“Nutriamo, a 80 anni di distanza, una Memoria spontanea, oltre che doverosa, del sacrificio di nove reggiani, che è a tutti gli effetti elemento fondativo dell’identità democratica del nostro Pese, della Costituzione italiana e della nostra comunità. Il sacrificio di uno di loro, don Pasquino Borghi, va ricordato in particolare non solo per la sua eccezionale vicenda personale, ma quale elemento rappresentativo di una peculiarità diffusa nella nostra terra: il tributo alla Resistenza di diversi sacerdoti, parroci in particolare, e di tanti cattolici. Nella lotta di Liberazione, spesso le canoniche e le comunità parrocchiali sono state luogo di accoglienza e sedi di una scelta, quella dell’antifascismo e della Resistenza, che non fu esclusivamente lotta armata, ma appunto aiuto, accoglienza e sostegno di comunità, correndo grandissimi rischi e fino alla perdita della propria vita”.
Con queste parole il sindaco Luca Vecchi ha commemorato stamani al Poligono di tiro di Reggio Emilia la fucilazione per rappresaglia di don Pasquino Borghi e altri otto patrioti: Ferruccio Battini, Romeo Benassi, Umberto Dodi, Dario Gaiti, Destino Giovannetti, Enrico Menozzi, Contardo Trentini ed Enrico Zambonini.
Morirono sotto i colpi dei fascisti repubblichini 80 anni fa, il 30 gennaio 1944. Un mese prima, il 28 dicembre del ‘43 erano morti nello stesso modo e nello stesso luogo i sette Fratelli Cervi e Quarto Camurri.
“La scelta dei cattolici – ha aggiunto il sindaco – fu quella di stare dalla parte giusta e fu una esperienza collettiva. Per questo commemorare don Pasquino Borghi significa ricordare lui stesso e il tributo dei cattolici, diversi dei quali appartengono a quei 620 Caduti nei 18 mesi della Resistenza reggiana.
“Si trova nella Resistenza, in questa scelta storica dell’antifascismo, il punto di incontro di percorsi umani e idee diverse. Un punto di incontro che si rivelerà negli anni successivi lo stesso e determinante per la costruzione e la stesura della Carta costituzionale – ha concluso il sindaco Vecchi – Oggi, nella politica e nella vita sociale, siamo chiamati a fare nostro quel percorso e quell’incontro su valori fondativi che determinano, allora come oggi, l’essere dalla parte giusta. La forza etica e morale di quell’incontro, di cui sono innervati i primi 12 articoli della Costituzione, è un invito, un messaggio chiaro e forte per il presente”.
All’intervento del sindaco è seguito quello dello storico Massimo Storchi, in rappresentanza delle Associazioni partigiane, che ha ricostruito la vicenda della cattura dei nove antifascisti, la loro detenzione e la fucilazione.
A seguire, nella Basilica delle Ghiara, don Giuseppe Dossetti ha presieduto la messa di suffragio, a margine della quale studenti di Reggio Emilia e dell’istituto comprensivo di Carpineti e Casina hanno presentato loro elaborati grafici dedicati a don Pasquino Borghi e agli altri martiri, che troveranno posto nel museo allestito nella canonica di San Pellegrino, dove è custodita la tonaca indossata dal sacerdote durante il martirio.
La commemorazione dell’eccidio si è conclusa con la deposizione di una corona d’alloro presso la lapide collocata sul muro dell’Ostello della Ghiara in vicolo dei Servi, nelle cui adiacenze sorgeva il luogo di detenzione fascista (poi demolito), dove furono rinchiusi, picchiati e torturati don Borghi e gli altri otto antifascisti prima dell’esecuzione.
Le iniziative erano promosse da Comune di Reggio Emilia, Provincia, associazioni partigiane Anpi, Alpi, Apc, Anppia, Comitato democratico costituzionale, Istituto “Alcide Cervi”, Istoreco e Ufficio scolastico di Reggio Emilia.
Notizie su don Pasquino Borghi, nome di battaglia Albertario
Pasquino Borghi nasce a Bibbiano il 26 ottobre 1903 da una famiglia di contadini mezzadri.
Entra in seminario a 12 anni, dimostrando una spiccata tendenza alla vita ecclesiastica. Nel 1924 entra nell’Istituto Benedetto XII delle missioni africane in Verona. Nel 1930, ordinato sacerdote, parte per la missione comboniana di Torit, nel Sudan all’epoca anglo-egiziano. Nel 1937 viene fatto rientrare in Italia per motivi di salute e curato presso l’istituto missionario di Sulmona. Nel 1938 entra nella Certosa di Farneta (Lucca), ove emette i voti di certosino. Nel 1939 chiede la dispensa papale per ritornare alla vita sacerdotale “nel mondo”, anche per poter aiutare la madre rimasta vedova e in povertà.
Nominato cappellano nella chiesa di Canolo (Correggio), assume decisa posizione contro la guerra e la dittatura fascista. Dall’autunno 1943 è parroco a Coriano-Tapignola di Villa Minozzo.
Dopo l’8 settembre 1943, inizia un’intensa attività di aiuto ai soldati italiani sbandati, ai prigionieri alleati fuggiti dai campi di internamento e ai primi partigiani. Aderisce alla Resistenza con il nome di battaglia di Albertario.
Il 21 gennaio 1944 viene arrestato a Villa Minozzo da militi della Repubblica Sociale, mentre sta tenendo l’omelia della Messa. Un milite ha la sfrontatezza di schiaffeggiarlo, mentre una maestra in segno di spregio gli sputa sul viso. Inutili i tentativi per salvarlo: don Pasquino viene incarcerato a Scandiano e poi, nell’ultima notte, trasferito nel carcere dei Servi a Reggio Emilia. Subisce percosse, torture e umiliazioni, sopportate con rassegnazione cristiana e con una forza d’animo tale da infondere coraggio ai compagni di prigionia che insieme a lui subivano la medesima sorte.
Il 30 gennaio 1944, per rappresaglia dopo l’uccisione di un milite fascista, senza alcun processo, viene fucilato insieme ad altri otto patrioti: Ferruccio Battini, Romeo Benassi, Umberto Dodi, Dario Gaiti, Destino Giovannetti, Enrico Menozzi, Contardo Trentini ed Enrico Zambonini. L’esecuzione ha luogo nello stesso Poligono di tiro dove un mese prima, il 28 dicembre 1943, erano stati fucilati i sette Fratelli Cervi e Quarto Camurri. Un distaccamento partigiano viene ben presto intitolato a don Pasquino, una delle figure più importanti della Resistenza reggiana.
Il 7 gennaio 1947, in occasione delle celebrazioni del 150° Anniversario della nascita del Primo Tricolore, il capo dello Stato, Enrico De Nicola, consegna alla madre, Orsola Del Rio, la Medaglia d’oro al Valore militare alla memoria.