Il presidente della Corte d’appello di Bologna Oliviero Drigani, ha iniziato la cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario attraverso un elogio alla stampa, definendo la critica il “sale della democrazia” e il lavoro dei giornalisti un qualcosa che “ci fa crescere e che rende più trasparente il significato anche del nostro di lavoro”. In generale, come si evince dalla relazione presentata da Drigani, nelle Procure dell’Emilia Romagna le iscrizioni per gli omicidi volontari (sia consumati che tentati), sono calati passando da 80 a 66, mentre quelli colposi (compresi gli omicidi stradali), hanno subito un rialzo rispettivamente di 50 casi passando da 303 a 353.

Per quanto riguarda invece le iscrizioni per i reati del cosiddetto ‘codice rosso, questi sembrano essere ancora i reati più ricorrenti, soprattutto per i maltrattamenti in famiglia che ammontano a 2.610 e quelli di elevate violazioni degli obblighi di assistenza familiare che sono 1.000.

Un “non trascurabile aumento di iscrizioni” si sono registrate poi nel campo della giustizia penale minorile (+6% rispetto all’anno precedente), rendendolo “un carico di lavoro che resta comunque molto elevato – sottolinea Drigani – e decisamente sproporzionato rispetto alle risorse umane disponibili”: una situazione che secondo indagini criminologiche recenti, ‘incorona Bologna come la città con il più alto indice di criminalità minorile in tutta Italia.

Secondo il presidente inoltre, “al di là del già di per sè non incoraggiante dato statistico, ciò che peraltro, come già per gli anni precedenti, maggiormente si rileva, è la qualità del lavoro degli uffici giudiziari che – aggiunge Drigani – diviene via via più complessa in presenza di un numero sempre più elevato di minorenni stranieri non accompagnati e di nuclei familiari (immigrati e non) fortemente problematici. Dalle relazioni dei dirigenti degli uffici emerge anche una progressiva e sempre maggiore gravità dei reati trattati”.

Poi, l’analisi del legame fra i processi e la pandemia: “Il complessivo dato del distretto – commenta Drigani – evidenzia che le pendenze in primo grado si sono ridotte del 6,2% innanzi al giudice collegiale e di ben 12,5% innanzi al giudice monocratico. La pandemia ha comportato, da un lato, una leggera attesa del numero di notizie pervenute alle varie Procure della Repubblica e che, a ricaduta, è diminuito anche il numero dei procedimenti poi pervenuti agli uffici giudiziari posti a valle della sequenza procedimentale”.

Il presidente ha infine sottolineato che “il numero di processi pendenti in appello resta comunque elevatissimo e continua a rappresentare uno degli snodi di maggiore critica del sistema”.

Dopo, nel corso della cerimonia si affronta anche il problema del sotto organico a livello regionale che, secondo il presidente della Corte d’appello Oliviero Drigani, soffre di “oggettiva inadeguatezza” e il monito alla politica: “Spero che queste considerazioni siano raccolte dal ceto politico perchè il servizio di giustizia non è una partita che si fa negli spogliatoi, è un servizio della collettività come lo sono anche la sanità e l’istruzione”.
Presente all’evento anche la procuratrice generale reggente di Bologna Lucia Musti, che ha sottolineato come “il distretto dell’Emilia-Romagna sia, a buon titolo, un distretto di mafia”, ricordando le “maxi indagini” della Dda e i processi già conclusi contro la criminalità organizzata in regione.

“Dobbiamo evidenziare che all’iniziale infiltrazione delle mafie nella nostra regione è succeduto l’insediamento, fino all’attuale radicamento”, ha osservato Musti. Da indagini e processi, ha detto, “è evidente che non è più una questione di presenza di mafiosi, di diffusione di mentalità, ma piuttosto di condivisione del metodo mafioso anche da parte dei cosiddetti colletti bianchi, ovverosia professionisti, i quali hanno deciso che ‘fare affari con la ‘ndrangheta è utile e comodo”.