Confartigianato Federimprese Bologna, con il contributo della Camera di Commercio, ha sviluppato in collaborazione con l’Università di Bologna una ricerca sulle dinamiche delle imprese artigiane che in provincia si occupano di lavorare carne e latte. I risultati dell’indagine sono stati presentati durante un convegno questa mattina nella sede provinciale di Confartigianato a cui hanno preso parte il Dott. Agostino Benassi, Segretario Provinciale Confartigianato Federimprese, il Professor Giulio Malorgio e il Dott. Luca Camanzi, dell’Università di Bologna, Pamela Meier, Assessore alle Attività Produttive della Provincia di Bologna , Giada Grandi, dirigente Camera di Commercio di Bologna, il Dott. Marasco del Servizio Veterinario Asl di Bologna, Agostino Borsetto direttore di Federfidi Cooperativa di Garanzia.


L’INDAGINE



Il cambiamento delle abitudini dei consumatori, l’adeguamento delle tecniche produttive alle esigenze della qualità e la competitività del mercato nel settore alimentare rappresentano sfide che la modesta dimensione delle imprese artigiane non consente di cogliere tempestivamente.

La ricerca si propone di dare un contributo alla conoscenza delle caratteristiche strutturali e organizzative delle imprese alimentari artigiane, per delinearne le prospettive future e i possibili servizi di supporto utili ad affrontare i cambiamenti.


L’indagine ha riguardato le imprese artigiane di trasformazione della carne e del latte (lattiero-casearie) della provincia di Bologna, ed è stato realizzato dal Prof. Giulio Malorgio e dal Dr. Luca Camanzi del Dipartimento di Economia e Ingegneria Agrarie dell’Università di Bologna.



Lo studio è stato condotto su un campione di imprese Bolognesi, pari a circa il 70% del totale, che si occupa di lavorare carne e latte, attraverso un’indagine sul campo che ha approfondito molteplici aspetti legati alla loro attività, che ha portato ad una conferma di fenomeni noti ma anche ad evidenziare nuove prospettive.



In primo luogo l’indagine ha consentito di tracciare un profilo delle condizioni strutturali con cui le imprese operano.
Si rileva dunque che le imprese sono costituite prevalentemente come società di persone e la giuridica prevalente sono la Snc e la Ditta Individuale e mediamente esse sono in attività da 20 anni.

Gli imprenditori, maschi per la quasi totalità, hanno un’età media di 53 anni e vantano una lunga esperienza nel settore (in media 33 anni) così come un notevole impegno lavorativo in termini di ore.


Il livello di istruzione è quasi uniformemente distribuito nel campione tra licenza elementare, licenza media e diploma, ma si osserva una certa concentrazione degli operatori del latte nella classe corrispondente ai titoli di studio superiori.
Per le imprese artigiane risulta importante il contributo offerto dai familiari dell’imprenditore, sia in termini di numero di addetti (quasi un quarto del totale), ma soprattutto per la forte presenza tra i soci e dunque per l’apporto fondamentale nella conduzione e nella formulazione delle strategie aziendali.


In riferimento all’ammontare delle immobilizzazioni, la imprese osservate si caratterizzano per una ridotta dimensione, in conseguenza della loro natura artigiana, collocandosi prevalentemente nella classe a cui corrisponde un valore immobilizzato inferiore a 300.000 euro. Anche il fatturato realizzato non supera i 500.000 euro per circa il 40% degli operatori. Si osserva tuttavia la presenza di un buon numero di imprese di dimensioni superiori la cui performance economica risulta apprezzabile. Nel corso degli ultimi 3 anni sono infatti le imprese più grandi ad avere conseguito incrementi di fatturato, a fronte della contrazione fatta registrare dalle aziende più piccole.



In un secondo momento lo studio ha inteso approfondire la conoscenza delle caratteristiche e delle modalità di organizzazione del processo produttivo e dei rapporti esistenti con gli altri operatori economici presenti sul territorio, nella fase di approvvigionamento della materia prima.
In entrambi i comparti considerati il processo produttivo è caratterizzato da una certa stagionalità, anche se il fenomeno pare in attenuazione rispetto al passato. I picchi di offerta (+30% circa) sono principalmente legati alle festività, ma mentre per gli operatori nel comparto della carne tendono a collocarsi nel periodo invernale, per la lavorazione del latte è nel periodo estivo che la produzione è più elevata. Mediamente la capacità produttiva a disposizione è sfruttata per il 73%.


Tra le imprese del campione la produzione avviene prevalentemente in conto proprio, anche se quasi il 40% delle imprese effettuano lavorazioni in conto terzi, con una quota di prodotto finito pari al 24% del volume totale.

Un elemento che condiziona fortemente il processo produttivo delle imprese osservate è rappresentato dall’importanza rivestita dalle materie prime utilizzate. In termini economici, infatti, le materie prime impiegate incidono per circa il 70% sul fatturato complessivo realizzato. Ma di fondamentale importanza risultano le caratteristiche qualitative della carne e del latte che vengono trasformati e dunque risulta cruciale il controllo e la gestione dell’approvvigionamento da parte delle imprese del campione che cercano quindi di instaurare un rapporto diretto e stabile con la fase a monte. Così oltre il 99% delle imprese lattiero-casearie si rivolgono a produttori agricoli locali (dei comuni limitrofi), mentre nonostante la inevitabile forte presenza di forniture provenienti dai grandi macelli della Lombardia e del Veneto (60% del prodotto), anche le imprese che lavorano carne scelgono strategie di coordinamento con produttori agricoli presenti sul proprio territorio (modalità che riguarda il 28% del prodotto realizzato).



Passando a considerare i rapporti con il mercato l’indagine ha mirato a cogliere l’attitudine delle imprese a qualificare la propria offerta, attraverso sia la differenziazione dei prodotti, sia l’impiego di marchi, sia con la predisposizione di sistemi di certificazione e di tracciabilità.
Si evidenzia quindi come poche imprese abbiano differenziato la propria gamma di prodotti, mentre la maggior parte di esse si affidano alla riconoscibilità ottenuta con l’utilizzo di un semplice logo e il proprio nome.
Tuttavia se si considerano i volumi di prodotto, si evidenzia il ruolo importante dei marchi depositati (soprattutto grazie ai prodotti lattiero-caseari), così come la buona diffusione di certificazioni di processo e soprattutto dei sistemi di tracciabilità (64% del prodotto realizzato).
La produzione realizzata viene commercializzata prevalentemente attraverso la grande distribuzione, la quale però solo in pochi casi vi appone il proprio marchio. Altri canali commerciali rilevanti risultano l’ingrosso e la ristorazione.



Ulteriori aspetti interessanti emersi dallo studio riguardano gli investimenti e l’innovazione tecnologica posti in essere dagli imprenditori, in relazione ad una pluralità di fattori quali l’utilizzo di strumenti informatici, le forme associative, gli interventi effettuati sul processo produttivo e l’accesso al credito.

Circa il 40% delle imprese fanno affidamento a strumenti informatici, prevalentemente sotto forma di un sito internet allestito come vetrina aziendale (75% dei casi), quindi per la posta elettronica e il controllo del processo produttivo (entrambe le modalità hanno una frequenza del 25%), o più in generale la raccolta di dati, anche ai fini della tracciabilità del prodotto (17% delle imprese). E’ da segnalare come nel comparto della carne vi sia una esperienza di commercio elettronico (anche se avviata di recente).

Il campione dimostra una buona propensione ad investire, tanto che negli ultimi 5 anni quasi il 90% delle imprese ha effettuato investimenti. Oltre ad interventi di manutenzione, risultano frequenti investimenti in nuovi impianti e in sistemi informatici, ma anche per nuovi immobili.
Una parte significativa (17%) del valore degli investimenti effettuati è autofinanziato dalle imprese. Nel 74% dei casi gli operatori si sono rivolti anche ad istituti di credito, verso i quali riferiscono di avere buoni rapporti, o hanno ottenuto finanziamenti pubblici (di cui ha beneficiato il 16% delle imprese).

Le forme di credito a breve più diffusa è di gran lunga lo scoperto di conto corrente (83% dei casi), mentre nel lungo periodo i mutui con durata superiore a 15 anni sono i più diffusi (26%).



Le interviste condotte hanno consentito di delineare anche le principali prospettive delle imprese del campione nel medio periodo, con particolare riferimento agli investimenti previsti, al ruolo delle associazioni, agli scenari di avvicendamento dell’imprenditore ed ai fattori che ne condizionano lo sviluppo.
La maggioranza delle imprese pare avere già effettuato gli investimenti ritenuti necessari così che appena il 42% degli intervistati prevede nuovi interventi, tra i quali sono da segnalare l’adeguamento ai sistemi di tracciabilità e nuove linee produttive in risposte alle recenti istanze di mercato (confezionamento in atmosfera controllata).


In riferimento ai tempi di cessazione dell’attività da parte dell’attuale imprenditore si è rilevato come oltre il 50% degli operatori intendano ritirarsi entro 15 anni. Anche se il problema della successione non pare porsi a breve, tuttavia, pare rilevante sottolineare che solo per il 52% delle imprese è garantita una continuità attraverso figli o nipoti.
In questo contesto di incertezza gli intervistati fanno affidamento sulle associazioni di categoria, a cui aderisce l’87% del campione, esprimendo nella quasi totalità dei casi un giudizio positivo in merito. I principali servizi richiesti sono consulenze fiscali e servizi di contabilità. In misura molto più modesta riguardano iniziative di promozione dell’offerta e di coordinamento nei confronti di altri operatori, sia nelle fasi a valle (commercializzazione) che per i servizi assicurativi e del credito (domanda di convenzioni e agevolazioni) e di tipo legale.



In conclusione è possibile affermare che i risultati dell’indagine hanno delineato un quadro non molto confortante per le imprese artigiane bolognesi che operano nei comparti della trasformazione della carne e del latte. Tali imprese evidenziano infatti notevoli difficoltà a stare al passo con i cambiamenti del mercato, come testimoniato dalla contrazione del fatturato registrata nell’ultimo triennio. Le principali problematiche emergono in relazione alla capacità di adeguare le strutture e l’organizzazione della produzione alle esigenze della distribuzione ed alle istanze provenienti dai consumatori e dalle istituzioni, oltre che alla capacità di differenziare e valorizzare l’offerta.



Secondo il Segretario di Confartigianato Federimprese Agostino Benassi “in questo contesto di difficoltà le opportunità che possono essere sfruttate dalle imprese per avviare un efficace processo di sviluppo sono rappresentate dal forte radicamento nel territorio di origine, quindi dalla notevole notorietà e dal livello qualitativo elevato delle produzioni realizzate. Per sfruttare al meglio queste potenzialità gli imprenditori dovranno compiere investimenti in nuove tecnologie e puntare alla differenziazione della gamma, ma anche sviluppare forme di integrazione con i canali commerciali a valle. E’ una litania che ripetiamo da molto tempo: abbiamo prodotti eccellenti che non riescono però ad avere il meritato successo per la mancanza di reti commerciali che sappiano valorizzarli.

In questa prospettiva sarà dunque fondamentale il contributo offerto anche dalla nostra associazione, che come ha rilevato l’indagine gode della fiducia del comparto, e di certo non mancheremo di far sentire sempre più il nostro appoggio.
Va detto però che occorre anche attuare strategie di aggregazione che agevolino i rapporti con soggetti terzi, in particolare i fornitori di servizi, mi riferisco ad esempio alla consulenza e al credito, strumenti ineludibili per rendere più efficaci le iniziative di promozione dell’offerta.”