In un contesto metropolitano sempre più caratterizzato dalla presenza di anziani e grandi anziani fragili, con patologie croniche e comorbidità, l’infermiere di famiglia e comunità rappresenta una figura centrale per l’assistenza sanitaria di base. È infatti uno degli strumenti messi in campo per innovare il coordinamento tra servizi ospedalieri e territoriali, facendo fronte al generale invecchiamento della popolazione che comporta una modifica dei bisogni di salute, nonché delle necessità di cura ed assistenza dei cittadini.

La sua funzione – meglio definita nel DM 77 – consiste infatti nel garantire integrazione e interazione tra professionisti e strutture del contesto locale, finalizzate ad una presa in carico globale del paziente, contribuendo alla cura, alla prevenzione e alla promozione della salute del singolo, della famiglia e della comunità. Tutto ciò passa attraverso l’analisi e l’individuazione dei bisogni assistenziali; la valutazione del contesto sociale e famigliare su cui intervenire attraverso percorsi educativi, preventivi e terapeutici; l’attivazione nonché la messa in rete dei servizi più appropriati per la gestione del “sistema” di cura ed assistenza personalizzato.

Non è un caso che tale figura venga spesso definita “care manager”, a fronte del suo ruolo di gestione e coordinamento di più servizi in un complesso sistema di bisogni del paziente.

Ad oggi, l’Azienda USL di Bologna, ha coinvolto in un percorso di formazione aziendale 32 infermieri di famiglia e di comunità, professionisti che hanno svolto 72 ore di didattica, e 72 ore di tirocinio, finalizzate a consolidare competenze teoriche e pratiche sui servizi aziendali per operare nei diversi contesti territoriali. 20 di questi professionisti hanno già preso servizio in contesti assistenziali differenti: Case della Comunità, Microaree (Pescarola e Piazza dei colori, nel Distretto di Bologna città), Centri di Salute Mentale. Al momento i 20 infermieri di famiglia e comunità presenti in Azienda sono così distribuiti sul territorio: 7 nel distretto di Bologna città,  3 in Pianura est, 2 in Pianura Ovest, 3 nel Distretto di Reno Lavino Samoggia, 2 nel Distretto Savena-Idice e infine 3 in Appennino.

Il ruolo principale dell’Infermiere di famiglia e comunità consiste nell’intercettare e riconoscere in modo precoce i bisogni assistenziali della popolazione, contribuendo allo sviluppo della medicina di iniziativa e di prossimità, favorendo l’empowerment del paziente, nonché orientando e facilitando l’accesso appropriato e tempestivo del paziente ai servizi territoriali. Il setting in cui questo professionista opera può essere quello ambulatoriale, domiciliare, ma anche al fianco di Medici di Medicina Generale o Pediatri di Libera Scelta, così come nelle Centrali operative territoriali o in collaborazione con i Servizi socio-sanitari e sociali territoriali. Tale figura rappresenta, dunque, un cardine per l’evoluzione da un modello ospedale centrico ad un modello di sanità territoriale, capace di prendere in carico e monitorare la cronicità prevenendo l’acuzie.

Secondo il modello organizzativo attuale, l’infermiere di Famiglia e Comunità può essere attivato:

  • in modo formale attraverso PCAP, grazie a professionisti dell’Azienda USL o sanitari che collaborano strettamente con l’Ausl (MMG, PLS, SID, CSM, SERDT, ambulatori infermieristici territoriali), è inoltre garantita la continuità della presa in carico degli utenti complessi che rientrano nei percorsi/PDTA già attivi o che verranno attivati a livello Aziendale (scompenso, post-IMA, BPCO, diabete) ed in integrazione alle prese in carico sociali
  •   in modo informale, su segnalazione diretta dei cittadini, caregiver, volontari, etc. che possono chiedere un supporto nella gestione del percorso di cura dell’utente.
  • tramite PUA (Punto Unico di Accesso), luogo di accesso diretto per la rappresentazione di bisogni del singolo, della famiglia e/o della comunità con seguente indirizzo ai servizi sociosanitari adeguati presso le Case della Comunità o nelle Microaree.

Un tale modello organizzativo presuppone il lavoro in equipe multiprofessionali e multidisciplinari, capaci di integrare competenze e servizi, mantenendo la centralità del paziente, del suo contesto famigliare, abitativo e sociale di quartiere e/o distretto territoriale.