Bosnia – Erzegovina un anno dopo. Dal 16 al 20 novembre 2011 Mariangela Sala della Direzione Servizi per l’Ospitalità dell’Azienda Ospedaliero – Universitaria di Modena, in rappresentanza della Direzione Generale, è tornata nel paese balcanico per portare beni di prima necessità e verificare il reale arrivo di alcune attrezzature inviate nel corso dell’anno. Con lei c’era Claudio Migliori, infermiere della sala operatoria oculistica del Policlinico. Entrambi hanno viaggiato assieme a un convoglio della Caritas italiana e di ARPA (Associazione Regina della Pace). Il convoglio umanitario si è recato nel nord della Bosnia, a Gracanica, e nel campo profughi di Doborovci costruito dai Paesi Bassi con piccole case in stile nord europeo. Qui abitano ancora molte delle vedove delle vittime del massacro di Srebrenica del 1995. Quando il Policlinico ha sostituito le attrezzature in seguito al rinnovo dei locali e all’adeguamento agli standard della normativa vigente (armadi frigorifero, forni ventilati, forni per la pizza, abbattitori, taglia verdure, lavastoviglie industriali, tavoli in acciaio, brasiere, cuoci pasta), si è trovato l’accordo con la Caritas e l’Associazione Regina della Pace per donare queste attrezzature alla loro missione in Bosnia.
“La spedizione – ha spiegato Mariangela Sala – non ha esaurito il nostro intervento in Bosnia – Erzegovina iniziato lo scordo anno collaborando appunto con la Onlus. Anche nei mesi scorsi sono state trasferiti nei Balcani diverse attrezzature dismesse dal Policlinico di Modena perché obsolete secondo le normative italiane de europee ma ancora perfettamente funzionanti. Siamo sbarcati a Spalato alle 8,00 del 17/11, dove siamo stati trattenuti dai doganieri che controllano tutto il carico con i nuovi scanner installati per allinearsi alle norme europee in attesa del loro ingresso nell’UE. Siamo riusciti ad entrare in Bosnia dal posto di frontiera di Kamesko distante circa 35 km da Spalato e dopo 9 ore abbiamo raggiunto Gracanica. Al Centro Sociale di Gracanica, Tajib da anni aiuta a coordinare gli aiuti in tutta que-sta zona. Nonostante il freddo, ci sono molti poveri che aspettano mentre altri non sono riu-sciti a venire, perché abitano lontano e non hanno i soldi per pagare il mezzo pubblico di trasporto. Siamo andati poi a portare pacchi famiglia e presidi sanitari al campo profughi di Doborovci e Tuzla”. Mariangela e Claudio si sono poi diretti a Doborovci, il più grosso e numeroso di questi centri dove vivono donne ragazzi e bambini che non riescono a rientrare nel loro luogo di origine e nella società. Hanno portato i pacchi confezionati al Policlinico di Modena e alla Caritas di Finale Emilia, soprattutto biancheria ospedaliera, gentilmente offerta da Zbm (una delle ditte del Global Service del Policlinico), porcellane e stoviglie della cucina “Nel pomeriggio ci siamo diretti al centro Emmaus-Dujie di Doboj distante circa 60 km che ospita circa 400 persone tra disabili e pazienti psichiatrici dove abbiamo lasciato biancheria ospedaliera e tante divise per il personale”. Ha aggiunto Mariangela.
Il primo viaggio, nel dicembre 2010, aveva preparato il terreno all’invio dei materiali e/o attrezzature, individuando le realtà più adatte al loro utilizzo. Sono poi seguiti gli invii veri e propri, grazie all’organizzazione di Mirella Grossi della Caritas di Finale Emilia, e tanto impegno da parte di tutti i volontari che hanno guidato i convogli che per mesi e mesi consegnando il materiale. “Attraversando velocemente il viale dei cecchini a Sarajevo siamo riusciti a tornare anche a Medugorje da Suor Paolina nella casa delle donne <<perdute>>, dove abbiamo consegnato pannoloni e presidi vari e alimenti privi di glutine”. Conclude Mariangela. Ormai l’invio di attrezzature dismesse dal Policlinico di Modena, perfettamente funzionanti ma non più rispondenti alle normativa italiana, grazie anche alla collaborazione con la Onlus è diventata una bella tradizione. Senza l’aiuto dell’Onlus il Policlinico non riuscirebbe in tempi brevi ad avere le autorizzazioni per portare questo materiale in questo angolo d’Europa che ancora porta cicatrici di una guerra mai finita.

