I risultati di una importante collaborazione tra le Unità di Reumatologia di dell’AOU Policlinico di Modena e dell’Ausl-IRCCS di Reggio Emilia, il Laboratorio di Biologia Molecolare dell’Arcispedale Santa Maria Nuova  e due prestigiose Istituzioni Americane del National Institute of Health (NIH),  quali il National Human Genome Research Institute e il National Institute of Arthritis and Musculoskeletal and Skin Diseases,   hanno portato alla identificazione per la prima volta anche in Italia di una nuova malattia auto-infiammatoria chiamata “sindrome VEXAS”.

Per la sua importanza, lo studio è pubblicato in forma “rapida” dalla più importante rivista internazionale di Reumatologia Arthritis & Rheumatology, la rivista ufficiale dell’American College of Rheumatology (Associazione Americana di Reumatologia).

Si tratta della descrizione, per la prima volta in Italia, di una nuova sindrome auto-infiammatoria denominata VEXAS, acronimo di Vacuoles, E1 enzyme, X-linked, Autoinflammatory, Somatic, che deriva da una mutazione somatica che presenta alcune caratteristiche delle vasculiti.

 

La Sindrome VEXAS è stata identificata per la prima volta nella popolazione americana nel 2020 dal National Human Genome Research Institute del NIH in 25 pazienti con malattia infiammatoria iniziata dopo i 50 anni e associata a mielodisplasia.

Tale malattia si presenta tardi nella vita, solo nei maschi e come risultato di mutazioni somatiche nel sangue. VEXAS è una malattia grave e progressiva con caratteristiche cliniche a ponte tra malattie reumatologiche e ematologiche. La malattia è caratterizzata da una infiammazione sistemica che interessa la cute, i polmoni, i vasi sanguigni e la cartilagine e mima varie condizioni come la policondrite recidivante e la sindrome di Sweet. In aggiunta i pazienti con sindrome VEXAS soffrono di una serie di condizioni ematologiche come l’anemia macrocitica, la piastrinopenia, la malattia tromboembolica, l’insufficienza midollare progressiva che può evolvere in condizioni ematologiche maligne come le sindromi mielodisplastiche e il mieloma multiplo. Non esiste una terapia specifica se non il cortisone che ad alte dosi è in grado di ridurre, ma non di bloccare, l’entità della risposta anti-infiammatoria. Scarsi sono stati i risultati con i bloccanti le singole citochine infiammatorie (anti-TNF e anti-IL6) che sono fortemente elevate nel sangue dei pazienti con tale condizione che per la mancanza di terapia ha una elevata mortalità (40% dei pazienti) . Una diagnosi di VEXAS può essere considerata in pazienti con malattie infiammatorie refrattarie alla terapia con associate condizioni ematologiche progressive nel tempo.

Lo studio collaborativo tra ricercatori e ricercatrici di Reggio Emilia e Modena e il National Institute of Health ha valutato la sindrome VEXAS con un approccio diverso dalla prima descrizione dei ricercatori statunitensi, non basato sul genotipo ma primariamente basato sul fenotipo clinico. Sono state riviste le storie cliniche di 147 pazienti di sesso maschile con diagnosi di vasculite (infiammazione della parete dei vasi) seguiti dalle reumatologie di Reggio Emilia e Modena

Tale studio chiaramente dimostra la necessità di considerare la presenza di una sindrome VEXAS nei pazienti con sospetto diagnostico di vasculite. Inoltre, esiste la possibilità che alcuni casi di vasculite possano sviluppare una sindrome VEXAS e che quindi non siano più in grado di rispondere alla terapia delle vasculiti. Inoltre, uno dei pazienti refrattario alla terapia steroidea associata ad immunodepressori tradizionali ha risposto alla terapia con il JAK inibitore upadacitinib. Tale famiglia di farmaci, dimostrati essere efficaci nell’iperinfiammazione correlata a COVID-19, bloccando diverse citochine infiammatorie potrebbe essere più efficaci dell’inibizione di una singola citochina nel controllare la complessa iper-infiammazione correlata alla sindrome VEXAS.

“Siamo particolarmente orgogliosi – dichiara il Prof. Carlo Salvarani (foto), Direttore delle Unità di Reumatologia di Modena e Reggio Emilia – di questo riconoscimento. La più importante rivista internazionale di Reumatologia ha scelto di pubblicare in forma ‘rapida’ il nostro lavoro, frutto di importanti collaborazioni nazionali e internazionali. Studio che ha portato alla identificazione, per la prima volta in Italia, di questa nuova malattia auto-infiammatoria chiamata ‘sindrome VEXAS’. Questo lavoro non sarebbe stato possibile senza il contributo di validi collaboratori e specializzandi della cattedra di Reumatologia di Unimore, in particolare il Dott. Francesco Muratore e il Dott. Nicolò Pipitone così come la Dott.ssa Castrignanò e la Dott.ssa Galli che hanno lavorato con grande intensità  su questa progetto di ricerca. Tale lavoro, come sempre, è stato fatto in aggiunta alla attività clinica routinaria. Molto importante sottolineare inoltre come la collaborazione tra l’Università di Modena e Reggio Emilia  e le due prestigiose Istituzioni Americane continuerà anche in futuro.  La Dott.ssa Chiara Marvisi, primo autore del lavoro con il Dott. Francesco Muratore della Reumatologia di RE, e specializzanda del terzo anno di reumatologia, passerà nel 2022 un periodo di studio presso il National Human Genome Research Institute e il National Institute of Arthritis and Musculoskeletal and Skin Diseases della NIH, studiando le malattie autoinfiammatorie inclusa la VEXAS e le vasculiti dei grandi vasi”.