Alla presenza del presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, Reggio Emilia celebra i 221 anni del primo Tricolore. Primo momento della giornata, l’Alzabandiera, gli onori militari e l’inno nazionale in piazza Prampolini. Centinaia le persone presenti, nonostante il freddo e la mattinata nebbiosa. Quindi l’incontro con gli studenti nella Sala del Tricolore in municipio, con una lectio magistralis sui valori e i principi della Costituzione italiana, di cui ricorre il settantesimo anno. La mattina si è chiusa con gli interventi del premier e delle altre istituzioni al Teatro Ariosto. Arrivato in piazza, salutato da un lungo applauso della folla, il premier ha passato in rassegna gli schieramenti delle forze dell’ordine. Sul palco lo hanno atteso il ministro dei trasporti ed ex sindaco di Reggio Emilia Graziano Delrio e il presidente della regione Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini.

DISCORSO DEL SINDACO LUCA VECCHI AL TEATRO ARIOSTO

Signor Presidente del Consiglio, grazie, anzitutto, per aver accettato il nostro invito;

grazie per essere con noi oggi,

nella Giornata nazionale della Bandiera e 221’anniversario del Primo Tricolore, nato a Reggio Emilia il 7 gennaio 1797,

autorità civili, religiose e militari,

un saluto particolare al professor Alberto Melloni,

signore e signori;

il nostro pensiero e la nostra vicinanza in questa giornata vanno alla popolazione di Lentigione, messa a così dura prova dalla recente alluvione.

Il 7 Gennaio 1797, inizio’ a concretizzarsi qui a Reggio Emilia il primo passo di un sogno rivoluzionario: l’unità nazionale, il primo atto di un cammino ancora lungo verso l’approdo repubblicano.

Da quel giorno che sancì la nascita della Repubblica Cispadana e l’adozione del Tricolore come bandiera di uno Stato, per noi reggiani, così come per l’intero paese, quella bandiera e quei tre colori restano il simbolo della libertà e dell’unità di un popolo, rappresentano un ideale alto di eguaglianza e giustizia efficacemente statuito nella Costituzione.

La Costruzione appunto, entrata in vigore il 1 gennaio 1948, di cui ricorrono quest’anno i 70 anni.

Abbiamo voluto dedicare questa celebrazione proprio alla Carta fondamentale del nostro paese. Voglio ringraziare il professor Roberto Piumini per come in Sala del Tricolore ha poco fa raccontato a 120 bambini delle nostre scuole i principi fondamentali della nostra Costituzione.

E voglio anche dire che come già fece l’Amministrazione comunale in occasione dei 60 anni, dieci anni dopo procederemo alla stampa della Costituzione che invieremo agli studenti delle nostre scuole unitamente ad una ristampa delle leggi razziali del 1938, di cui ricorre l’80° anniversario e che codificarono la più totale deriva barbara e disumana del regime fascista e lo faremo perché, come per la Costituzione, pensiamo si debba prevenire, affrontare e superare una emergenza educativa e di consapevolezza che non di rado si manifesta su questi temi.

Gli anniversari infatti non servono solo per celebrare i momenti migliori, ma pure per riflettere sui momenti più bui e drammatici di una storia comune e non vi è dubbio che quelle leggi del 1938 che in un colpo solo sancirono come cittadini di serie B – anzi, degni di attenzione solo per la loro esclusione e poi eliminazione – oltre 47.000 ebrei rappresentano una delle pagine peggiori della storia unitaria.

Cento anni fa finiva anche la Grande guerra. L’Europa visse vent’anni di pace prima di precipitare nel terrore nazifascista, prima di diventare luogo delle più grandi atrocità che la storia contemporanea abbia saputo immaginare e realizzare.

Quell’Europa uscì dalla seconda guerra mondiale, grazie all’antifascismo, alla Resistenza – che è stata un grande fatto unitario europeo – grazie a chi come Altiero Spinelli da Ventotene seppe immaginare una nuova idea d’Europa, grazie alla statura dei grandi leader democratici del tempo e grazie soprattutto a un unico grande popolo europeo che liberò gli Stati nazionali e ci consegnò i fondamentali del costituzionalismo contemporaneo.

“….quei morti che noi conosciamo ad uno ad uno – diceva Piero Calamandrei – caduti nelle nostre file, nelle prigioni e sui patiboli, sui monti e nelle pianure, nelle steppe russe e nelle sabbie africane, nei mari e nei deserti, da Matteotti a Rosselli, da Amendola a Gramsci, fino ai giovinetti della resistenza…

….. sono morti senza retorica,……. come se si trattasse di un lavoro quotidiano da compiere: il grande lavoro che occorreva per restituire all’Italia libertà e dignità. Di questo lavoro si sono riservata la parte più dura e più difficile; quella di morire, di testimoniare con la resistenza e la morte la fede nella giustizia. A noi è rimasto un compito cento volte più agevole; quello di tradurre in leggi chiare, stabili e oneste il loro sogno: di una società più giusta e più umana, di una solidarietà di tutti gli uomini, alleati a debellare il dolore….”

Il Tricolore, la Repubblica e la Costituzione sono tre passaggi coerenti e conseguenti di costruzione di un grande paese e di un nuovo spirito patriottico.

Reggio Emilia ha avuto un ruolo importante nel processo costituente.

“Donde è nata la Costituzione”, si chiedeva Giuseppe Dossetti.

“La Costituzione è nata ed è stata ispirata da un grande fatto globale che sono i sei anni della seconda guerra mondiale. Ed è stato quel grande fatto umano, sosteneva Dossetti, a porre le basi perché un largo consenso nella Costituente ispirasse una tale Costituzione.

Dossetti ribaldì più volte i quattro fondamentali risultati che la Costituente riuscì a conferire alla nuova Carta.

L’Indivisibilità del popolo italiano e conseguentemente della Repubblica;

Il principio personalistico che afferma la centralità della persona, dei suoi diritti dei suoi doveri,della sua dignità;

Il ruolo e la legittimazione costituzionale dei corpi intermedi;

e infine la separazione dei poteri come cardine dell’equilibrio dello Stato di Diritto”.

Alla Costituzione contribuì pure una giovane donna reggiana di soli 26 anni, che in quel momento incarnava e rappresentava più di altri il significato di un’altra grande conquista, il suffragio universale ed il diritto di voto alle donne.

Nilde Iotti ci richiamò più volte, nella sua lunga esperienza politica che la portò anche alla presidenza della Camera, al significato di quell’articolo 3 che meglio di tante altre Costituzioni al modo seppe statuire il principio di libertà, di eguaglianza in modo prescrittivo, attribuendo allo Stato un concreto impegno in questo senso.

E non può certo essere dimenticato il contributo di Meuccio Ruini, che fu presidente della Commissione dei 75 incaricata di scrivere il testo della Carta.

Ruini venne trasversalmente riconosciuto come figura decisiva nelle mediazioni e negli accordi che segnarono quei lavori e di lui si è più volte ricordato la lucida valutazione che lo portò ad enfatizzare e spiegare il senso e il significato dell’articolo 1: “La Repubblica fondata sul lavoro”, che riconosceva nel rapporto tra la persona e il lavoro le basi di una civiltà, il presupposto per la piena realizzazione della personalità e della dignità della persona.

Ciò che rende viva la nostra Costituzione ogni giorno di più nei suoi principi fondamentali è anche l’invito che implicitamente ci trasmette ad essere cittadini partecipi e responsabilmente consapevoli, perché è nel contesto di una cittadinanza attiva che possiamo dare concretezza ai suoi principi fondamentali.

Ciò che ogni cittadino può fare ogni giorno nel suo piccolo è tanto importante quanto ciò che doverosamente, ogni giorno, devono fare tutte le istituzioni con i loro massimi rappresentanti.

La nostra Costituzione non ha interpretato l’idea di cittadinanza come mera appartenenza ad uno Stato, ma come base per sviluppare diritti umani, libertà, doveri e responsabilità. Qualcosa di più di uno status, piuttosto una sorta di patrimonio della persona.

La legislatura che si chiude ha fatto fare significativi passi in avanti al nostro paese nella vita economica, sociale e culturale ed in particolare nell’ambito dei diritti delle persone. È’ un peccato, lo devo dire con una certa amarezza, che qualcuno si sia assunto la responsabilità di uscire dall’aula del Senato derubricando in quel modo lo Ius soli, decidendo di continuare a tenere il nostro paese un passo indietro rispetto a tutte le democrazie del mondo.

Papa Francesco ci ha recentemente ricordato l’importanza di riconoscere che l’altro è anzitutto una persona e ciò significa valorizzare ciò che mi unisce a lui. L’essere persone ci lega agli altri, ci fa essere comunità.

È il legame tra una certa idea di cittadinanza e la dimensione della comunità che in tutte le Costituzioni europee riesce ad affermare il principio della centralità della persona e della piena affermazione della sua dignità.

Le parole di Robert Kennedy, pronunciate a Capitol Hill nel 1966, al di là del tempo, sono a noi molto vicine: diceva che il principale problema “è la distruzione del senso, e spesso della realtà, della comunità, del dialogo umano, delle migliaia di fili invisibili dell’esperienza e dell’impegno comune, dell’affetto e del rispetto che uniscono gli uomini ai loro simili. È ciò che si esprime con termini come comunità, vicinanza, orgoglio civico, amicizia. È ciò che procura quella forza sostentatrice che è il calore umano, il sentirsi sicuri in mezzo agli altri, e la consapevolezza che il proprio significato come uomini risiede nel piacere dello stare insieme e della fratellanza”.

A distanza di settant’anni, senza presunzioni e tanto meno velleità esaustive, un popolo, compresa una città, può chiedersi se e in che misura siano stati all’altezza dei principi costituzionali.

Noi pensiamo che Reggio Emilia lo sia stata, in particolare nella misura in cui questa città non è mai stata al balcone ad aspettare gli eventi, ma ha sempre cercato di andarvi incontro, di rendersi protagonista come comunità, come popolo, come esperienza collettiva nella costruzione del proprio futuro e del proprio tempo.

La centralità della persona come cardine di una idea matura di cittadinanza attiva e la dimensione di comunità come capacità di convivere dentro un sistema di valori condiviso è un tratto, quasi antropologico, dei reggiani, del loro modo di essere e vivere.

Lo è stata nel 1797 quando una generazione di giovani patrioti emiliani attivarono qui il primo passo di un lungo percorso verso il sogno repubblicano.

Lo è stata nel lungo periodo antifascista, nella lotta di resistenza che gli è valsa la Medaglia d’oro al valore militare, lo è stata nel contributo alla Costituente.

La città dei fratelli Cervi e dei ragazzi del 7 Luglio 1960 ha vissuto con protagonismo tutti i grandi passaggi che hanno segnato le esperienze collettive di emancipazione femminile e operaia del Novecento.

Lo è stata nello sforzo, nel genio e nell’intraprendenza di tanti imprenditori che hanno fatto del modello produttivo emiliano un nostro tratto distintivo nel mondo.

Lo è stata anche in quella straordinaria esperienza collettiva che ha visto nascere le nostre Scuole dell’infanzia e che con un certo orgoglio vediamo finalmente riconosciuta nell’approvazione della nuova legge sullo zero-sei anni.

Abbiamo alle spalle dieci anni difficili dove la crisi economica ha evidentemente segnato e cambiato la nostra società. Ma abbiamo anche il dovere dell’orgoglio e della consapevolezza, per come tra tante fatiche, tra sofferenze sociali che permangono, stiamo uscendo più forti, cambiati e consapevoli delle opportunità che dobbiamo cogliere. Ne sta uscendo Reggio, ne sta uscendo la nostra regione, che per dinamica economica, qualità dei servizi alla persona, attrattività e innovazione si configura ormai come una delle realtà più dinamiche d’Europa, profondamente trasformata dalle sollecitazioni di questi anni, tanto da riscrivere alcuni dei significati fondamentali di un nuovo New Deal emiliano-romagnolo.

Quei principi che in 70 anni hanno accompagnato la Costituzione sono innervati nelle tante realizzazioni contemporanee di questa città.

La stazione dell’Alta velocità così come il Core-Centro oncologico ed ematologico d’avanguardia nella cura e nella ricerca, le nostre Scuole, i nuovi progetti culturali rivolti alla città e aperti al mondo, il Parco Innovazione, le nuove modalità di Partecipazione e co-progettazione nei quartieri.

Nel tempo in cui la paura rischia di essere vissuta come il sentimento dominante, è legittimo chiedersi quale sia la strada per ritrovare una fiducia collettiva.

Quel filo in cui i valori della Costituzione si legano alle realizzazioni contemporanee è ciò che serve a richiamare un giusto senso di orgoglio e consapevolezza.

Credo che quel filo abbia – più che mai nel nostro Paese – alimento vitale e forti legami nelle città, nel Civismo e nella appartenenza di Cittadinanza.

Perché oggi siamo ciò che siamo in virtù di ciò che siamo stati.

Perché come disse Albert Einstein ci possono essere tante penne per scrivere il futuro ma non ci sarà mai una gomma per cancellare la memoria.

Abbiamo iniziato questa mattina in Sala del Tricolore leggendo la Costituzione ai bambini delle nostre scuole primarie.

I bambini, i nostri figli, il loro e il nostro futuro: poche città al mondo hanno saputo costruire una cultura dell’infanzia come Reggio Emilia. In un’epoca in cui c’è chi alza i muri della paura e opera per abbattere i ponti della fiducia e della speranza tra le persone, Carissimi, mai come oggi, in tutto il mondo, da Reggio Emilia all’Australia fino in Cina, partire dai bambini, dai loro diritti, dalla loro educazione, per delineare e costruire le basi dei cittadini di domani, significa credere in un messaggio di grande potenza, la base etica e culturale di un nuovo umanesimo globale, capace di rilanciare fiducia e speranza nel futuro nostro e delle nuove generazioni.

Viva il Tricolore

Viva l’Italia

QUELLO DEL PRESIDENTE DELLA PROVINCIA, GIAMMARIA MANGHI

Benvenuto a Reggio Emilia, Presidente Gentiloni.

Ad accoglierLa, oggi, è una terra nuovamente chiamata ad affrontare un’emergenza, quella dell’alluvione provocata dal fiume Enza, che, nemmeno un mese fa, ha colpito Lentigione di Brescello. Nel celebrare il nostro Tricolore, simbolo dell’unità nazionale e dunque dell’appartenenza ad una vicenda comune, il nostro primo pensiero non può che essere rivolto a chi, in queste settimane, è in condizioni di difficoltà, ma sta, con determinazione e caparbietà, cercando di ripartire. E ripartirà, ne sono certo, perché anche in questa occasione la nostra comunità sta dimostrando quella prossimità agli altri e quella voglia di aiutare concretamente chi ha bisogno che hanno sempre contraddistinto Reggio Emilia. “Meglio essere in due che uno solo, perché se vengono a cadere, l’uno rialza l’altro” è scritto nel Qoelet: e qui, da sempre, nessuno viene lasciato solo.

La nostra vicinanza alla comunità di Lentigione non è rituale espressione di circostanza, ma si è da subito concretata nell’impegno comune di tanti reggiani e delle istituzioni che li rappresentano nel garantire risorse umane ed economiche in grado di favorire una pronta ripartenza. Uno sforzo al quale hanno fornito un contributo fondamentale anche la Regione Emilia-Romagna ed il Governo da Lei presieduto che, proprio pochi giorni fa, dichiarando lo stato di emergenza, ha generato le condizioni per mettere a disposizione mezzi finanziari in tempi rapidi, innanzitutto per il ripristino delle condizioni di sicurezza dell’area interessata dall’alluvione.  Ora, è altrettanto indispensabile chiedere da subito che il Governo che si costituirà a seguito delle prossime elezioni politiche si adoperi per garantire il necessario accompagnamento, anche economico, finalizzato al ristoro dei danni subiti e alla ripartenza dei privati, siano essi cittadini o imprese.

Ritengo doveroso rimarcare questa autentica e fattiva collaborazione tra le diverse articolazioni della Pubblica Amministrazione, perché se il Tricolore – di cui oggi celebriamo il 221° anniversario della nascita – rappresenta l’Italia, non va  dimenticato che la nostra Repubblica vive quotidianamente attraverso le istituzioni che la costituiscono e che ognuno di noi – impegnandosi in prima persona o attraverso il contributo espresso attraverso la partecipazione alle consultazioni democratiche – è chiamato a determinare, in base a quella Costituzione di cui proprio dieci giorni fa abbiamo celebrato i 70 anni, nel rispetto del “suo patrimonio, di valori, di principi, di regole, che costituiscono la nostra casa comune”, come ci ha ricordato il Presidente della Repubblica Mattarella nel suo discorso di fine anno.

Siamo appunto alla vigilia di nuove elezioni politiche e ritengo giusto esprimerLe gratitudine, Presidente Gentiloni, per la serietà e la competenza con le quali ha onorato il gravoso incarico a cui è stato chiamato in quest’ultimo anno. E per l’attenzione che il Suo Governo ha assicurato al nostro territorio. In particolare, considero un atto di verità evidenziare un dato oggettivo che ci ha riguardato, al quale tengo particolarmente: i rilevanti finanziamenti riconosciuti a favore della sicurezza degli edifici scolastici di ogni ordine e grado che non hanno epigoni, almeno recenti. Stanziamenti che hanno permesso e permetteranno nei prossimi mesi alla Provincia e a tanti Comuni reggiani di adeguare e migliorare tanti tra i luoghi più cari a questa comunità, le scuole appunto, in virtù della profonda e riconosciuta sensibilità in campo educativo che ci contraddistingue.

Ma nell’approssimarsi di una nuova consultazione elettorale, non posso esimermi anche dall’auspicare una netta inversione di tendenza rispetto a un dato fortemente negativo che ha purtroppo accompagnato le ultime tornate di elezioni. La costante flessione partecipativa in termini di votanti a cui da troppo tempo stiamo assistendo è, infatti, sintomo di quella indifferenza alla politica che, come ci ammoniva Piero Calamandrei, rappresenta una offesa ad una Costituzione, la quale ha invece bisogno dell’impegno, dello spirito e della volontà di ognuno di noi, a partire dai nostro giovani. Ho avuto spesso il privilegio e la responsabilità – prima come insegnante, ora in virtù del mandato che pro tempore sono chiamato a ricoprire – di dialogare con gli studenti. Non mi stancherò mai di invitarli, pur nella complessità e nelle difficoltà di queste stagioni, a essere protagonisti, ad aver voglia di esprimere opinioni e di impegnarsi attivamente in prima persona, non limitandosi all’esercizio pur legittimo della critica. E, soprattutto, a non rinunciare mai al loro diritto di voto. Non solo perché, come la stessa Costituzione ci rammenta, esercitarlo è un dovere civico. Non solo perché disertare le urne significa non onorare la memoria dei tanti uomini e donne, compresi molti giovani, che anche in questa terra hanno sacrificato la loro vita per consegnarci la libertà e la democrazia. Ma soprattutto perché un migliore rapporto tra cittadini e istituzioni dipende proprio da quanto ognuno di noi intende avvalersi o meno degli strumenti democratici per mutare positivamente le cose.

Ritwitto dunque idealmente l’“evviva” con il quale Lei ha ricordato i 70 anni della promulgazione della Carta Costituzionale, auspicando una partecipazione al voto all’altezza di questo significativo anniversario ed un esito che garantisca un Governo stabile, in grado di  assicurare al nostro Paese quelle politiche – anche fortemente riformatrici – indispensabili al perseguimento del benessere collettivo.

Politiche che riducano sempre di più le diseguaglianze e che abbiano al centro quel lavoro che – nonostante i positivi dati occupazionali reggiani ed emiliano-romagnoli – continua a mancare a troppi nostri giovani e che non pochi hanno perduto e non ancora ritrovato. Politiche che sappiano sostenere e stimolare innovazione e qualità tanto nell’impresa privata quanto nel settore pubblico, a partire da quella stessa architettura istituzionale attraverso la quale, come ricordavo poc’anzi, si invera la nostra Repubblica.

A questo proposito, è ancora vivo ed attuale il tema delle Province, per le quali – nella Legge di bilancio 2018 – si sono registrati, rispetto a un anno fa, alcuni oggettivi elementi di positività, in particolare per quanto attiene, almeno in parte,  l’attribuzione di risorse, umane e finanziarie, indispensabili per la gestione della quotidianità e per garantire la sicurezza dei nostri cittadini nelle scuole e sulle strade. Ma resta ineludibile per la prossima legislatura parlamentare definire in tempi rapidi per questi enti un profilo istituzionale definitivo, correlato e funzionale all’articolazione complessiva dello Stato, per portare a compimento il cammino di riforma intrapreso nel 2014.

E vi è, ancora, la questione di una maggiore autonomia, ormai posta all’ordine del giorno da tutto il Nord Italia. A tal proposito, credo che un altro bel modo di celebrare il Tricolore sia avere presente stamane, insieme a Lei, il Presidente della Regione Stefano Bonaccini, con il quale lo scorso ottobre ha firmato la dichiarazione d’intenti che ha formalizzato l’avvio di un percorso finalizzato a riconoscere all’Emilia-Romagna forme e condizioni particolari di autonomia.

Un cammino serio, concreto, credibile – nel solco della via maestra indicata dalla Costituzione attraverso l’articolo 116 – al quale si stanno unendo anche altre Regioni, comprese quelle che avevano optato per differenti iter finalizzati al medesimo approdo.  Ancora una volta l’Emilia-Romagna si conferma dunque espressione propulsiva e innovatrice del nostro Paese: l’auspicio è che il confronto avviato con il Governo possa produrre un esito positivo per l’ordinamento repubblicano e per l’Emilia-Romagna la quale, attraverso una maggiore autonomia legislativa e finanziaria, potrà ulteriormente valorizzare le specificità di un territorio virtuoso e con i conti in ordine, assicurando equità e crescita ai cittadini, con riverberi positivi per tutti.

Questo – anche se potrebbe parere superfluo ricordarlo proprio qui e proprio oggi, nella ricorrenza del 221° anniversario della nascita del nostro Tricolore, simbolo di identità ed unità nazionale – senza alcuna velleità di respiro separatista. L’Italia, infatti, deve essere come la società propugnata da Seneca, “molto simile a una volta di pietre: cadrebbe, se le pietre non si sostenessero reciprocamente”.

Viva il Tricolore !

Viva la Repubblica !

Viva l’Italia !

L’INTERVENTO DEL PRESIDENTE DELLA REGIONE, STEFANO BONACCINI

La celebrazione del Tricolore (“una bellissima bandiera che ogni volta che la guardiamo ci emoziona”) e dei 70 anni della Costituzione (“per molti la più bella del mondo”), il valore dell’unità nazionale, ma anche l’esempio offerto dall’Emilia-Romagna in molti campi della vita civile, sociale ed economica, l’impegno per far ripartire le aree della regione colpite dalla recente all’alluvione, insieme alla richiesta di un’Europa meno burocratica e più attenta alla crescita e alla solidarietà.

Sono i punti chiave dell’intervento del presidente della Regione Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, questa mattina a Reggio Emilia per le celebrazioni del 221° anniversario del Tricolore, alla presenza del presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, del Ministro alle Infrastrutture Graziano Delrio, del sindaco, Luca Vecchi, del presidente della Provincia, Giammaria Manghi e allo storico Alberto Melloni.
“È un onore– ha esordito Bonaccini- essere qui a celebrare questa bellissima ricorrenza, che cade proprio in occasione del 70° anniversario della Costituzione italiana, i cui valori di fondo come Regione ci impegniamo a far valere, a partire dal grande lavoro messo in campo per garantire alcuni diritti inalienabili alle persone, come il diritto all’istruzione, alla salute, al lavoro”.
“Questa terra- ha ricordato il presidente- ha dato un contributo importante all’Unità d’Italia. La terra dei fratelli Cervi, di don Dossetti e dei tanti che hanno messo a repentaglio la propria vita e quella dei loro cari per dare a tutti noi un traguardo di libertà, di pace e di democrazia”.
C’è quindi il grande tema della memoria, che non è solo celebrazione, “e vado orgoglioso che questa Regione abbia approvato una legge sulla memoria del ‘900, nel solco dei valori della Costituzione, che ogni anno mette a disposizione risorse in favore di chi si impegna per la diffusione della memoria e della nostra storia”
Come fare per garantire l’agibilità dei diritti sanciti dalla Costituzione? Per il presidente della Regione è basilare l’impegno della Regione stessa a garantire “quei diritti inalienabili per le persone, come la salute, il lavoro, l’istruzione. E lo stiamo facendo, con risultati che sono sotto gli occhi di tutti”.
Soffermandosi in particolare sul tema del lavoro, Bonaccini ha ricordato – evidenziando che il lavoro è dignità – i risultati conseguiti anche grazie al “Patto per il Lavoro” siglato con tutte le forze sociali, cioè aver riportato in tre anni la disoccupazione al 6% dal 9%. “ma non ci accontentiamo. Il nostro impegno è di centrare il traguardo della piena occupazione entro il 2020 in questa regione, come contributo alla crescita complessiva del Paese”.
Bonaccini è tornato anche sulla pre-intesa siglata nei mesi scorsi con il Governo per avere condizioni di maggiore autonomia per la Regione Emilia-Romagna. “Siamo convinti- ha ribadito- che sia giusto che le realtà più virtuose siano premiate, ma entro una cornice molto netta, che per noi è sacra: l’unità nazionale, contro ogni forma di egoismo e separatismo”.
Poi il ricordo della tragedia del terremoto del 2012, “il più drammatico dopo quello dell’Irpinia in termini puramente economici, perché ha fatto 13 miliardi di euro di danni. Un terremoto dal quale ci siamo rialzati, dando prova di grande forza a tutto il Paese”.
Ha richiamato, il presidente, anche le recenti alluvioni che hanno colpito Lentigione, Colorno, Campogalliano. “Noi – rivolgendosi idealmente ai rappresentanti delle popolazioni colpite – saremo sempre vicini a voi, per ripartire e per cancellare ogni danno che si è verificato nel corso di questi eventi”
Infine il richiamo ad un Europa – con un saluto e un ringraziamento per ciò che ha fatto al professor Romano Prodi, presente in sala – che è la dimensione dove si traguarda il futuro del Paese.
“Vogliamo fortemente l’Europa, anche se non ci piace quando è troppo burocratica e guarda solo al rigore e non alla crescita. Oppure quando gira in troppi casi lo sguardo dall’altra parte, mentre l’Italia è impegnata a salvare vite umane nel Mediterraneo”.
“Abbiamo l’orgoglio delle nostre radici- ha concluso il presidente – ma siamo anche molto attenti al bene comune. Agli studenti dico che la loro generazione è tra le poche che nella storia hanno avuto la fortuna di non conoscere la tragedia della guerra. L’Europa serve anche a questo, e dobbiamo batterci affinchè le risposte ai problemi non siano alzare muri ma, come dice Papa Francesco, costruire ponti”.