Ricercatori Unimore hanno analizzato le conversazioni di una ventina di gruppi NoVax e Provax presenti su Facebook. “Dopo aver visto un articolo scientifico su una delle più autorevoli riviste mediche internazionali in tema di vaccini – afferma il prof. Marco Furini, docente di informatica del Dipartimento di Comunicazione ed Economia di Unimore – che mostrava come negli ultimi anni in Italia al crescere delle conversazioni che parlano di vaccinazioni sui social media corrispondesse un deciso calo delle vaccinazioni, si è voluto capirne di più”.

L’analisi dei dati presenti nel social media per capire meglio la società in cui viviamo è un approccio sempre più utilizzato nel panorama mondiale. Non si cerca più solo di capire il sentimento delle persone, ma si cercano di individuare comportamenti, abitudini, opinioni.

“Abbiamo raccolto ed analizzato più di 200 mila commenti per un periodo compreso dal 2010 al 2017 – dichiara il prof. Marco Furini – con l’obiettivo di capire se nelle conversazioni vi fosse un sentimento prevalente. Ciò che abbiamo notato è che i ProVax parlano spesso di famiglia e sono molto più ansiosi dei NoVax. Al contrario, i NoVax parlano poco di famiglia, non sono ansiosi, parlano poco di corpo umano e di salute in generale. Inoltre, nelle loro conversazioni si parla molto meno di vaccini rispetto ai ProVax”.

Altra grande differenza che è emersa riguarda l’autorevolezza delle fonti di informazione: i NoVax vogliono consolidare ciò che stanno scrivendo facendo riferimento ad altri documenti, così che le loro conversazioni contengono il triplo dei riferimenti rispetto ai commenti ProVax. Analizzando in dettaglio però si scopre che sono pochi i riferimenti a documenti scientifici ufficiali, spesso si citano fonti che non hanno alcuna autorevolezza in materia come blog o pagine web personali.

“Crediamo che una delle ragioni – afferma Gabriele Menegoni, laureando Unimore del corso di laurea in Pubblicità, Comunicazione digitale e Creatività d’impresa – sia dovuta al fatto che i NoVax sono molto sicuri di loro stessi: non credono nei vaccini e non hanno paura delle malattie. E’ per questo che sono tranquilli e parlano di argomenti generici e non specifici. I ProVax sono molto più insicuri e questo genera ansia: hanno paura che la non vaccinazione possa arrecare danni ai loro famigliari”.

Il volume delle conversazioni sui social è aumentato moltissimo dopo l’approvazione della legge per l’obbligatorietà e, da altri studi, è emerso che basta la lettura di pochi commenti NoVax per instillare il dubbio che le vaccinazioni siano dannose.

“Il problema principale – proseguono i ricercatori Furini e Menegoni – è che le vaccinazioni lavorano in silenzio. Se funzionano non succede niente. Fa molto più scalpore una malattia che milioni di persone che evitano quella malattia. Inoltre, la vaccinazione è un tema di salute pubblica. Scegliere o meno di vaccinarsi non riguarda la singola persona, ma l’intera società. Se non mi vaccino posso arrecare danno ad altre persone. E’ come un ubriaco alla guida: non è pericoloso solo per sé, ma anche per gli altri. E’ per questo motivo che un tema così delicato andrebbe trattato da esperti del settore e non da chiunque. La nostra analisi mostra che lo scenario social non deve essere snobbato, ma deve essere sfruttato meglio per divulgare conoscenza. Altrimenti si rischia di lasciare che altri possano scrivere qualsiasi cosa. E’ necessario utilizzare il mondo social per chiarire l’argomento delle vaccinazioni, ma non si devono utilizzare linguaggi o documenti scientifici che pochi potrebbero comprendere. Al contrario, si deve utilizzare un linguaggio chiaro, semplice e trasparente”.

Lo studio sarà presentato a Orlando in Florida (USA) nel corso della conferenza internazionale “ACM/IEEE Social Sensing” nel prossimo mese di aprile.