«Declassare i Comuni montani modenesi non significa solo depotenziarne le opportunità di crescita, ma colpire un intero territorio, che da sempre fa della coesione e dell’unità la propria forza propulsiva. Fare “figli e figliastri” sulla pelle dei cittadini è gravissimo ed è nostra intenzione agire affinché questa decisione del Governo sia messa in discussione».
Con queste parole il presidente della Provincia di Modena Fabio Braglia commenta la proposta di Legge Calderoli 131/2025 che sarà votata il prossimo 19 dicembre che prevede nuovi parametri per la definizione dei comuni montani e che, al momento, vedrebbe declassati i territori di Prignano, Guiglia e Marano.
Nei giorni scorsi la Provincia di Modena aveva inviato ai 18 Comuni interessati una lettera indirizzata ad Anci, Upi e Uncem, sottolineando la “forte preoccupazione per le criticità derivanti dalla ridefinizione dei criteri di classificazione dei Comuni montani e in cui si sollecitava la necessità di intervenire urgentemente “rivedendo i parametri adottati dal Governo per la definizione della natura montana o meno di un comune, ridotti ad indicatori puramente altimetrici, optando per indicatori che tengano conto delle complesse condizioni socio-economiche degli stessi promuovendo un confronto reale affinché il Governo valorizzi le autentiche prerogative montane dei territori e scongiuri penalizzazioni immotivate”.
Per Fabio Braglia, presidente della Provincia di Modena «quello che sta avvenendo è gravissimo, perché questa ridefinizione dei criteri implicherà che tre Comuni del nostro Appennino vengano declassati, perdendo così tutte le prerogative e le opportunità di intercettare e mettere in campo strumenti di tutela e valorizzazione del territorio montano. Con questo provvedimento, il Governo decreta la morte delle nostre comunità montane, già duramente messe alla prova in questi anni e che ogni giorno lottano per non sparire. Per questo, insieme ai sindaci dell’Appennino, abbiamo chiesto con forza ad Anci, Upi e Uncem, che si facciano interlocutori a Roma, affinché si intervenga per rivedere i criteri di determinazione delle aree montane».
Inoltre, prosegue Braglia, «l’entrata in vigore della legge, comporterà l’immotivata ed immeritata esclusione di Comuni del nostro territorio, pur dotati di tutte le caratteristiche e dei disagi propri delle aree montane (quali, a titolo esemplificativo e non esaustivo, isolamento infrastrutturale e carenza di servizi essenziali) dalla possibilità di accedere al fondo per lo sviluppo delle montagne italiane ed agli ulteriori strumenti dedicati, quali agevolazioni fiscali e contributive per cittadini e imprese, deroghe in materia di dimensionamento scolastico e misure speciali per il trasporto pubblico locale».
Tra i nuovi criteri introdotti dalla legge, c’è quello dell’altitudine, che deve essere superiore a 600 metri e che, complessivamente, riguarda circa 1.200 Comuni sull’intero territorio nazionale.

