Un team internazionale di ricercatori, coordinato dalla prof.ssa Maria Paola Costi del Dipartimento di Scienze della Vita di Unimore, ha individuato un farmaco rivelatosi efficace contro la Leishmaniosi, malattia molto diffusa tra i cani, che colpisce anche l’uomo.

Questo importante risultato scientifico era l’obiettivo di un progetto “New Medicines for Trypanosomatidic infections”, finanziato dalla Commissione Europea nel periodo 2013-2017 con un contributo di quasi 6 milioni di euro, sui 7,6 milioni impiegati da un network costituito da 13 gruppi di ricerca distribuiti in 7 paesi europei, Italia, Spagna, Portogallo, Regno Unito, Germania, Grecia, Belgio, e due extrauropei, Brasile e Sudan.

Tra le altre molecole, il team è stato in grado di produrre un candidato farmaco (drug lead) NMT-A02, che si è dimostrato efficace contro la Leishmaniosi in tre specie animali, topo, criceto e cane. Nei giorni scorsi poi è stata praticamente terminata la fase preclinica per ciò che riguarda l’evidenza dell’efficacia.

“NMT-A02, testato in tutte le specie – spiega la prof. ssa Maria Paola Costi di Unimore – ha dimostrato tossicità inferiore al farmaco attualmente usato, il Milteforan. In particolare, il trial sui cani ha dimostrato il superamento dei segni clinici dell’infezione. I cani sono in buone condizioni e con test diganostico negative, perciò sono stati dati in adozione dopo l’approvazione degli enti preposti”.

Durante il 2018 e 2019, è stato svolto il follow-up durante il quale i cani sono stati sottoposti regolarmente ad esami ematologici e immunologici. Oggi, due anni dopo il trattamento iniziale, i cani del trial sono in buone condizioni fisiche, non hanno più manifestato la malattia a differenza dei cani trattati con il Milteforan.

Va ricordato che ci sono 2.5 milioni di cani infetti da Leishmaniosi in Europa su un totale di 84 milioni. Il cane si infetta attraverso la puntura di un insetto il flebotomo o pappatacio (Phlebotomus perniciosus) vettore del parassita. L’infezione è generalmente cronica perchè non esistono farmaci che riescano a risolvere completamente l’infezione.

L’uomo viene a sua volta infettato dallo stesso insetto e può invece essere curato anche se I farmaci sono pochi, con effetti collaterali importanti e sviluppano resistenza. L’infezione che tempo fa era diffusa soprattutto nei paesi sub-tropicali (350 milioni a rischio di infezione con 1.6 milioni di nuovi casi all’anno), oggi si sta diffondendo anche in Europa con numeri molto inferiori.

“Il cane – continua la prof.ssa Maria Paola Costi – rappresenta una riserva della malattia e per debellare l’infezione umana occorre risolvere quella canina.  Questo rappresenta un tipico problema OneHealth che si fonda sul concetto per cui la salute dell’uomo e dell’animale sono strettamente connessi. Oggi, grazie alle nostre ricerche, siamo in grado di proporre un farmaco per la cura della Leishmaniosi canina in tempi relativamente brevi. Alternativamente, per uso umano, in tempi più lunghi. Considerando la difficoltà di ottenere farmaci per lo studio clinico di fase 1 nel corso di progetti anche ben finanziati come quelli Europei, possiamo considerare questo risultato molto rilevante. Attualmente lo sviluppo del candidato a farmaco richiede l’intervento di investitori e la collaborazione di SME o industrie farmaceutiche per lo studio regolatorio necessario per la registrazione”.

Il team Unimore comprende, oltre alla coordinatrice, il prof. Luca Costantino, il prof. Glauco Ponterini, la prof.ssa Annalisa Tait, la dott.ssa Stefania Ferrari, il dott. Pasquale Linciano, la dott.ssa Chiara Borsari, il dott. Matteo Santucci e la dott.ssa Rosaria Luciani.

La scoperta di questo nuovo candidato farmaco apre interessanti prospettive. “A breve termine – conclude la prof.ssa Maria Paola Costi – con la possibilità di raggiungere il mercato il farmaco potrà essere impiegato ad uso veterinario contro la Leishmaniosi canina. In questo caso è necessario preparare una formulazione farmaceutica adeguata e la documentazione per la registrazione del farmaco. A più lungo lungo termine, si potrà pervenire allo sviluppo di un farmaco per la Leishmaniosi umana. In questo caso deve essere completato lo studio GLP dell’ultima fase preclinca per la registrazione del farmaco e lo studio clinico in fase 1. Questo studio richiederà, però, tra I 5 e 7 anni”.

SULLA LEISHMANIOSI

La Leishmaniosi è causata da protozoi parassiti appartenenti ad oltre 20 specie di Leishmania. Le persone si infettano attraverso le punture di flebotomi (o pappataci) femmine. Ci sono tre principali forme di Leishmaniosi:

  • cutanea
  • viscerale o kala-azar
  • mucocutanea

La più comune è la forma cutanea, che provoca ulcere sulle parti esposte del corpo, causando cicatrici permanenti anche deturpanti, che possono avere come conseguenza stigma e in alcuni casi disabilità. La forma più grave però è rappresentata dalla leishmaniosi viscerale o kala-azar.  La malattia, fatale se non trattata, colpisce gli organi vitali del corpo ed è caratterizzata da periodi irregolari di febbre, perdita di peso, ingrandimento della milza e del fegato, anemia. La forma più distruttiva è la leishmaniosi mucocutanea, che provoca la mutilazione totale o parziale delle mucose del naso, della bocca e della gola.

Ogni anno si stima che si verifichino in tutto il mondo fra 700.000 e 1.000.000 di nuovi casi di leishmaniosi e circa 26.000-65.000 decessi. L’infezione può tuttavia presentarsi in forma asintomatica.

La leishmaniosi colpisce molti paesi nelle regioni tropicali e subtropicali dell’Africa, dell’America centrale e del Sud America, dell’Asia e della regione del Mediterraneo. In Europa le due principali forme di malattia (leishmaniosi viscerale e leishmaniosi cutanea) sono endemiche in un’ampia area geografica: l’unico agente eziologico autoctono della leishmaniosi viscerale è Leishmania infantum.

In Italia sia la leishmaniosi viscerale che la leishmaniosi cutanea sono endemiche in alcune aree del nostro paese e sono causate da Leishmania infantum. Le categorie più a rischio sono I pazienti affetti da AIDS, I pazienti oncologici, anche pediatrici, I pazienti con trapianti di fegato infetto.