In sette anni meno della metà dei progetti finanziati per l’edilizia scolastica è stato concluso. I dati presentati oggi in diretta Facebook da Legambiente con Ecosistema Scuola, alla sua ventesima edizione, ci dicono che dal 2014 al 2020, su 6.547 progetti previsti, 4.601 sono stati finanziati e solo 2.121 portati a termine. Numeri che testimoniano le difficoltà incontrate dagli enti locali, e che possiamo tradurre anche con la differenza che intercorre tra l’importo stanziato per la realizzazione delle opere e la spesa effettiva. Per un importo totale stanziato di 3.359.614.000 euro, l’importo totale finanziato è di 2.416.370.000 euro e l’importo finanziato dei progetti avviati di 1.415.747.000 euro: passaggi in cui viene “perso” ogni volta circa un miliardo di euro.

Legambiente presenta Ecosistema Scuola 2021 nel momento in cui si sta ripensando l’Italia e pianificando gli investimenti delle risorse del Recovery Plan, di cui l’ultima versione prevede per l’edilizia scolastica 6,8 miliardi di euro. Risorse importanti che rischiano, tuttavia, di non portare ai risultati auspicati, e necessari, se non verranno affrontate alcune criticità, ormai croniche. La pandemia ha portato, infatti, spazi e servizi scolastici al centro della cronaca dell’ultimo anno, mettendo in luce quanto questo aspetto infrastrutturale del Paese, strategico, sia in sofferenza; in linea, purtroppo, con quanto fotografa e denuncia da anni l’indagine dell’associazione ambientalista.

Per questo, Legambiente ha colto l’occasione odierna per lanciare al nuovo ministro dell’istruzione Patrizio Bianchi, intervenuto alla presentazione online, un appello affinché le scuole diventino protagoniste della transizione ecologica: realizzare processi di riqualificazione energetica partecipata degli edifici con la comunità scolastica che diviene comunità energetica, e inaugurare una generazione di 100 scuole sostenibili e innovative costruite secondo i criteri della bioedilizia, aperte anche in orario extrascolastico e dotate di un’integrazione di servizi sia in orario scolastico che extrascolastico, da realizzarsi nelle “periferie sociali” del Paese, caratterizzate da alto tasso di dispersione scolastica e povertà educativa.

“La consapevolezza dell’importanza di investire in giovani, istruzione ed educazione è ormai condivisa da tutti; stanno arrivando risorse, ma prima di tutto serve un nuovo piano di governance per superare le emergenze e i divari – dichiara Vanessa Pallucchi, vice presidente di Legambiente -. I 6,8 miliardi previsti per l’edilizia scolastica nell’ultima stesura del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza vanno letti in un’ottica di priorità di interventi, con la forte attenzione all’individuazione degli ostacoli da rimuovere perché le risorse disponibili diventino miglioramenti effettivi delle nostre scuole e non si perdano nelle inefficienze di percorso.  L’edilizia scolastica e i servizi che girano intorno all’ecosistema scuola devono essere ripensati e rilanciati in una dimensione di sostenibilità ambientale e sociale: sono le gambe su cui poggerà la possibilità di successo ed efficacia della transizione ecologica, che ha fra i suoi obiettivi principali il superamento della povertà educativa”.

Da Ecosistema Scuola 2021 (dati 2019) su un campione di 6.156 edifici in 87 comuni capoluogo di provincia, risulta che circa il 58% delle scuole non ha certificazioni base come l’agibilità; ricade in area sismica 1 e 2 il 43% delle scuole, di cui solo poco più del 30% è costruito con la tecnica antisismica; più dell’87% degli edifici è sotto la classe energetica C. Non è stato ancora bonificato l’amianto in 145 edifici (in gran parte al nord) di quelli oggetto d’indagine, frequentati ogni giorno da 28.500 studenti. La metà delle scuole non ha impianti per lo sport e solo il 55% circa ha la mensa scolastica. Dati medi nazionali che, lungo i vent’anni di indagine, mostrano la permanenza di un costante divario tra nord, centro, sud e isole.

Per garantire una gestione virtuosa dei fondi per una migliore qualità degli edifici scolastici occorre, secondo Legambiente, innanzitutto mappare i bisogni attraverso lo strumento dell’anagrafe dell’edilizia scolastica, programmare gli interventi secondo una scala di priorità a partire dall’efficientamento energetico e dalla messa in sicurezza, sostenere le strutture tecniche delle amministrazioni che sono più indietro nel reperimento dei fondi e nella capacità progettuale, semplificare le linee di finanziamento, il loro accesso e la loro gestione per ridurre il divario esistente tra i progetti finanziati e quelli conclusi e conseguentemente, tra gli importi stanziati e quelli rimborsati agli enti locali. Solo così i fondi a disposizione potranno incidere in maniera efficace su un patrimonio edilizio vetusto e poco curato nel tempo, sperequazioni territoriali importanti fra la qualità degli edifici e dei servizi scolastici tra nord, centro, sud e isole, l’eccessiva concentrazione di studenti in spazi non adeguati al benessere e alla didattica, la necessità di interventi strutturali urgenti, la progressiva perdita dei servizi pubblici collettivi rivolti alle scuole, a cominciare dai trasporti.

È urgente, inoltre, rivedere i servizi pubblici a disposizione delle scuole, per riequilibrarne le opportunità di accesso nelle diverse aree del Paese e garantirli a tutti i cittadini. Sono elementi strutturali fondamentali per affrontare sperequazioni e povertà educative, così come la gestione del tempo scuola. Convivono, infatti, nelle classi, fra famiglie e fra territori, tante forme di disuguaglianza e povertà educativa che la pandemia ha messo in luce: evidenze che erano lì da tempo, ma che non sono state affrontate. Anzi, investimenti su servizi essenziali sono stati ridotti, come quelli per il trasporto pubblico scolastico. Gli anni di indagine di Ecosistema Scuola mostrano come il servizio di scuolabus sia passato, dal 2010 al 2018, dall’interessare quasi il 33% degli edifici al 23%, senza lo sviluppo di una mobilità alternativa casa-scuola, le cui pratiche ecocompatibili rimangono al palo come il pedibus (6% delle scuole) e il servizio di bicibus (0,1% e solo al nord). Differenze territoriali enormi anche rispetto alle classi a tempo pieno, praticato quasi in una scuola su due secondo la media nazionale, ma con il 67,8% di scuole con classi a tempo pieno nel centro Italia, quasi il 40% nel nord, il 9,5% nel sud e il 18,4% nelle isole.

 

FOCUS SULL’EMILIA-ROMAGNA

Dal dossier emergono dati positivi per l’Emilia-Romagna, che posizionano Parma al primo posto nelle due graduatorie delle città che hanno speso di più nel 2019 in manutenzione straordinaria e ordinaria, Modena e Mantova le altre città in vetta rispettivamente per interventi ordinari e straordinari.

Molto positivi i dati che riguardano gli investimenti per i servizi e progetti a favore delle scuole, delle famiglie e dei ragazzi, che posizionano Reggio Emilia come la città che da anni investe mediamente di più in Italia per questi servizi, destinando 161 euro a ragazzo per progetti educativi nelle scuole, di integrazione scolastica, laboratori linguistici, mediazione culturale, qualificazione offerta formativa, formazione digitale; altri 134 euro vengono rivolti per specifici progetti e iniziative rivolte agli under 14 come scuole aperte nel pomeriggio, spazi culturali ed educativi interdisciplinari, integrazione e agevolazioni per centri estivi, oratori cittadini. Parma la seconda città in Emilia-Romagna che investe maggiormente in questo senso.

I dati sulle mense scolastiche restituiscono un quadro positivo per la città di Rimini, fra le 5 città del Paese che dichiarano di somministrare pasti 100% BIO.
Su questo versante, però, resta il tema del progressivo abbandono delle stoviglie riutilizzabili a favore delle monoporzioni con posate e tovagliette monouso. Un passo indietro per l’Emilia-Romagna, verificatosi a causa delle misure previste per il contenimento dei contagi da Coronavirus, di cui avevamo già discusso lo scorso settembre. (L’approfondimento è disponibile a questo link).

Preoccupante anche una minore attenzione per la raccolta differenziata, sospesa in alcune scuole per evitare assembramenti fra i bambini a fine pasto.

“Siamo consapevoli che alcune misure preventive siano necessarie e che l’attenzione verso il contenimento dei contagi rappresentano una priorità – dichiara Legambiente Emilia-Romagna – ma è altrettanto importante non abbandonare le buone pratiche e i traguardi educativi raggiunti fino ad ora. Altro tema è l’utilizzo delle fonti rinnovabili, sul quale anche la nostra regione è in ritardo. Se si vogliono raggiungere gli obiettivi ambiziosi del patto per il Clima e il Lavoro occorre che anche gli edifici scolastici vengano coinvolti con l’installazione di impianti”.