Il tema delle cave e del loro impatto sul territorio è di lunga data, ma è spesso fuorviato da giudizi e commenti che hanno poco a che vedere con la realtà. Per questo ci pare indispensabile contribuire a fare chiarezza.
Chiunque operi nel settore estrattivo a Modena e abbia attività anche in altre parti d’Italia , a cominciare da Lombardia e Veneto, può testimoniare che la Regione Emilia-Romagna ha in questo campo un sistema assai severo di regole e un regime rigoroso di controlli: dall’apertura delle pratiche per la concessione, ai controlli sul lavoro quotidiano svolto in cava fino al recupero delle aree una volta esaurita l’attività estrattiva.
E all’interno della nostra regione Modena si conferma, a sua volta, la provincia più “rigorosa”: a cominciare dal limite di scavo che non può superare i 12 metri (quando Reggio Emilia ne concede 15 e Bologna 20). In più, oltre alla tariffa regionale, di cui una percentuale significativa va ai Comuni, a questi ultimi vanno attribuiti ulteriori oneri per ottenere la concessione: la tariffa in provincia di Modena varia da 0,60 a 1,20 euro il metro cubo, da corrispondere o direttamente in denaro o attraverso la realizzazione di opere pubbliche concordate con le amministrazioni locali. Senza contare che sempre più spesso i terreni delle cave, esaurita l’attività estrattiva, vanno ceduti gratuitamente ai Comuni, ripristinandoli sulla base di progetti concordati con i Comuni stessi ma a cura e spese delle imprese.
Tutto questo significa costi per le imprese del settore, costi che sono molto più alti rispetto a chi opera nel settore estrattivo anche solo appena oltre i confini della nostra regione. Si tratta di una realtà facilmente verificabile che negli ultimi anni sta portando imprese molto importanti a livello nazionale ad abbandonare il nostro territorio e altre imprese locali a rischiare la cessazione dell’attività per le troppe difficoltà da superare.
Altrettanto importante la puntualizzazione sul merito dell’utilizzo della ghiaia.
Il materiale vergine estratto in cava serve esclusivamente per la produzione di conglomerato bituminoso e calcestruzzo. Questo perché lo impone la legislazione, che a seconda delle funzioni del calcestruzzo, specifica perfino il “tipo” di ghiaia richiesta.
In tutti i casi in cui è consentito, è già una realtà l’uso di materiale inerte di recupero proveniente dalle demolizioni. Nessuno, infatti, userebbe ghiaia al posto del materiale di recupero, molto più conveniente non da ultimo perché vi sono minori costi per chi non lo conferisce in discarica.
(ANCE MODENA – CNA MODENA UNIONE COSTRUZIONI – APMI MODENA COLLEGIO IMPRENDITORI EDILI – LEGACOOP MODENA COOPERATIVE DEI SERVIZI)

