Il testo della Relazione annuale del sindaco di Modena Giorgio Pighi sull’attuazione del programma, pronunciato questo pomeriggio nel Teatro della Fondazione Collegio San Carlo.

UN FUTURO DA COSTRUIRE

“Ce la faremo… avremmo mille motivi per pensare il contrario, ma anche questa volta, insieme, ce la faremo e adesso vi spiego perché.

Vi spiego perché malgrado il momento politico molto confuso, malgrado le difficoltà imposte dalla crisi economica e malgrado i tagli abnormi e ingiusti alla finanza locale, malgrado tutto questo noi ce la faremo, e riusciremo a consegnare ad una futura generazione di cittadine e di cittadini ed a una futura classe dirigente una città in movimento, viva, consapevole dei rischi, ma sicura dei propri mezzi.

Il quadro di riferimento generale è quanto mai complesso, ma il dato prevalente è quello relativo alla crisi economica, alla recessione mondiale, alle conseguenze ed alle trasformazioni che modificano continuamente lo scenario. Trasformazione credo sia la parola chiave di questo passaggio: la crisi è già passata, è ancora in atto, deve ancora arrivare? Interrogarsi su questi aspetti è importante per determinare le scelte del momento, ma in generale l’aspetto che si afferma con forza è che comunque la realtà sta cambiando, si sta trasformando appunto, e continuerà a farlo indipendentemente che ci si trovi in una fase o in un’altra. Quindi eccoci al primo punto fermo: dovremo comunque gestire, governare la trasformazione, le trasformazioni. Di conseguenza eccoci anche alla prima risposta: dobbiamo avere gli strumenti giusti per intercettare il cambiamento, magari provare anche a precederlo di un istante, con decisioni che trasformino (ancora) i possibili problemi in potenziali opportunità. Trodotto significa introdurre forti dosi di innovazione a tutti i livelli ed a partire dal nostro modo di amministrare, anche a costo di correre qualche rischio in più.

Il sistema Paese devo dire che nel tempo ha consolidato anticorpi formidabili, altrimenti come avremmo potuto superare il sostanziale vuoto di governo di quest’ultimo anno: non esprimo giudizi di merito su polemiche, dossier, servizi ed altro; semplicemente rilevo che un’intera classe politica (quella al governo ed anche altri pezzi) ha perso tempo in chiacchiere inutili, mentre il Paese era ed è ancora esposto a rischi enormi, dalla speculazione (se ne sente di nuovo parlare con insistenza) alla ripresa che stenta ad affermarsi, da un federalismo incompiuto ad uno stato che impone tutto il peso del risanamento agli enti locali. 25 miliardi la manovra complessiva: 10 a carico dello stato, ma solo due di minori spese, il resto ipotetico frutto del recupero dell’evasione; di contro, 15 miliardi a carico di regioni, province e comuni, e tutti di tagli alla spesa. Insomma lo stato scherza col proprio apparato, in gran parte improduttivo, e diventa invece feroce con i comuni e le regioni che, invece, vincolano la loro spesa ai servizi ai cittadini ed agli investimenti.

Eppure noi avremmo bisogno di uno stato forte, autorevole e presente, dal quale eventualmente dissentire (anche i governi di centro sinistra hanno tagliato i nostri bilanci e per questo sono stati criticati), ma il punto non è la critica, bensì il confronto, la capacità di misurarsi con noi, di sentire le ragioni dei sindaci, dei presidenti e dei governatori. Avremmo bisogno almeno di condividere i problemi, se non altro sarebbe un terreno comune da cui partire per cercare soluzioni possibili, anche diverse, anche molto diverse, ma con lo stesso obiettivo. Invece ci sentiamo dire che la crisi è passata, mentre sappiamo bene che non è così; che la scuola è migliorata e non è così e, ancora, che si lavora per la sicurezza e non è così, perché si tagliano fondi vitali tanto alla scuola quanto alla sicurezza.

Avremmo bisogno anche del federalismo e di un governo dell’economia non solo giocato in difesa, ma volto ad affermare una nuova fase di crescita. Federalismo e ripresa (economica), altre due parole chiave per definire il quadro dei nostri riferimenti e perciò delle politiche che andremo ad attuare.

Significa rivedere i criteri nella distribuzione della ricchezza, operazione che però diventa possibile solo se saremo effettivamente in grado di produrre nuova ricchezza ed insieme a questa una rinnovata fiducia nel domani.

Veniamo a Modena. I pregi, i punti di forza della nostra realtà li conosciamo bene: un città ben organizzata, con un sistema di relazioni ancora forte, un’economia che regge l’urto; soprattutto che dispone di tutti gli strumenti di volta in volta necessari ad affrontare le difficoltà che si presentano. Sappiamo adattarci, trarre il meglio dalle situazioni, critichiamo tanto, anche noi stessi, ma non ci abbattiamo mai ed ogni volta riprendiamo a lavorare.

Su alcune questioni, però, si è accesa la spia della riserva e così come in passato si tratta di problemi che vanno aggrediti, anzi prima conosciuti e poi affrontati con decisione. Un po’ come abbiamo fatto sulla questione della sicurezza (non preoccupatevi, continuiamo a lavorare con lo stesso impegno) ma oggi il clima, il sentire delle persone è diverso ed il calo costante dei reati ne è la testimonianza concreta…e non si tratta di mancate denunce (il Questore ogni tanto ci prende in giro dicendo che a Modena si denunciano anche i furti degli addobbi natalizi …ed è pure vero), non si tratta quindi di mancate denunce, ma di una effettiva riduzione delle attività criminose. I rischi sono sempre li, sempre presenti, ma anche noi stiamo attenti e insieme a noi gli apparati dello stato che malgrado le note difficoltà continuano a lavorare col massimo impegno.

Quali dunque i problemi e parlo di questioni serie, con una valenza generale? Io credo che oggi i problemi di Modena siano sostanzialmente due. Uno che riguarda tutto il mondo occidentale ed in particolare l’Europa, è cioè il timore del futuro: la paura di un domani peggiore del presente a causa di scenari internazionali più che mai incerti, delle ricorrenti crisi economiche, della difficoltà nell’avere certezze a tutti i livelli, dalla famiglia al lavoro.

L’altro problema, che forse, anzi sicuramente, è strettamente connesso al primo, è una certa difficoltà che rilevo nel mettersi al passo, nel ripartire dopo le difficoltà. E’ vero, il momento è quello che è, ma anche alle condizioni date io credo che potremmo osare di più, avere più coraggio nell’affrontare il rischio, nell’accettare le sfide, più fiducia nei nostri giovani e nella loro capacità di segnare una strada nuova.

Di fronte al timore, che non è timore di qualcosa di specifico, ma di un clima generale, di uno scenario fatto di tante paure sommate, si può reagire in modo diverso. Un modo sbagliato, perché inutile oltre che molto rischioso, è quello di cercare sempre un nuovo nemico (i nomadi, gli immigrati, i presunti cementificatori opposti alle altrettanto presunte vestali dell’ambiente, e poi i giovani che fanno chiasso, i vecchi che rallentano e tutto quello che crea fastidio) trasformando un disturbo temporaneo in una ragione di essere.

Ed ora i nuovi traguardi. Perchè un altro modo c’è, più faticoso da spiegare e da perseguire, che è quello di dare il giusto peso ai nemici reali e di lasciar perdere quelli immaginari; e, appunto, di darsi dei nuovi traguardi, nuovi obiettivi da raggiungere per canalizzare le energie migliori alla soluzione dei problemi. Tocca a noi scegliere: restare indietro a difendere l’esistente da non si sa quale attacco, oppure guardare avanti, accettare le sfide, la sfida dell’economia, del lavoro, del contenimento della spesa, della città che si trasforma, della società che cambia.

E’ in questo quadro che si inserisce Effetto Modena, gli stati generali della città e cioè un momento di consultazione ampia sulle scelte di oggi che però impegnano già gran parte del nostro futuro.

Vorrei prima di tutto chiarire un aspetto e cioè “chi decide alla fine del percorso”. Lo dico chiaro perché non nascano equivoci. A decidere saranno gli organismi eletti dai cittadini, che i cittadini hanno delegato a compiere le scelte fondamentali per il futuro di Modena. Quindi deciderà la Giunta per le parti di sua competenza ed il Consiglio Comunale per quanto rientra nella sue prorogative, ovviamente quando necessario d’intesa con gli altri soggetti istituzionali come le Circoscrizioni, gli altri Comuni, la Provincia e la Regione.

Effetto Modena non è un percorso parallelo agli istituti democratici, è uno strumento che consente alla città, organizzata e no, di far sentire la propria voce, di partecipare al confronto e quindi di inserire idee e proposte, questo si, nel percorso istituzionale. “E che garanzia abbiamo che se ne terrà conto?”, a volte mi viene chiesto.

Potrei rispondere la credibilità e l’integrità del Comune, potrei anche dire la mia parola, ma la garanzia vera, concreta è quella della trasparenza, l’aver creato le condizioni affinché ogni proposta possa trovare spazi e sedi di confronto pubblico.

Guardate, io credo molto negli istituti di partecipazione: Da allora capogruppo dei Democratici di sinistra ho contribuito a scrivere uno dei regolamenti comunali più aperti in questo senso, che ha anticipato scelte poi compiute anche da altre istituzioni, compresa la Regione Emilia-Romagna.

Quindi credo di poter sostenere che non si tratta di superare la democrazia rappresentativa, ma di rafforzarla, chiamando i cittadini a contribuire a formare gli orientamenti ed in alcuni casi anche a decidere direttamente. Ovviamente sulle scelte vitali per la città è giusto che ognuno si assuma le proprie responsabilità: il collettore di Levante è un’opera fondamentale e si deve fare, cercando di limitare e disagi, ma andando anche oltre le proteste ed il dissenso; il collettore significa più sicurezza dal rischio idraulico, quindi si decide e si fa. Un altro esempio? Lo smaltimento dei rifiuti: posso annunciare qui che abbiamo superato il 50% di raccolta differenziata, un risultato conseguito, anche, tra lo scetticismo di chi sosteneva che con il termovalorizzatore avremmo smesso di spingere sulla differenziata. Non è così, evidentemente, così come mi pare evidente la necessità di proseguire con la politica dell’equilibrio: aumentare la differenziata; progredire con le tecniche di incenerimento investendo sulle nuove e più avanzate tecnologie, superare del tutto le discariche, evitando di mettere in contrapposizione strumenti che invece devono essere combinati assieme; soprattutto, rimanere autosufficienti ad un costo accettabile per le famiglie, le imprese e la collettività. Questo è un tema sul quale si deve molto ascoltare, di sicuro, ma altrettanto sicura è la responsabilità che chi governa si deve assumere nel decidere in base all’interesse prevalente, quello della collettività.

Su altre questioni, sempre importanti, ma non fondamentali, per le quali cioè non si corra il rischio di inondazioni o di cumuli di rifiuti per strada, è giusto far ricorso anche al parere diretto dei cittadini. Per questo abbiamo sostenuto l’istruttoria pubblica sul futuro progetto di piscina al parco Ferrari e lo stesso faremo sulla consultazione popolare relativa a Piazza Matteotti.

Oggi, in questa società tanto complessa e ancor più frammentata, credo si debba governare così: decidere e quindi agire sulle questioni fondamentali; lasciare margini più ampi, rispetto al passato, su decisioni che ovviamente influiscono sulla città, ma che non ne alterano in modo permanente gli equilibri.

Effetto Modena riparte con questo incontro. Entro la fine dell’anno approfondiremo due temi centrali: lo stato sociale e la sua compatibilità; l’economia ed il lavoro. Quindi si tratterà di una discussione strettamente connessa a quella sul bilancio di previsione del prossimo anno.

D’altra parte, fin dall’inizio, agli stati generali abbiamo attribuito questa duplice valenza, anzi proprio un doppio compito: da un lato individuare idee e proposte da spendere in questo presente molto difficile; e dall’altro armonizzare queste scelte con l’idea di città che vogliamo contribuire a costruire nei prossimi 15/20 anni.

Su ognuno dei temi presenteremo delle proposte di discussione, poi faremo incontri mirati (focus) con gli addetti ai lavori, apriremo la discussione a tutta la città con la rete e con iniziative di strada, ci confronteremo con gli altri comuni e la provincia, con la struttura comunale a tutti i livelli. A metà Novembre un convegno di restituzione di tutto questo lavoro sul welfare, con l’opportunità di vedere e valutare anche diverse esperienze a confronto. A metà Dicembre si completerà un percorso analogo sui temi dell’economia e del lavoro, in stretto rapporto con la Commissioni consigliare sugli effetti della crisi.

Idee e proposte per discutere del bilancio con tutti gli elementi a disposizione e, fatto non secondario, per allargare progressivamente la base del confronto in città sui temi del governo e dello sviluppo della nostra realtà. Il prossimo anno, infatti, tra la primavera e l’estate lavoreremo sugli approfondimenti all’urbanistica ed al capitale sociale, quindi si avvierà il percorso per la realizzazione del prossimo Piano Strutturale Comunale (ex PRG), un piano che si svilupperà in base al progetto di città che avremo definito col confronto.

Dicevo all’inizio di questa relazione dei tagli imposti a Comuni, Province e Regioni. Al comune di Modena, perciò ai cittadini modenesi nella migliore delle ipotesi ne toccheranno complessivamente tra 11 e 12 milioni di euro: quindi il nostro bilancio di spesa corrente scenderà dagli oltre 214 milioni previsti nel 2010 a poco più di 200 milioni nel prossimo anno.

Già così si tratterebbe di una manovra di inaudita violenza, mai vista nella storia repubblicana. Ma c’è di più, i tagli (che dovranno essere tagli veri e non solo raccontati come quelli previsti per lo stato), ovviamente non potranno incidere sulla parte fissa della spesa, fatta di stipendi, contratti, utenze. Quegli 11 milioni e mezzo, perciò, verranno tagliati da una base molto più ridotta e quindi avranno un effetto molto maggiore. Saremo costretti a tagliare sulla parte viva del bilancio, quella dei servizi, dei contributi al volontariato, del sostegno all’economia, della cultura.

Abbiamo messo in campo un’ipotesi che stiamo discutendo al nostro interno e che presto verrà illustrata alla città. Non posso e non voglio nasconderlo, si tratterà di interventi pesanti, tali da mettere in discussione non tanto il nostro modo di amministrare, sarebbe il meno, quanto piuttosto lo stesso modo di vivere di molti modenesi.

Io posso assicurare il massimo dell’equità consentita dalle norme, posso garantire che non saranno tagli indiscriminati, ma piuttosto volti a definire una scala di priorità che salvaguardi una delle caratteristiche fondamentali della nostra coesione sociale e cioè la possibilità di offrire servizi a tutti, anche se a condizioni diverse.

Ancora posso garantire che non ci saranno zone franche e che faremo il possibile per razionalizzare ed ottimizzare la spesa, ancora di più di quanto siamo stati impegnati a fare fino ad oggi.

Nel definire le priorità non possiamo non mettere al primo posto i servizi sociali ed educativi, per gli anziani, per i disabili e per l’infanzia. Non si tratta solo di garantire l’assistenza, fatto pur di grande significato e civiltà; per noi, infatti, il welfare è anche un contributo fondamentale alla tenuta complessiva della società, anche in termini economici e di sviluppo.

Poi, dovremo tenere in ordine la città, sia dal punto di vista della manutenzione che della sicurezza. Dovremo badare all’essenziale per sport e cultura, ma eviteremo pericolosi arretramenti, cercando un ulteriore coinvolgimento di sponsor e volontariato. Spero che si possa ancora garantire un sostegno adeguato all’economia locale, al commercio ed alla ricerca. Sport, cultura e sostegno allo sviluppo non vengono considerate dal governo funzioni fondamentali per i Comuni.

I cittadini con più possibilità saranno chiamati a contribuire maggiormente al mantenimento dei servizi, sicuramente si dovranno considerare aumenti, differenziati, delle rette e delle tariffe. Contratteremo con la regione. La stessa macchina comunale sarà coinvolta in modo consistente: il blocco dei contratti (deciso dalla manovra del governo) colpisce già duramente i lavoratori del pubblico impiego; a ciò si aggiunge una forte riduzione del turn-over, il governo ci impone di non superare il 20 %, ma temo che saremo costretti a scelte ancora più drastiche, limitando le sostituzioni all’indispensabile. E’ bene sempre ricordare che anche il taglio del personale si traduce in una minore capacità di rispondere alle domande dei cittadini.

4 milioni e mezzo di tagli quest’anno, 11 e mezzo il prossimo, ancora di più nel 2012. Con tutti gli sforzi possibili avremo comunque conseguenze pesanti ed i modenesi pagheranno a caro prezzo questa sorta di federalismo al contrario, questo tentativo evidente di scaricare peso, responsabilità ed eventuali conflitti solo su comuni, province e regioni, e cioè, guarda caso, su quei soggetti che del loro operato rispondono direttamente ai cittadini e che dai cittadini vengono controllati e giudicati.

Tutto questo avviene mentre crescono i bisogni e mentre la crisi economica sta per imboccare l’ultimo stadio, quello più spietato, quando dalla finanza e dalle imprese i problemi si trasferiscono al sociale, quando finiscono gli ammortizzatori, quando le famiglie diventano più povere, le donne ed i giovani non trovano lavoro.

Diventa essenziale il capitolo degli investimenti, essenziale per tenere la città in ordine, ma anche per garantire sviluppo, lavoro, sostegno ad alcuni settori importanti del nostro tessuto economico. Dobbiamo fare il possibile per investire perché altrimenti non lo fa nessun altro, visto che in questo paese il 70% degli investimenti avviene ad opera delle comunità locali. E’ in questo contesto che si inserisce l’operazione di vendita di una parte modesta delle azioni di Hera, quella libera dal patto di sindacato e quindi ininfluente rispetto alle scelte di governo dell’azienda.

Abbiamo scelto di vendere ora con un occhio al mercato ed un altro alla nostra effettiva capacità di spesa. Queste risorse, è bene dirlo, non vengono a sanare il buco di bilancio aperto dai tagli del governo in quanto andranno tutte destinate agli investimenti. Sarà importante scegliere bene, anche in questo caso con una scala di priorità: le opere da finire, la manutenzione dell’esistente e, come linea guida fondamentale, l’accrescimento del patrimonio della collettività.

In ogni caso, ripeto, la vendita delle azioni non influisce, se non in minima parte, sul bilancio di spesa corrente, che rimane nei termini gravissimi già descritti e che richiede azioni molto pesanti per rimanere negli equilibri imposti.

Sia ben chiaro, noi non vorremmo agire in questo modo, ma lo faremo per senso di responsabilità nei confronti dei cittadini; non siamo d’accordo con questa politica che riteniamo ingiusta e controproducente, ma ci impegneremo al massimo per ridurre le conseguenze per le famiglie, per le imprese, per il volontariato e per tutto quanto fa città.

Una cosa, però, la voglio dire con chiarezza: quando ci chiedono con una leggerezza imbarazzante di tagliare i contributi ad enti ed associazioni che svolgono una funzione importante per la città, non ci chiedono di risparmiare soldi, ma di essere meno comunità, di venir meno a quanto abbiamo sempre sostenuto essere giusto e corretto. Lo faremo come male minore, ma continueremo a dire che non siamo d’accordo, che è sbagliato e che si deve al più presto cambiare direzione: metteremo tutto il nostro impegno in questa azione, speriamo col sostegno delle parti sociali ed in accordo con tutto il sistema delle autonomie locali.

Noi, però, non siamo abituati a sopportare e basta. Quindi, prima ancora del bilancio e degli stati generali, voglio presentare una proposta che si rivolge ai soggetti che hanno capacità di spesa, anche se tutti stanno facendo i conti con i tagli o comunque con un momento di difficoltà generale: quindi la Regione, la Provincia, la Camera di Commercio, la Fondazione e l’Università. Insieme fissiamo alcuni, pochi, obiettivi fondamentali e su questi mettiamo le risorse che servono. Ognuno risolverà in casa propria il problema di come reperirle, ma intanto diamoci dei traguardi importanti da raggiungere: l’occupazione, magari con un piano straordinario per l’avvio al lavoro dei giovani; la copertura wireless e la banda larga in tutte le zone scoperte; le infrastrutture indispensabili; una scuola all’altezza, civile, che non abbandoni chi è svantaggiato. Insomma, non giochiamo solo in difesa, aggrediamo questa situazione, non accettiamo le acque torbide della stagnazione e proviamo a ridare vigore e fiducia a chi, in questa realtà, ha voglia di migliorare, di mettersi in gioco, di rischiare. A chi non ha paura.

Infine, concedetemi un passaggio molto specifico: non tutta la politica è uguale e non tutta la pubblica amministrazione è uguale. In questi ultimi anni, per giustificare azioni più o meno corrette ed anche qualche nefandezza, sono stati avvelenati i pozzi della democrazia e tutti gli amministratori sono diventati ladri e tutti i dipendenti pubblici sono diventati fannulloni. Beh, io conosco bene i miei assessori e li ringrazio di continuare a lavorare con grande impegno nell’interesse della città anche se vengono pagati pochi euro all’ora e la loro indennità è stata ulteriormente ridotta; così come ringrazio i dipendenti del Comune, nella stragrande maggioranza dei casi pagati poco, eppure chiamati ogni giorno a svolgere compiti di grande responsabilità sulle strade, al servizio degli anziani, coi nostri bambini, all’anagrafe, nelle strutture tecniche ed amministrative.

Grazie ai consiglieri comunali ed ai consiglieri di circoscrizione, a questi ultimi è stato tagliato completamente il gettone di presenza. Modena funziona anche grazie a tutte queste persone.

Ecco perché sono convinto che ce la faremo:

– perché il Comune è solido, poco indebitato e quindi in condizione di cogliere tutte le opportunità che si presenteranno; perché i tagli saranno dolorosi, peggioreranno le nostre condizioni di vita, ma non modificheranno i parametri generali della città.

– perché l’economia sta ripartendo, le parti sociali sono ancora capaciti di dialogare e credo siano pronte a sottoscrivere un nuovo patto per il rilancio della città.

– perché negli anni la città è cresciuta bene, con ordine ed equilibrio ed ora si presenta in piena trasformazione, quindi in movimento, pronta ad accelerare.

– perché anche nelle difficoltà il tessuto sociale mostra segnali di tenuta, capacità di selezionare le questioni serie e di contribuire ad individuare le possibili soluzioni.

Quindi perché, oltre a risorse del territorio ancora importanti e a strumenti di governo credibili, abbiamo da spendere passione e volontà, senza le quali il resto non basta. Perché non ci accontentiamo di galleggiare ma puntiamo con decisione all’innovazione, anche della nostra capacità di amministrare. Perché sappiamo che non sarà facile, non sarà assolutamente facile e questa consapevolezza ci rende più forti.

Tutti dovremo rinunciare a qualcosa, ma non quelli che non hanno nulla, e comunque sarà una rinuncia in cambio di qualcos’altro di molto importante: una prospettiva di futuro.

Dicono, ci diciamo, che siamo bravi a fare. Bene, allora immaginiamo un futuro per Modena e poi rendiamolo possibile. Insieme possiamo farcela”.