Una app che, grazie a un sistema di intelligenza artificiale, è in grado di analizzare le lesioni cutanee e riconoscere possibili sintomi del vaiolo delle scimmie (mpox). Presentato con un articolo su Nature Medicine, lo strumento è stato sviluppato da un gruppo internazionale di ricerca guidato dall’Università di Stanford (Stati Uniti), coadiuvato dall’ospedale universitario della Charité di Berlino, che ha coinvolto anche l’Università di Bologna tramite Angelo Capodici, medico chirurgo, specializzando in Igiene e Medicina preventiva, afferente al Dipartimento di Scienze Biomediche e Neuromotorie.

La app – gratuita, anonima e open source – si chiama PoxApp ed è in grado di riconoscere le eruzioni cutanee provocate dal vaiolo delle scimmie con un tasso di veri positivi riconosciuti di circa il 95%. Il suo funzionamento si basa su una rete neurale convoluzionale (un tipo di intelligenza artificiale) addestrata a partire da un dataset di circa 140.000 immagini di lesioni cutanee provocate da diverse malattie.

L’utilizzo è semplice: è sufficiente scattare con il proprio smartphone una foto della lesione da analizzare e rispondere ad alcune domande. La app restituisce quindi una valutazione di rischio, raccomandando se necessario di effettuare un test per il vaiolo delle scimmie o una vaccinazione post-esposizione.

L’obiettivo degli studiosi è diffondere uno strumento che permetta un primo semplice controllo di eventuali eruzioni cutanee sospette, a cui dovrà seguire, se necessario, una visita medica. Nonostante il suo alto livello di accuratezza, infatti, la app può comunque generare dei falsi negativi e non può sostituire in nessun modo le competenze e le valutazioni di un medico.

Oltre ad analizzare con il suo sistema di intelligenza artificiale la lesione fotografata, la app considera la presenza di altri sintomi sospetti e possibili contatti recenti con persone che potrebbero essere state esposte alla malattia. È in grado inoltre di riconoscere la presenza del vaiolo delle scimmie nelle sue diverse fasi di sviluppo, a cui corrispondono tipologie diverse di lesioni cutanee.

Tutto il processo di analisi e di valutazione del rischio avviene in maniera anonima: i dati raccolti restano sullo smartphone dell’utente e non vengono inviati a nessun server esterno. C’è però la possibilità, su base volontaria, di inoltrare i risultati ottenuti al gruppo di ricerca che gestisce l’app, in modo che possano essere utilizzati per aumentare ulteriormente la sua capacità di riconoscere correttamente la presenza della malattia.

Lo studio è stato pubblicato su Nature Medicine con il titolo “A deep-learning algorithm to classify skin lesions from mpox virus infection”.