La Corte di Cassazione ha sancito l’illegittimità delle ‘clausole anatocistiche’ bancarie, ovvero di quelle clausole contenute nei contratti bancari che prevedono la capitalizzazione trimestrale degli interessi a favore della banca contro la capitalizzazione annuale di quelli previsti a favore del cliente. La sentenza pone fine al lungo braccio di ferro tra istituti bancari e clienti rappresentati dalle associazioni dei consumatori.


Le polemiche hanno già portato nel 1993 all’approvazione della c.d. legge sulla trasparenza bancaria. L’ ‘anatocismo’ indica il fenomeno della produzione di ‘interessi sugli interessi’. In sintesi, gli interessi applicati dalla banca al debito di un risparmiatore, i cosidetti interessi passivi, ‘maturavano’ ogni tre mesi, divenendo essi stessi parte del capitale. Al contrario, il conteggio degli interessi della banca nei confronti del risparmiatore, ovvero quelli sul deposito del cliente, ‘scattavano’ ogni anno.

Storicamente il fenomeno è stato visto con sfavore dal legislatore, in quanto può condurre ad un aumento sproporzionato del debito difficilmente quantificabile all’inizio del rapporto.

Nel codice civile l’anatocismo è disciplinato all’art. 1283. Questo prevede che gli interessi possano produrre a loro volta interessi a condizioni ben precise: devono essere scaduti da almeno sei mesi; deve essere presentata apposita domanda giudiziale; occorre specifica pattuizione posteriore alla data di scadenza degli stessi (in alternativa alla domanda giudiziale).
In materia bancaria le clausole anatocistiche trovano il loro fondamento nelle Norme Bancarie Uniformi predisposte dall’ABI.

Secondo le associazioni dei consumatori l’ABI in quanto ‘cartello bancario’ ha imposto l’anatocismo al cliente bancario, creando un uso negoziale che non esisteva prima dell’entrata in vigore del nuovo codice civile e che quindi non può derogare il disposto imperativo dell’art. 1283. Gli istituti di credito sostengono che l’ABI nella predisposizione delle N.U.B. non ha fatto altro che riprendere un uso normativo già esistente sul mercato e quindi in grado di derogare la norma civilistica.

Secondo il presidente dell’associazione dei consumatori, Elio Lannutti, la sentenza “mette una pietra tombale sulla revanche di Abi e istituti di credito, i quali volevano ribaltare le precedenti limpide pronunce di cassazione, che avevano dichiarato illegittima la cinquantennale pratica bancaria dell’anatocismo, vietata dal codice civile, ma rinviata agli usi”. L’Adusbef ricorda quindi che dopo tale ulteriore, irrevocabile pronuncia della Cassazione “le banche sconfitte devono restituire a circa 10 milioni di correntisti tra i 20 e i 30 miliardi di euro”.

(Fonte: TGCom)