Per il mese di aprile 2023 si stima che a fronte di 3.320 assunzioni previste a Reggio Emilia, 1.697 profili professionali ricercati risultano di difficile reperimento, pari al 51,1%, 0,8 punti percentuali in più rispetto a quella di un anno fa che si attestava al 50,3% (nel 2019 era attorno al 35%). È quanto fotografa un’analisi dell’ufficio studi Lapam Confartigianato elaborando i dati rilevati mensilmente da Unioncamere-ANPAL per il Sistema Informativo Excelsior.

I numeri confermano come le imprese fatichino a trovare personale specializzato da inserire all’interno dell’attività. «Una situazione da non sottovalutare per le nostre aziende – commenta Gilberto Luppi, presidente Lapam Confartigianato – che devono fare i conti una mole di lavoro che, fortunatamente, si sta riprendendo dopo gli anni della pandemia e dei rincari, ma che rischia di rimanere in stand by proprio a causa della carenza di personale». Come illustra l’analisi dell’ufficio studi Lapam Confartigianato, nel territorio reggiano i lavoratori più difficili da reperire sono conduttori di veicoli a motore e a trazione animale (non si trovano nel 79,5% dei casi), tecnici della salute (69%) e meccanici artigianali, montatori, riparatori, manutentori macchine fisse/mobili (59%).
Tra le cause di questo mismatch, sicuramente vi è la crisi demografica: secondo le stime, nei prossimi 30 anni la popolazione italiana in età da lavoro in Emilia-Romagna registrerà un -13,3%. Focalizzandoci sull’area reggiana, a livello provinciale la popolazione complessivamente è aumentata in 10 anni dello 0,2%, ma la fascia dei 15-34enni ha registrato un -2,1%. Secondo gli ultimi dati Istat aggiornati al 2021, la quota di NEET (giovani di 15-29 anni né occupati né inseriti in un percorso di istruzione o formazione) sul totale delle persone di 15-29 anni risulta essere del 16,4% a Reggio Emilia, in aumento di 4,2 punti percentuali rispetto al 2019. Tra gli altri motivi del gap tra domanda e offerta di lavoro non si possono escludere l’adeguatezza del candidato che consegue al percorso scolastico e formativo svolto, la precedente esperienza lavorativa, il livello e le prospettive di evoluzione della retribuzione e della carriera in azienda, la tipologia contrattuale offerta, l’accesso a strumenti di welfare aziendale, la propensione al lavoro manuale e la flessibilità degli orari. Dopo la pandemia, inoltre, si osserva un minore appeal per lavori a elevata interazione personale o che non consentono forme di smart working.
Nel 2022 le micro e piccole imprese reggiane con meno di 50 dipendenti hanno contribuito per oltre la metà (il 56,3%) alla domanda di entrate previste in provincia, pari a 28.980 unità. Sono difficili da reperire per le MPI di Reggio Emilia il 45% delle entrate previste, equivalenti a 13.050 lavoratori, che rappresentano il 56,3% delle entrate giudicate difficili da trovare da parte di tutte le imprese con dipendenti. Il 25,6% delle entrate sono difficili da reperire per il ridotto numero di candidati, il 14,7% per inadeguatezza dei candidati, il 4,8% per altri motivi. Guardando al dettaglio settoriale, per le MPI di Reggio Emilia tra i comparti con la maggiore difficoltà di reperimento troviamo al primo posto le costruzioni (62,1%), seguite da servizi di trasporto, logistica e magazzinaggio (54,8%) e industrie metallurgiche e dei prodotti in metallo (52,1%).
«Chiediamo al Governo di intervenire – conclude il presidente Luppi –: per favorire la riduzione tra la domanda e l’offerta di lavoro serve incentivare e aiutare l’imprenditore ad assumere. Sgravi fiscali, contributi, aiuti: sono solo alcune delle misure che da Palazzo Chigi ci aspettiamo per sostenere le micro, piccole e medie imprese che hanno dimostrato di voler continuare a crescere e a essere un simbolo della cultura del lavoro sul territorio».