Foto di virin000 da Pixabay

“Il nuovo Dpcm del 14 gennaio prevede per i soggetti che svolgono come attività prevalente una di quelle identificate dai codici ateco 56.3 (bar e altri esercizi simili senza cucina) e 47.25 (commercio al dettaglio di bevande in esercizi specializzati) l’asporto fino alle ore 18. Ci sono però bar (con questo codice ateco prevalente) soprattutto nei paesi e nelle zone periferiche, che svolgono attività secondarie, ad esempio pizzeria: questi potranno più fare l’asporto delle pizze dopo le 18?”. Se lo chiede Lapam Confartigianato che pone una questione che, se è residuale per le città, è invece centrale per molti paesi dove il bar è spesso anche pizzeria, rosticceria, negozio di alimentari…

“Di più, la consegna a domicilio, se è relativamente semplice e non troppo costosa in ambienti urbani, è molto più complicata e dispendiosa in aree meno densamente abitate e quindi l’asporto per queste realtà è fondamentale, pena di fatto la chiusura. Senza contare che questi esercizi polifunzionali sono un vero e proprio presidio per tanti paesi. Il problema – conferma Lapam – è che per l’ennesima volta si prendono i codici ateco come l’unico criterio. Basterebbe, se proprio si vogliono evitare eventuali assembramenti al di fuori dei locali, proibire la vendita di alcoolici nei pubblici esercizi dopo le 18”.

In buona sostanza, quindi, il Dpcm va a penalizzare gli esercizi polifunzionali presenti nei piccoli comuni: “E’ sempre necessario – conclude Lapam – applicare il criterio del buon senso per evitare di combinare pasticci. In questo caso non può essere un codice ateco prevalente, messo sulla carta magari tanti anni fa, a decidere se si può o meno fare l’asporto”.