È il quadro che emerge dall’indagine congiunturale relativa al secondo trimestre 2018 sull’industria manifatturiera, realizzata in collaborazione tra Unioncamere Emilia-Romagna, Confindustria Emilia-Romagna e Intesa Sanpaolo. L’incremento della produzione è riconducibile al ruolo di protagonista svolto da due settori: l’ampio aggregato delle industrie meccaniche, elettriche, mezzi di trasporto, assieme a metallurgia e lavorazioni metalliche. Chiara la correlazione positiva tra dimensione di impresa e andamento congiunturale.

La produzione in volume delle piccole e medie imprese dell’industria manifatturiera dell’EmiliaRomagna è cresciuta del 2,4% rispetto allo stesso periodo del 2017, con una lieve frenata rispetto ai tre mesi precedenti (che avevano fatto segnare un +2,7%).

In linea con la produzione è il fatturato, che nel secondo trimestre 2018 è aumentato del 2,5 per cento rispetto all’analogo periodo del 2017, subendo una lieve decelerazione rispetto al risultato del trimestre precedente (+2,8 per cento). Significativa la tendenza espansiva del fatturato estero (+3,9 per cento), con un aumento superiore a quello riferito al mercato interno e una accelerazione rispetto all’aumento del 3,2 per cento rilevato nel trimestre precedente.

Alla crescita di fatturato e produzione si è associato un andamento ancora positivo, ma più contenuto, del processo di acquisizione degli ordini che ha mostrato un aumento tendenziale del 1,8 per cento, quindi in frenata rispetto al trimestre precedente (+2,8 per cento).

Il grado di utilizzo degli impianti si è attestato a 78,1 per cento, dato lievemente inferiore al 78,5 per cento riferito allo stesso trimestre dell’anno precedente.

A determinare il ritmo di crescita sono sostanzialmente due settori: l’ampio aggregato delle industrie meccaniche, elettriche, mezzi di trasporto che ha registrato un aumento della produzione del 4,7 per cento, la più elevata, e un elevato incremento del fatturato (+3,6 per cento), trainato dalla componente estera (+5,6 per cento).

A seguire, l’industria metallurgica e delle lavorazioni metalliche che ha segnato l’incremento del fatturato più elevato (+3,9 per cento) in aumento rispetto al trimestre precedente, grazie alla componente estera (+4,9 per cento), e della produzione (+3,6 per cento).

L’andamento congiunturale degli altri settori è risultato nel complesso positivo. Bene il fatturato della piccola industria del legno e del mobile (+3,7 per cento) accompagnato dalla ripresa della componente estera (+3,5 per cento) anche se rallenta la produzione (+1,9 per cento).

Il gruppo eterogeneo delle “altre industrie” (che comprende chimica, farmaceutica, plastica e gomma, ceramica e vetro) ha realizzato una contenuta crescita della produzione (+0,7 per cento) e del fatturato (+1,2 per cento), sostenuto dalla parte estera (+1,8 per cento).

Nell’industria alimentare si riduce dell’1,0 per cento il fatturato nonostante la crescita dalle vendite all’estero rallenti soltanto (+2,4 per cento) mentre la produzione passa a un leggero rosso (-0,3 per cento).

In difficoltà il sistema moda che ha messo a segno un lieve aumento del fatturato (+0,7 per cento), ma ha subito un vero crollo della produzione (-3,3 per cento). Sulla base dei dati del Registro delle imprese, quelle attive dell’industria in senso stretto regionale a fine giugno risultavano 45.110 (pari all’11,2 per cento delle imprese attive della regione), con una diminuzione corrispondente a 265 imprese (-0,6 per cento), rispetto all’anno precedente.

Dato positivo per la base imprenditoriale regionale: per la prima volta dall’inizio del 2012 la variazione negativa si è ridotta al di sotto dell’uno per cento. Riguardo alla forma giuridica, aumentano solo le società di capitale, giunte a rappresentare il 37,5 per cento delle imprese.

Secondo l’indagine Istat, l’occupazione dell’industria in senso stretto dell’Emilia-Romagna ha chiuso il secondo trimestre nuovamente in aumento, giungendo quasi a quota 554 mila unità, con una crescita dell’8,4 per cento, pari a quasi 43 mila unità, rispetto allo stesso trimestre dell’anno scorso ben oltre la tendenza positiva nazionale (+3,7 per cento). La variazione ha trascinato l’andamento dell’occupazione complessiva in regione (+2,2 per cento, +45 mila unità).

Secondo i dati Istat relativi al commercio estero regionale, che prendono in considerazione le esportazioni effettuate da tutte le imprese che svolgono le operazioni doganali in regione, nel primo semestre 2018, le esportazioni di prodotti dell’industria manifatturiera hanno fatto segnare un ottimo aumento (+5,2 per cento), e sono risultate pari a quasi 30.651 milioni di euro. L’andamento, in leggero calo rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso (+6,4 per cento) per quanto riguarda le destinazioni, riflette la capacità di proporsi sui mercati europei (+6,7 per cento) ), in particolare dell’Unione (+7,3 per cento). Nell’area dell’euro, buona crescita sia sui mercati tedesco (+7,1 per cento), che vale il 12,6 per cento dell’export regionale, e francese (+6,3 per cento), che ne assorbe l’11,4 per cento. Oltre il perimetro dell’euro, prosegue il boom nel Regno Unito (+14,9 per cento), mentre nei mercati fuori dell’Unione europea, flettono le vendite in Russia e crollano in Turchia (-9,6 per cento), colpite dalla grave crisi economica e dalla svalutazione della lira. Più contenuta la crescita sui mercati americani (+3,9 per cento), sostenuta dagli Usa (+4,6 per cento). Lo stop sui mercati asiatici (+0,3 per cento) è avvenuto nonostante crescano rapidamente le esportazioni sia verso la Cina (+9,7 per cento), che in India (+9,2 per cento). La tendenza diviene positiva in Africa (+5,8 per cento) e si conferma una rapida espansione sui mercati dell’Oceania (+15,8 per cento).

Va osservato tuttavia che va diminuendo il numero delle imprese esportatrici. Solo il 43% delle imprese infatti esporta abitualmente. Le prime 5 imprese realizzano il 10% dell’export, le prime 100 quasi il 50%.

«A numeri ancora nel complesso positivi, si affiancano segnali che invitano alla cautela, dovuti sia al rallentamento del contesto internazionale che all’incertezza del quadro nazionale – afferma il Presidente di Unioncamere Emilia-Romagna, Alberto Zambianchi – La nostra si conferma una regione a forte vocazione manifatturiera e propensione all’export. Per mantenere il ruolo di locomotiva d’Italia si deve partire dalla solida base di un sistema economico, dove il legame territoriale è essenziale, che va aiutato a crescere con linee di azione precise su cui, come Camere di commercio, stiamo investendo da tempo competenze e risorse».

A metà del 2018 il credito bancario in Emilia-Romagna, secondo l’analisi della Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo, ha visto il proseguimento della dinamica positiva dei finanziamenti alle famiglie consumatrici mentre i prestiti alle imprese hanno consolidato i miglioramenti selettivi.

Numeri che confermano quanto emerso nel corso dell’analisi quadrimestrale del sentiment espresso da oltre 180 Gestori Imprese di Intesa Sanpaolo intervistati – nel corso di questa estate – sulle aspettative inerenti l’evoluzione degli investimenti delle imprese clienti nel 2018 e oltre. Indagine da cui si ottiene un quadro ‘a chiaro scuro’. Tinte positive si registrano soprattutto tra le imprese più grandi appartenenti ai settori agro-alimentare e manifatturiero ma anche all’high-tech, alla meccanica e al turismo. Soffre invece il comparto delle costruzioni che beneficia tuttavia degli incentivi, ormai in scadenza, collegati alle ristrutturazioni. Nondimeno un quadro a tinte scure, soprattutto in merito alla notevole incertezza geo-politica internazionale e alle conseguenti tensioni commerciali, come i dazi, che rischiano di smorzare la fiducia delle imprese e, conseguentemente, gli investimenti.

In particolare, nella prima del 2018 i prestiti alle imprese dell’industria hanno confermato il balzo del tasso di crescita registrato a fine 2017, crescendo al ritmo di circa il 5% a/a (al netto delle sofferenze), una dinamica che non si vedeva da metà 2011. L’andamento registrato in regione risulta più forte rispetto al modesto recupero emerso a livello nazionale. Al contempo, è proseguito l’incremento dei finanziamenti a medio-lungo termine destinati agli investimenti in macchine, attrezzature, mezzi di trasporto. In Emilia-Romagna la crescita di tale tipologia di prestiti (+4,7% a/a a giugno 2018) è in linea con la media nazionale (+4,6%). A livello provinciale, il trend dei prestiti per investimenti in macchinari è rimasto molto differenziato. In testa alla classifica delle province più dinamiche, Rimini e Modena hanno rallentato e ceduto il passo a Ravenna e Reggio Emilia. Anche Bologna ha mostrato un andamento più moderato rispetto a quanto registrato nella prima metà dell’anno precedente. Alcune province come Piacenza e Forlì-Cesena si sono confermate più deboli, altre, quali Ferrara e Parma, hanno mostrato segni di ripresa a giugno.

Una crescita robusta continua a caratterizzare lo stock dei prestiti alle famiglie consumatrici per acquisto abitazioni che nel 1° semestre hanno mantenuto un ritmo di circa il 2% a/a in Emilia- Romagna. Va evidenziato che nel 2° trimestre i flussi lordi di mutui residenziali sono tornati in aumento rispetto all’anno prima e in regione hanno mostrato una velocità superiore alla media nazionale (+12,2% a/a e +8,5% rispettivamente). Tale andamento è correlato con la crescita delle compravendite di immobili residenziali che si è ravvivata da fine 2017 e in Emilia-Romagna di recente è risultata più robusta del sistema nazionale (+8,8% a/a e +5,6% rispettivamente nel 2° trimestre). A livello provinciale gli stock di mutui sono quasi tutti in crescita nell’intorno del 2%, variando tra la dinamica del 2,8% a/a di Bologna e il 2,6% di Modena, gli andamenti nell’intorno della media regionale di Piacenza (2,3%), Parma (2,1%), Forlì-Cesena (2,0%) e Rimini (col +1,9%). Reggio Emilia si conferma su un ritmo più moderato (1,2%), a cui si è unita Ravenna (1,4%). Persiste la debolezza di Ferrara, che si è stabilizzata a giugno (0,1%), dopo 5 trimestri in negativo.

“L’Emilia-Romagna rimane uno dei motori principali della crescita del nostro Paese, tuttavia le sfide per il prossimo futuro non mancano, a cominciare dalla delicata situazione geo-politica internazionale e le conseguenti tensioni sui flussi commerciali”. – commenta Tito Nocentini, direttore regionale di Intesa Sanpaolo – “In questa edizione, abbiamo provato a sondare anche il punto di vista dei gestori che si occupano del mondo imprese. Ne è emersa una fotografia in ‘chiaroscuro’. La nostra è una regione dinamica che ha sempre continuato ad investire in innovazione e competitività. La costante crescita dei finanziamenti rivolti agli investimenti in macchine e attrezzature industriali, e quindi all’innovazione dei processi, con tassi in linea alla media nazionale, ne è la dimostrazione. Tuttavia, nonostante persistano condizioni favorevoli di accesso al credito, alcune tensioni internazionali rischiano di attenuare la fiducia degli operatori. In questo contesto, nel primo semestre 2018, Intesa Sanpaolo ha erogato in regione oltre 1,5 miliardi di euro, di cui 948 milioni di finanziamenti a medio lungo termine alle imprese e 405 milioni alle famiglie per mutui immobiliari”.

Continua la riduzione dei rischi del sistema bancario dell’Emilia-Romagna, come evidenziato dal considerevole miglioramento degli indicatori di qualità del credito. Il ritmo di emersione delle sofferenze delle imprese si è ridotto notevolmente anche nel 1° semestre 2018, tanto da scendere sotto la media nazionale. In dettaglio, il tasso di ingresso in sofferenza delle imprese è diminuito a 2,35% nel 2° trimestre, a confronto col 2,55% del dato nazionale, attestandosi al livello più basso dal 3° trimestre 2009. Per l’Emilia-Romagna il trend configura un calo di 2,1 punti percentuali rispetto al massimo registrato nel 1° trimestre 2016. Anche gli stock di sofferenze sono risultati ulteriormente in riduzione. Infatti, in Emilia Romagna le sofferenze delle imprese sono scese a luglio 2018 al 12,4% del totale dei prestiti al lordo delle rettifiche di valore, dal 15,5% di fine 2017 e dal massimo di 17,5% raggiunto ad aprile 2017, restando su valori più bassi della media nazionale (12,5% a luglio 2018).

«La nostra indagine sulle previsioni per la seconda metà del 2018 – dichiara il Presidente di Confindustria Emilia-Romagna Pietro Ferrari – evidenzia un deterioramento del clima di fiducia tra gli imprenditori, confermando i segnali di possibile rallentamento che si erano manifestati in primavera, dovuto ad una crescente incertezza delle condizioni di contesto e di mercato. Il raffreddamento delle aspettative è evidente nella serie storica dei saldi ottimisti/pessimisti, peggiorati rispetto ad inizio anno di circa 10 punti per quanto riguarda produzione e domanda, totale ed estera, e di 6 punti per l’occupazione».

Secondo l’indagine semestrale realizzata da Confindustria Emilia-Romagna – che ha coinvolto 429 imprese manifatturiere con 58 mila addetti e 21,3 miliardi di fatturato – il 38,8% degli imprenditori si aspetta un aumento di produzione e il 47,6% la stazionarietà. Positive ma in diminuzione le aspettative per la domanda totale: il 37,7% delle imprese prevede una crescita degli ordini, con maggiore cautela per gli ordini esteri previsti in aumento dal 34% delle aziende. Il mercato del lavoro registra una sostanziale stazionarietà: 3 imprenditori su 4 non si attendono variazioni, con un saldo ottimisti/pessimisti pari a +11, in calo rispetto ai +16,5 punti di inizio 2018.

«Il quadro incerto – commenta il Presidente Ferrari – condiziona le aspettative e le scelte delle imprese. Tra i fattori critici le previsioni sull’andamento dei tassi di interesse a partire dallo spread, il costo dell’energia, il rallentamento di alcune economie emergenti, i dazi e le guerre commerciali, le tensioni politiche in Europa e molte aree geografiche. Se oggi abbiamo comunque un trend di crescita è perché in questi anni una parte importante del sistema economico e territoriale del Paese è stato capace di costruire un solido sentiero di sviluppo. Questa è l’unica strada per generare crescita, lavoro e benessere: non ci sono scorciatoie».

«A fronte di un contesto così complesso – conclude il Presidente di Confindustria Emilia-Romagna Pietro Ferrari – occorre uscire dalla continua campagna elettorale, stare sui contenuti e sul merito delle questioni. È quello che caratterizza il nostro territorio, dove siamo abituati, con le Istituzioni, le forze politiche, i sindacati e la società in generale, ad un confronto di merito, con discussioni anche aspre, che nel rispetto delle diverse posizioni ha consentito di creare un ambiente più favorevole che altrove in cui investire, creare crescita e occupazione. Questo metodo di lavoro può essere riferimento utile per tutto il Paese, a partire dai provvedimenti in discussione. Mi riferisco alla Class Action, in cui sono stati introdotti elementi che incentivano la litigiosità senza che ciò si traduca in un vero strumento di tutela per i consumatori. Sulla Legge di Stabilità vedremo le proposte e i provvedimenti. Se si decide di superare il rapporto deficit/PIL definito negli anni precedenti, quello che conta è che cosa si intende fare: investire per lo sviluppo futuro del Paese o semplicemente alimentare spesa corrente per trasferimenti senza effetti duraturi sulla crescita? È in questa logica che Confindustria ha definito alcune priorità chiare per la Legge di Bilancio con un impatto immediato e diretto su investimenti, occupazione e crescita: la riduzione del cuneo fiscale e contributivo per le nuove assunzioni, la detassazione dei premi di risultato, il rifinanziamento del Fondo di Garanzia e il pagamento dei debiti della Pubblica Amministrazione, il rilancio degli investimenti privati attraverso la conferma delle misure per Industria 4.0 e lo sblocco delle opere infrastrutturali già previste e finanziate, il sostegno dell’export e una reale spending review per rendere più efficiente la Pubblica Amministrazione».