Gaetano Chierici (1819 – 1886) fu una figura centrale nell’ambito del movimento paletnologico nell’Italia del XIX secolo. Sebbene di formazione umanistica, Chierici seppe assimilare dall’ambiente culturale dell’Italia di metà Ottocento i concetti delle scienze della terra. Traspose poi questi temi nella sua attività archeologica elaborando un metodo che avrà ampia eco nell’Europa del tempo e che è alla base dell’Archeologia moderna.

Il celebre studioso e ricercatore reggiano seppe coniugare – con un approccio estremamente innovativo e moderno, con una mentalità e un metodo ‘aperti’ e, diremmo oggi, disposti alla ‘contaminazione’ virtuosa tra saperi diversi – la cultura umanistica con la competenza nelle discipline scientifiche, realizzando da precursore l’abbattimento degli steccati fra Storia e Natura, che è uno degli obiettivi che si prefigge la cultura contemporanea.

Il suo metodo di lavoro, multidisciplinare, applica alla ricerca archeologica competenze mutuate dalla geologia (la stratigrafia), dall’antropologia (le culture “altre”, l’antropometria), dalla botanica e dalla zoologia (la paleobotanica e paleozoologia). Solo procedendo con questa visione a largo raggio è possibile interpretare e far rivivere le più antiche culture umane.

La mostra ‘Gaetano Chierici. Metodo e scienze all’origine degli studi di Preistoria’ – ultimo atto delle celebrazioni in occasione del bicentenario della nascita di Chierici patrocinate da importanti istituzioni culturali della città di Reggio Emilia ed altresì regionali, nazionali ed estere – nasce da un’intesa fra Comune di Reggio, Museo delle Civiltà di Roma e Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara con l’intento di documentare le componenti più significative di tale metodo, che consistono nell’attenzione per il contesto che accompagna i materiali archeologici all’atto della loro scoperta, nelle tecniche di documentazione e raccolta dei dati nello scavo stratigrafico e nell’indagine territoriale, nel confronto a fini interpretativi fra gli oggetti archeologici e quelli derivanti dalla studio delle popolazioni ‘primitive’ del XIX secolo.

Potendo contare su prestiti di manufatti di pregio, e anche esteticamente attrattivi, che escono dalle collezioni del Museo preistorico etnografico Luigi Pigorini confluito nel 2016 nel Museo delle Civiltà di Roma –  mettendoli in risonanza con quelli custoditi ed esposti nelle sezioni dei Musei Civici di Reggio Emilia, la cui fondazione è dovuta allo stesso Gaetano Chierici, è possibile affrontare nella mostra il tema del confronto fra le culture umane della nostra preistoria e quelle dei popoli di altri continenti, che nel XIX secolo perpetuavano tecnologie da noi cadute in disuso con l’ingresso nella storia; ma anche quello del contesto archeologico, attraverso il ritorno a Reggio Emilia di materiali che Chierici spedì a Roma nell’ambito della politica degli scambi fra musei; quello della cartografia archeologica, di cui Chierici fu uno dei primi cultori; quello della stratigrafia, attraverso la presentazione di sezioni di terreni antropizzati che documentano il sovrapporsi di insediamenti di epoche diverse.

 

UN PASSO INDIETRO NEL TEMPO: LA PALETNOLOGIA, ‘NUOVISSIMA’ SCIENZA

Chierici fa della ricerca archeologica d’ambito preistorico una attività multidisciplinare, attingendo concetti e metodi dalle Scienze naturali e specialmente dalla Geologia: condivide in questo il pensiero del movimento paletnologico (la nuovissima scienza, come viene chiamata allora) sviluppatosi in Europa ed in Italia a partire dalla metà del XIX secolo, i cui promotori sono in gran parte naturalisti, spesso geologi.

Alla metà del XIX secolo sono infatti le Scienze Naturali, e tra queste in particolare le Scienze della Terra, che cercano nell’Archeologia le risposte ai grandi problemi che si stavano allora dibattendo circa l’antichità dell’Uomo e la sua origine, muovendo dagli studi dell’archeologo Jacques Boucher de Crèvecoer de Pertes, del geologo Charles Lyell e del biologo Charles Darwin. A questo riguardo appare particolarmente significativa l’affermazione del geologo piemontese Bartolomeo Gastaldi: “Da alcuni anni parecchi distinti Geologi si occuparono a cercare nuovi fatti e a scoprire nuovi elementi di discussione che possano guidarci a risolvere la questione se i primi uomini abbiano vissuto assieme ad alcuno dei grandi animali di cui è formata la più recente fauna fossile all’Ursus spelaeus, per esempio, e all’Elephas primigenius, ecc. Il bisogno di risolvere tale questione fa sì che lo studio dei resti lasciatici dalle razze umane… cessa di essere una specialità dell’Archeologo, ed entra nella cerchia del campo geologico”.

Inoltre, la Geologia in questo periodo utilizza ampiamente l’Archeologia nella classificazione stratigrafica, per poter stabilire le cronologie delle formazioni geologiche più recenti, basandosi sulla presenza di oggetti prodotti dalla mano dell’uomo. Antonio Stoppani, seguendo la classificazione stratigrafica di Charles Lyell, prevede, successivamente all’era Neozoica (Post terziario e Quaternario) un’Era Antropozoica suddivisa in Epoca Preistorica, (età della pietra -1 e 2 – e del bronzo) ed in Epoca Storica che prende inizio con l’età del ferro. Il termine Antropozoico per descrivere le più recenti età della storia della terra si rende necessario perché “la creazione dell’uomo è l’introduzione di un elemento nuovo nella natura, di una forza affatto sconosciuta ai mondi antichi”, anticipando così il concetto insito nel termine Antropocene, di recente introduzione.

Grande peso ebbero inoltre gli studi etnografici anche supportati dalle collezioni donate al museo cittadino da esploratori e viaggiatori in paesi remoti. Agli oggetti della cultura materiale delle popolazioni ‘primitive’ ci si rivolgeva per stabilire confronti utili ad interpretare industrie e costumi dei popoli preistorici.

Tutti questi aspetti appaiono sintetizzati nella definizione di Paletnologia proposta dal geologo Giovanni Omboni nel 1876: “La Paletnologia… sta fra l’Archeologia propriamente detta, la Geologia, l’Etnologia e partecipa un po’ di tutte queste scienze”.

La Paletnologia ebbe una forte componente identitaria, specie in Italia, anche per legittimare le aspirazioni all’unità nazionale, conseguita attraverso le guerre per l’indipendenza. Infatti Museo di Storia Patria venne denominato il luogo in cui Chierici raccolse ed ordinò il frutto delle proprie ricerche. Verso la fine del XIX secolo, tuttavia, l’esacerbata caratterizzazione ideologica, lontana ormai dalla linea filosofica della Paletnologia, portò Luigi Pigorini ad elaborare la ‘teoria terramaricola’ che riconosceva nelle terramare l’origine della civiltà romana.

 

LA CASACCA MAGICA DEL MUSEO DELLE CIVILTÀ DI ROMA: REPERTO UNICO IN MOSTRA

In occasione della mostra sarà esposto a Palazzo dei Musei un prezioso costume prestato dal Museo delle Civiltà di Roma costituito da una Casacca magica contro i colpi di arma da fuoco (per i Blackfeet i motivi circolari in nero indicavano che il proprietario possedeva un amuleto contro il rischio di essere colpito dalle pallottole) e dai gambali confezionati ciascuno con una pelle, con cuciture lungo il lato esterno ornate da bande di ricamo di aculei di porcospino e di frange di ciuffi di capelli. I motivi dipinti consistono in righe orizzontali, sulla parte anteriore, e larghi punti in quella posteriore.

Queste casacche, dette “casacche dello scalpo”, simboleggiavano le imprese di chi le indossava, e facevano parte delle insegne della società di guerrieri. Insieme ad altri articoli – pelli di bisonte, copricapi e gambali particolari – comunicavano la posizione sociale e politica del proprietario. Potevano essere indossate solo dai capi o da membri da essi scelti. Ciascun membro della famiglia contribuiva alla decorazione con qualche ciocca di capelli provenienti da scalpi umani.

Presso i gruppi Sioux, la confezione e la consegna di una speciale casacca, decorata con frange di ciuffi di capelli, erano accompagnate da un rituale che si è mantenuto per tutto il periodo della vita nelle riserve, e che veniva perfino eseguito per alcuni capi dei confezionati per i collezionisti. Nella omogeneità culturale delle popolazioni delle Pianure, i motivi decorativi sono elementi distintivi di ciascun gruppo, preziosi per l’individuazione del gruppo di provenienza. Così il motivo a svastica racchiuso nel rosone centrale permette di ipotizzare una origine Nakota o Yankton Sioux, secondo la divisione delle tribù della famiglia Sioux in tre grandi gruppi: i Dakota, i Nakota e i Lakota, corrispondenti a tre rami linguistici, identificati, in base alla loro ubicazione, come Sioux orientali e Sioux occidentali.

La produzione artistica e artigianale dei Sioux orientali risentiva dell’influenza della regione dei Grandi laghi americani e in special modo la tecnica del ricamo in aculei di porcospino derivava dai modelli dei vicini gruppi delle Foreste orientali.

Il vestito canadese è così descritto nel catalogo Bonanni: “Fogge di vestiti usati sia dagli uomini che dalle donne della Nuova Francia, detta anche Canada” del XVIII-XIX secolo.

 

FRA GLI ALTRI MANUFATTI E REPERTI

Gli altri altri oggetti, documenti, reperti e manufatti in mostra raccontano le scoperte e le attività scientifiche del Chierici e, nel contempo, narrano molto della civiltà che si è sviluppata nel territorio reggiano.

Vi sono: la Carta archeologica della Provincia di Reggio Emilia del 1876; la Carta geologica delle Province di Modena e Reggio del 1870; gli esiti delle ricerche al pozzo Ferrari Corbelli a Rivaltella (metà dell’Ottocento); la mappa ‘Gaule cisalpine. Terramares du Reggianais’ con la distribuzione dei siti terramaricoli nella provincia di Reggio Emilia in rapporto alle unità fisiografiche. I siti sono distribuiti nell’area montana, lungo le valli dei fiumi Secchia ed Enza, sui terrazzi pedemontani, nell’alta e bassa pianura reggiana (al Musée d’archéologie nationale et domaine national de Saint-Germain-en-Laye, Paris); il Taccuino di Gaetano Chierici con i manufatti rappresentati nel disegno, da una tomba di Sant’Ilario d’Enza; gli Appunti di scavo di Gaetano Chierici sulla Tana della Mussina (Biblioteca Panizzi di Reggio Emilia); diversi Effetti personali dello scienziato.

E ancora: la celebre Tomba infantile da Sant’Ilario d’Enza, del Neolitico e la Tomba infantile da Sant’Ilario d’Enza dell’Età del Ferro; le urne cinerarie di Campo Pianelli di Bismantova; dal Museo delle Civiltà di Roma: Bottoni di conchiglia e ascia in rame da Boschetto di Scandiano, Ascia in bronzo dal ripostiglio della Baragalla, Ascia in bronzo dal ripostiglio di Monte del Gesso; Animaletti fittili dalla terramara di Servirola di San Polo d’Enza; custoditi nel Museo ‘Chierici’ di Paletnologia di Reggio Emilia: Quattro punte di freccia in ferro degli Indiani delle Grandi Pianure, Quattro punte di freccia in selce dal sepolcreto di Remedello Sotto (Brescia), Macina e macinello dell’Antico Egitto; Asce in pietra verde da contesti reggiani, confrontate con le asce di provenienza extra europea; Costumi dei nativi nord-americani; i Manufatti paleolitici del Ghiardo; la Cassetta con campioni di “Terre rosse da Prato di Bibbiano e terre marne della provincia di Reggio Emilia; campioni estratti dalla Tana della Mussina; Stratigrafie, sezioni e spaccati di terremare, Planimetria con allineamenti di buche di palo della terramara delle Montata a Reggio Emilia; la Tunica e gambali dei Lakota, XIX secolo custodita ai Musei Civici di Reggio Emilia.

Nel Palazzo dei Musei è infine possibile ammirare gli allestimenti storici conservati del Museo ‘Gaetano Chierici’ di Paletnologia.

 

PROFILO DI GAETANO CHIERICI – DI ANNALISA CAPURSO*

Gaetano Chierici è una di quelle figure storiche di intellettuali del Risorgimento capaci di ispirare ancora oggi le azioni di chi lavora su temi come lo studio e la conservazione del patrimonio culturale.

La sua vita, le sue scelte, lo spirito di abnegazione con il quale le portò avanti, le sue ricerche, furono una sola cosa con il suo essere un soggetto attivo all’interno della vita politica dell’epoca, nella consapevolezza che lavoro e senso civico non possono procedere in maniera disgiunta. Molto spesso, anche oggi, la passione per la ricerca, per la ricostruzione del passato, sono fattori propositivi per chi, come lui, indaga il sottosuolo. I risultati di un’operazione complessa come questa possono condurre a ricostruire le proprie radici e a capire quanto esse siano intrecciate, ieri come oggi, a migrazioni, contaminazioni, scambi culturali e materiali.

Si tratta di tematiche di grande spessore che dovettero sostenere e alimentare la curiosità di don Gaetano che, pur essendo chierico, mantenne una mente aperta ad accogliere teorie anche apparentemente in contrasto con la propria fede. Egli dimostrò di essere uno di quegli studiosi capaci di grandi intuizioni e modernità, pronto a verificare e sostenere le proprie teorie, ed in grado di risalire dal particolare al generale, dalla ricerca locale a quella europea, raggiungendo risultati di altissimo livello. Nell’arco della sua vita, solo per citare alcuni esempi, diede vita alla Scuola Paletnologica Italiana, assieme a Pellegrino Strobel e Luigi Pigorini, e condusse numerose indagini nel reggiano, e oltre, avvalendosi di metodologie del tutto inusuali per i suoi tempi. Coltivò ricerche su ambiti cronologici molto ampi, comprendendo anche l’archeologia medievale, allora poco praticata, e sostenne l’importanza della divulgazione per alimentare il confronto e trasmettere il proprio sapere e le proprie idee. Chierici seppe usare il dato archeologico non solo come elemento a sé stante da pubblicare in uno studio, ma anche come fattore da inserire all’interno di una fitta rete di dati estesa su un vasto ambito territoriale, sincronico e diacronico. La sua pionieristica carta archeologica della Provincia di Reggio Emilia serviva a mettere in risalto la distribuzione delle evidenze antiche, differenziate per ambito cronologico, in modo da fornire gli elementi utili a ricostruire delle mappe per orientarsi nei circuiti degli insediamenti antichi. Inoltre, egli formulò delle ipotesi a proposito della scansione dei livelli antropici archeologici contenuti nel sottosuolo della città. Sono tutti strumenti, carte archeologiche e studio del sottosuolo, che anche oggi svolgono un ruolo essenziale nell’esercizio della tutela e nella ricostruzione storica.

È stata poi esemplare la devozione con la quale, grazie alla sua natura di studioso appassionato e curioso, ha impostato il lavoro di Ispettore ai monumenti, proprio mentre stava prendendo forma il sistema di tutela nazionale, la Direzione Centrale agli Scavi e dei Musei del Regno, con le sue strutture periferiche (1875).

Dopo essere stato giustamente ricordato in occasione delle celebrazioni dei 2200 anni della via Emilia, con una mostra incentrata sulla via consolare e l’archeologia dell’Emilia Romagna, e reggiana in particolare (la mostra “On the road. Via Emilia 187 a.C.-2017” tenutasi nei Musei Civici di Reggio Emilia nel 2017-18), è doveroso omaggiare questo studioso e ricercatore nella ricorrenza del bicentenario della sua nascita (1819). È stato, perciò, organizzato a Reggio Emilia un convegno con un programma molto ricco dedicato alle sue molteplici attività (“Attualità di don Gaetano Chierici: archeologo, museologo e maestro di impegno civile”, 19-21 settembre 2019), ed ora si apre una doppia mostra che vede coinvolte due istituzioni profondamente legate alla sua storia: da una parte il Museo da lui stesso fondato a Reggio Emilia, nato dalla sua raccolta di reperti e denominato in principio Gabinetto di antichità patrie; dall’altro il Museo Nazionale Pigorini di Roma, il principale museo italiano dedicato alla preistoria e alla ricerca paletnologica. Oggi, per chi si trova a far parte della complessa ed affascinante macchina del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, e a lavorare per garantire la tutela, anche sui siti da lui scoperti e mappati, Gaetano Chierici rappresenta una figura centrale a cui ispirarsi e dalla quale poter trarre ancora informazioni importanti e spunti di studio ed approfondimento. L’archeologia e la conservazione del patrimonio culturale, l’importanza che esse hanno all’interno delle comunità locali e della società in senso ampio, sono una materia di grande complessità, ricca di sfaccettature e spesso oggetto di dibattito, e conoscere uno dei suoi protagonisti, nella storia recente, rappresenta un grande stimolo e sostegno.

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*Funzionario archeologo della Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara

 

 

 

GAETANO CHIERICI – METODO E SCIENZE ALL’ORIGINE DEGLI STUDI DI PREISTORIA

Reggio Emilia, Palazzo dei Musei

31 gennaio – 1 marzo 2020

 

Comune di Reggio Emilia, Musei Civici

in collaborazione con Museo delle Civiltà – Roma, Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Bologna e le Province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara.