I militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Bologna hanno eseguito, tra le province di Bologna e Modena, un decreto di confisca definitiva relativo a un ingente patrimonio immobiliare e finanziario, del valore di oltre 1 milione di euro, riconducibile a un imprenditore edile di 67 anni di origini campane, residente nel modenese.

In particolare, la Suprema Corte di Cassazione ha definitivamente stabilito il passaggio al patrimonio dello Stato di n. 11 immobili tra Mirandola, Finale Emilia, San Felice sul Panaro  e Crevalcore, n. 3 partecipazioni societarie e n. 10 rapporti bancari, tutti riconducibili all’imprenditore, soggetto “fiscalmente pericoloso” per aver commesso, in maniera sistematica, delitti in ambito economico-finanziario, oltreché vicino a pericolosi clan camorristici campani e a cosche della ‘Ndrangheta calabrese.

La confisca definitiva costituisce l’epilogo di un iter giudiziario attraverso il quale le Fiamme Gialle del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Bologna, su delega della Procura della Repubblica di Modena, hanno svolto complesse indagini patrimoniali ai sensi del “Codice Antimafia” che hanno evidenziato la marcata sproporzione tra i redditi formalmente riconducibili al principale indagato e al suo nucleo familiare e il patrimonio immobiliare nella sua effettiva disponibilità.

In tale ambito, il Tribunale di Modena aveva già accolto, nel 2017, la proposta di un sequestro di prevenzione dei citati beni e disposto, nel 2020, la confisca di primo grado.
Oggi si è perfezionata l’intera procedura di prevenzione grazie all’esecuzione della confisca definitiva, ultimo grado di giudizio a seguito della pronuncia della Suprema Corte di Cassazione divenuta irrevocabile lo scorso 25 febbraio.
Le indagini di polizia economico-finanziaria, condotte dagli specialisti del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria in forza al Gruppo Investigazione Criminalità Organizzata, hanno fatto emergere come, attraverso la costituzione di diverse società tutte riconducibili, anche per interposte persone, all’indagato, quest’ultimo abbia tentato di evitare ablazioni patrimoniali che sarebbero scattate attraverso l’applicazione del “Codice Antimafia”.

I beni da ultimo confiscati saranno gestiti dall’Agenzia Nazionale per i beni Sequestrati e Confiscati che ne curerà la destinazione e il riutilizzo a fini sociali.

L’attività conferma ancora una volta l’impegno del Corpo nel contrasto alle più insidiose manifestazioni economiche che scaturiscono da condotte illecite connesse alla sistematica inosservanza delle norme penal – tributarie da parte di imprenditori “socialmente pericolosi”.