Filippo Simeone, coordinatore GD Distretto Ceramico, e Andrea Ferrarini, responsabile lavoro, diritti sociali e civili GD Distretto Ceramico, si schierano con la docente che al Liceo Formiggini di Sassuolo ha parlato agli studenti di omosessualità e del disegno di legge Zan e ribadiscono che, a loro parere, dovrebbe essere obbligatoria una sensibilizzazione a tutto tondo delle tematiche dell’affettività e della sessualità nella scuola italiana all’interno dei programmi ministeriali.

La nota di Simeone e Ferrarini: “L’adolescenza è di per sé un percorso impegnativo e faticoso a causa dei molteplici cambiamenti fisici, psicologici e relazionali; tuttavia può diventare ancora più difficile in alcune situazioni particolari che richiedono di affrontare ulteriori sfide o disagi sociali. E’ il caso, per esempio, dello scoprirsi omosessuali provando le prime emozioni di innamoramento e attrazione per le persone del proprio sesso. È quindi essenziale che la sensibilizzazione a questa tematica avvenga già a scuola. Noi Gd Distretto Ceramico riteniamo che l’ambiente scolastico svolga un ruolo importante per combattere stereotipi e tabù. Parlare dei temi LGBT+ nelle scuole è però ancora difficile. A volte le autorità scolastiche temono di essere accusate di proselitismo da parte dei genitori. E’ proprio questo che è successo al Liceo Formiggini di Sassuolo dove una professoressa ha parlato agli studenti di omosessualità e del disegno di legge Zan che combatte l’odio verso il “diverso”. Alcuni genitori, però, solamente a scuola finita, hanno deciso di denunciare il fatto e la Destra conservatrice e bigotta ha subito preso la palla al balzo, tant’è che coordinatrice regionale del Popolo della Famiglia Ruini ha commentato parlando addirittura di visione unilaterale proposta dall’insegnante che si pone in contrasto con l’educazione e il rispetto. Fino a quando si continuerà a pensare che l’omosessualità sia una malattia, non risolveremo nessun problema. Le parole del Popolo della Famiglia sono fuori da ogni verità e dal tempo. Diamo, quindi, la nostra solidarietà alla professoressa che ha voluto informare e confrontarsi con i giovani della propria classe, come dovrebbero fare sempre di più gli insegnanti con gli alunni. L’orientamento sessuale e ancor meno l’identità di genere non sono qualcosa che si può scegliere, così come non si sceglie il colore degli occhi o della propria pelle. Sono tratti della personalità innati e non acquisiti. Non vi è nulla di “non-naturale” anzi in tutte le specie ci sono diversi orientamenti rispetto al binario. La sfida che vivono quotidianamente gli adolescenti della comunità LGBT+ è dunque quella di costruirsi un’identità positiva in tutti i contesti sociali come famiglia, scuola, vicinato, gruppi informali. Ad oggi ci colpisce anche l’assenza nelle scuole italiane anche della semplice educazione sessuale, materia che nella maggior parte degli Stati membri dell’Unione europea è obbligatoria. Eppure una buona percentuale degli studenti delle scuole italiane ha dichiarato di voler parlare in classe proprio di educazione sessuale e identità di genere. A parer nostro dovrebbe essere obbligatoria una sensibilizzazione a tutto tondo delle tematiche dell’affettività e della sessualità all’interno dei programmi ministeriali. Nelle nostre scuole tutto ciò potrebbe portare benefici, come sostiene l’UNESCO. Due sono gli aspetti che sia le Nazioni Unite che organizzazioni come Amnesty International sottolineano quando propongono l’inserimento di programmi LGBT+ nelle scuole: da un lato il contrasto al bullismo e ai pregiudizi per favorire l’integrazione, dall’altro il supporto all’accettazione e alla consapevolezza di sé dei giovani che cominciano a capire meglio quale sia il proprio orientamento sessuale e la propria identità di genere. Il compito della scuola non è solo quello di istruire, ma anche quello di formare ed educare cittadini inclusivi!”