abbigliamentoInteressa anche i circa 5.000 addetti modenesi, in prevalenza donne (circa il 65% degli addetti), lo sciopero nazionale di 8 ore del settore tessile abbigliamento industriale di lunedì prossimo 21 novembre.
Lo sciopero è indetto dai sindacati di settore Femca/Cisl, Filctem/Cgil e Uiltec/Uil per il rinnovo del contratto nazionale scaduto a fine marzo ed è il primo, per questo motivo, dopo vent’anni. I territori dell’Emilia Romagna organizzeranno iniziative a livello locale in occasione delle sciopero tra le quali: presidi davanti alle aziende, assemblee pubbliche, conferenza stampa, ecc…
Il settore è particolarmente importante in regione dove occupa circa 40.000 addetti, per il 70% donne, ed è il terzo per ampiezza dopo il metalmeccanico e l’agroalimentare.
A Modena il distretto maggiormente interessato è quello di Carpi che conta sia molte piccole e medie aziende che realtà di ampie dimensioni e dove sono presenti marchi importanti come Liu Jo, Twin Set, Gaudì, Blufin, Via Delle Perle, Spazio Sei, ma anche Baroni di Concordia e G.A. Operations di Modena.

Sindacati e lavoratori contestano alla controparte confindustriale di Sistema Moda Italia, il tentativo di limitare drasticamente i diritti e il salario delle lavoratrici e dei lavoratori.
Alla piattaforma sindacale, l’associazione degli imprenditori ha infatti risposto con la richiesta di ridurre le ferie agli impiegati, di intervenire sui 3 giorni di carenza malattia già retribuito da molti anni al 50%, di recepire il Jobs Act nel CCNL riducendo le tutele a tutti i lavoratori, di limitare la fruizione della legge 104 per motivi di assistenza, di disconoscere il lavoro fatto negli ultimi anni tra le parti per l’aggiornamento degli inquadramenti.
Sul salario viene proposto un modello contrattuale che, rinviando i calcoli sull’inflazione all’anno successivo, non dà, all’atto della sottoscrizione, nessuna certezza economia. Tutto questo in una situazione in cui il  settore cresce al doppio del Pil italiano e anche in regione Emilia Romagna i dati relativi alle esportazioni e al valore aggiunto prodotto testimoniano quanto questa attività produttiva sia strategica nel complesso dell’industria manifatturiera.
Femca/Cisl, Filctem/Cgil e Uiltec/Uil hanno ritenuto inaccettabile questa impostazione che non permette di entrare nel merito dei problemi veri delle lavoratrici, dei lavoratori e delle aziende, concordando, con il rinnovo del contratto nazionale, le soluzioni più opportune per migliorare le condizioni di lavoro e di reddito dei dipendenti e, contemporaneamente, contribuire alla competitività delle imprese.