Copyright immagine: Regione Emilia Romagna A.I.U.S.G. – Autore: Banzi Liviana

Nella media del 2020 gli addetti nelle imprese dell’Emilia-Romagna sono diminuiti dell’1,4 per cento, grazie anche alle misure adottate a salvaguardia dell’occupazione. La riduzione dei dipendenti è stata meno rapida (-1,2 per cento) di quella degli indipendenti (-1,8 per cento). Incidono i mutamenti nei comportamenti dei consumatori e l’organizzazione delle imprese, oltre alla composizione settoriale dei sistemi economici. Gli effetti della pandemia sono stati estremamente differenziati. È aumentata l’occupazione nelle attività connesse a informatica e servizi finanziari, mentre cali pesanti hanno interessato il commercio, la ristorazione, i servizi di somministrazione di lavoro, la subfornitura meccanica e la moda.

 

Il perdurante stato di difficoltà causato dal Covid 19 ha generato un clima di incertezza. Tuttavia, non c’è ancora un effetto diffuso a tutti i settori sull’occupazione. E’ quanto attesta uno studio di Unioncamere Emilia-Romagna che ha elaborato i dati relativi agli addetti delle localizzazioni di impresa con sede legale in regione o altrove.

L’andamento complessivo. Nella media del 2020 gli addetti nelle imprese dell’Emilia-Romagna sono diminuiti dell’1,4 per cento (-23.482 unità) rispetto al 2019 e sono risultati 1.707.878. La precedente tendenza positiva dell’occupazione stava rallentando dal secondo trimestre del 2019, poi gli effetti della pandemia hanno portato prima a una brusca inversione in negativo: questa pare avere raggiunto la massima intensità nel terzo trimestre 2020, mentre nell’ultimo quarto potrebbe essersi avviata una fase di recupero. La riduzione dei dipendenti è stata meno rapida (-1,2 per cento) di quella degli indipendenti (-1,8 per cento), grazie anche alle misure adottate a salvaguardia dell’occupazione. In Italia, gli addetti risultano in calo dello 0,8 per cento nella media del 2020, coerentemente con la maggiore la forza con cui la pandemia ha colpito il nord d’Italia, specie nella prima metà dell’anno. I fattori determinanti sono stati l’andamento pandemico, le misure di prevenzione adottate, i mutamenti nei comportamenti dei consumatori e nell’organizzazione delle imprese oltre alla composizione settoriale economica.

I settori. Gli effetti della pandemia sono stati estremamente differenziati. In alcuni settori l’occupazione è rimasta stabile, in altri ha addirittura tratto vantaggio, seppure gli incrementi abbiano avuto un rilievo contenuto.

Dove l’occupazione diminuisce. La tendenza negativa è stata trainata dall’andamento dei servizi. Messo a dura prova dalle restrizioni della pandemia e dai mutamenti di comportamento dei consumatori nel commercio si sono persi 5.991 occupati (-2,0 per cento). In termini assoluti l’andamento è risultato peggiore nell’insieme degli altri servizi (diversi dal commercio), costituito da attività che hanno risentito in diversa misura degli effetti della pandemia, come la ristorazione.

Qui la perdita occupazionale è stata di 13.359 unità (-1,8 per cento), nonostante la notevole crescita tendenziale fatta registrare ancora nel primo trimestre 2020. Per le restrizioni e l’elevato numero di lavoratori con un minore grado di protezione, ad avere pagato lo scotto maggiore sono stati gli occupati nella ristorazione (-4.600 unità, -3,3 per cento) e nei servizi di alloggio (-8,0 per cento, -2.733 unità), per il novanta per cento dipendenti.

Il minore livello delle tutele occupazionali ha favorito la consistente e rapida riduzione degli addetti, sostanzialmente tutti dipendenti, nelle attività di ricerca, selezione, fornitura di personale (-4.449 addetti, -9,4 per cento) e quella più contenuta nelle attività di supporto per le funzioni di ufficio (-1.060 unità, -4,8 per cento). Nelle attività creative, artistiche e di intrattenimento, tra i settori relativamente più colpiti, perdono il posto 1.005 dipendenti (-13,5 per cento). L’effetto differenziato della pandemia è evidente se si considera che la necessità di mantenere aperte e operative le strutture per anziani e disabili con maggiori esigenze di tutela ha condotto a un aumento di 1.919 addetti (+9,2 per cento) nell’assistenza sociale residenziale, mentre nell’assistenza sociale non residenziale l’occupazione si è ridotta di 1.738 unità (-6,8 per cento) a seguito della chiusura di molte strutture imposta dalle misure di salvaguardia.

Dove invece cresce

Nei servizi gli aumenti di occupazione più rilevanti si sono registrati nelle attività di produzione di software, consulenza informatica e attività connesse (+1.528 addetti, +7,1 per cento), trainato dalla forte accelerazione all’adozione di strumenti informatici per le famiglie e le imprese per lo smart working e la didattica a distanza, e nelle attività dei servizi finanziari (+1.035 unità, +3,1 per cento), favorite dall’aumento dell’esposizione di famiglie e imprese. Sono aumentati gli addetti nelle attività immobiliari e si è avuto un piccolo boom nella ricerca scientifica e sviluppo (+560 unità, +16,0 per cento). Cresce lievemente l’occupazione nelle costruzioni (+577 addetti, +0,4 per cento), trainata dagli addetti dell’ingegneria civile (+637 unità, +9,2 per cento) e dei lavori specializzati.

Il caso dell’industria. Recuperando un pesante primo trimestre, l’industria chiude l’anno con una perdita relativamente limitata di 4.508 addetti (-0,9 per cento), grazie anche alle misure a salvaguardia dell’occupazione, ma in dettaglio emergono specifiche situazioni. La perdita occupazionale più ampia per la fabbricazione di prodotti in metallo (-1.640 unità, -2,0 per cento), il settore delle Pmi della subfornitura meccanica regionale. La riduzione della domanda ha duramente colpito le industrie della moda con una caduta dell’occupazione nelle confezioni (-1.387 addetti, -6,0 per cento) e nella pelletteria (-481 addetti, -7,0 per cento). Al contrario, la crescita più consistente è stata quella registrata nella fabbricazione di computer e prodotti di elettronica e ottica; apparecchi elettromedicali, apparecchi di misurazione e orologi (+893 addetti, +6,7 per cento), favorita dalla domanda legata agli effetti della pandemia.

Nonostante le gravi difficoltà a impiegare manodopera nell’estate, in agricoltura l’occupazione ha subito solo una lieve flessione (-0,3 per cento, -202 unità).