Erik Messori sono un monito che arriva forte e chiaro: anche tenere viva la memoria è un modo per aiutare concretamente chi, come l’Associazione Chernobyl, è impegnata giorno per giorno a ricostruire sulle macerie”.

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La storia

La centrale ‘Lenin’ sarà completamente smantellata solo nel 2065. È stato il primo impianto nucleare sovietico costruito su suolo ucraino. I lavori presero il via nel 1970 per essere terminati sette anni più tardi.  Pripyat, la città più grande, è oggi un’ombra inquietante e senza vita. Dopo che 190 tonnellate di materiale radioattivo vennero espulsi nell’atmosfera, esponendo le persone ad una radioattività 90 volte maggiore di quella della bomba atomica di Hiroshima, tutto in queste terre si è “spezzato”. Tutto è stato abbandonato. Le vittime ufficiali del disastro sono state 65, ma negli anni otre 4mila persone sono morte per colpa di Chernobyl. Attualmente sono più di 5 milioni le persone che abitano su terreni contaminati.

 

L’autore

Erik Messori, classe 1973, è nato a Reggio Emilia e si occupa di foto-giornalismo e reportage su temi nazionali e internazionali con particolare attenzione alla dimensione “sociale”. Ha frequentato seminari di fotografia con Gianni Berengo Gardin e Josef Koudelka. I suoi lavori sono stati pubblicati anche da National Geographic, Vogue, CNN, Neue Zürcher Zeitung, Wired, The Guardian, Corriere della Sera e La Stampa. È iscritto all’Ordine Nazionale Giornalisti dal 2010. È co-fondatore del collettivo Capta, con esperienze in diversi teatri di conflitti e disastri naturali e definisce Chernobyl “il peggior posto dove ha lavorato, un luogo dove la percezione e la logica perdono il contatto con la realtà, dove gli effetti alteranti sono invasivi per gli uomini e per la natura”.

 

L’associazione

L’associazione “Chernobyl” di Maranello, Fiorano, Formigine è una Onlus nata nel 1996. È impegnata nella salvaguardia della salute dei bambini che sono in condizioni di difficoltà e in modo particolare di quelli provenienti dalle zone contaminate dall’incidente nucleare di Chernobyl e dalle zone del sud della Bielorussia. Ogni anno propone progetti di accoglienza per ospitare un gruppo di bambini dei territori contaminati presso alcune famiglie modenesi. Fino ad oggi sono state diverse centinaia i bambini ospitati per periodi di vacanze terapeutiche con l’aiuto di oltre 200 famiglie del territorio. L’associazione porta avanti anche diversi progetti di micro-cooperazione sul territorio bielorusso a sostegno di scuole e ospedali.

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